Lavorare la terra e vedersi rubare due quintali di frutta
La storia di Domenico e delle sue albicocche
giovedì 16 giugno 2016
7.47
Domenico è un contadino del Sud, uno di quegli uomini cresciuti a contatto con la terra e gli ulivi, fin da ragazzino con il sole sulla fronte che faceva capolino tra le fronde degli alberi del fondo di famiglia; lui, come tanti, esasperato degli innumerevoli furti che hanno colpito la sua famiglia nell'ultimo anno: dopo le olive lo scorso autunno, ieri è toccato alle albicocche. Ben due quintali di frutta sparita sotto i suoi occhi in men che non si dica.
Nella mattinata di martedì Domenico accompagnato dalla moglie e un operaio si è recato presso il suo fondo, alle spalle della provinciale che collega Ruvo a Terlizzi, per raccogliere le sue albicocche. Data la pioggia dei giorni scorsi che aveva reso impraticabile con l'auto l'ingresso della proprietà, i tre decidono di tornare a casa per poi riprendere a lavorare nel primo pomeriggio: «Alle undici la frutta era ancora lì sugli alberi», ci racconta fortemente provato.
Per caso o per intuito, Domenico vuole anticipare subito la raccolta e dopo pranzo si reca al fondo da solo; lo avrebbero raggiunto poco dopo gli altri trovandolo in preda alla disperazione più profonda: alcune albicocche schiacciate ai piedi degli alberi, la prova di una razzia avvenuta poco prima.
«Ciò che mi rimane di mesi di lavoro, di spese e sacrifici è solo una denuncia contro ignoti». Il suo pensiero va ai nipotini, prima ancora che ai danni subiti: «Hanno colpito la mia passione, quella che cercavo di trasmettere ai miei figli e, adesso, ai miei nipoti». Animali, li definisce, per aver macchiato di ingiuria il suo amore per la terra.
Domenico non vuole puntare il dito contro nessuno, d'altronde non gli riporterebbe indietro i suoi frutti. «Ormai le nostre campagne non sono più sicure, non possiamo tenere più nulla, rischiamo ogni giorno di trovare estranei nei nostri fondi ed è sempre più una corsa a chi arriva prima», conclude fortemente amareggiato nella speranza che qualcuno ascolti il suo grido di aiuto.
Nella mattinata di martedì Domenico accompagnato dalla moglie e un operaio si è recato presso il suo fondo, alle spalle della provinciale che collega Ruvo a Terlizzi, per raccogliere le sue albicocche. Data la pioggia dei giorni scorsi che aveva reso impraticabile con l'auto l'ingresso della proprietà, i tre decidono di tornare a casa per poi riprendere a lavorare nel primo pomeriggio: «Alle undici la frutta era ancora lì sugli alberi», ci racconta fortemente provato.
Per caso o per intuito, Domenico vuole anticipare subito la raccolta e dopo pranzo si reca al fondo da solo; lo avrebbero raggiunto poco dopo gli altri trovandolo in preda alla disperazione più profonda: alcune albicocche schiacciate ai piedi degli alberi, la prova di una razzia avvenuta poco prima.
«Ciò che mi rimane di mesi di lavoro, di spese e sacrifici è solo una denuncia contro ignoti». Il suo pensiero va ai nipotini, prima ancora che ai danni subiti: «Hanno colpito la mia passione, quella che cercavo di trasmettere ai miei figli e, adesso, ai miei nipoti». Animali, li definisce, per aver macchiato di ingiuria il suo amore per la terra.
Domenico non vuole puntare il dito contro nessuno, d'altronde non gli riporterebbe indietro i suoi frutti. «Ormai le nostre campagne non sono più sicure, non possiamo tenere più nulla, rischiamo ogni giorno di trovare estranei nei nostri fondi ed è sempre più una corsa a chi arriva prima», conclude fortemente amareggiato nella speranza che qualcuno ascolti il suo grido di aiuto.