Caso Censum, Volpe: «Noi non siamo stati sciacalli»
Il commento del consigliere comunale de La Corrente
lunedì 14 gennaio 2019
14.47
«Abbiamo atteso tanto per scrivere questa nota, ne abbiamo discusso tra noi, abbiamo ascoltato il parere dei nostri concittadini. Attendevamo, non lo nascondiamo, una presa di posizione netta e responsabile di chi questo nostro paese lo amministra da quasi sette anni. Abbiamo invece assistito al consueto e penoso spettacolo del rimpallo delle responsabilità, o meglio, dell'infantile atteggiamento del «ha cominciato lui». A noi, francamente, importa molto poco del gioco delle parti». E' quanto riporta in una nota il consigliere comunale Giuseppe Volpe in merito alla questione Censum. Volpe replica alla posizione dei consiglieri comunali di maggioranza che nei giorni scorsi, subito dopo la sentenza di primo grado nel caso Censum cin la condanna del rappresentante legale Redavid e della dirigente comunale, sottolineavano come l'ammanco dei tributi mai riversati nelle casse comunali è avvenuto negli anni 2008-2012 quando alla guida della città c'era l'Amministrazione Di Tria sostenuta da esponenti politici di centrosinistra poi confluiti nel movimento civico,
«Il peculato - spiega Volp - nel diritto penale italiano, è il reato previsto dall'art. 314 del codice penale, in virtù del quale il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria. Il termine peculato deriva dalla parola latina «pecus» - gregge. In epoca arcaica, prima che questo termine acquisisse il significato di appropriazione indebita di denaro pubblico, l'accusa di peculato era, infatti, riservata al furto di bestiame pubblico. Allora, vediamo - Le pecore sono i soldi, non pochi, mai arrivati nelle casse del Comune di Terlizzi, il pastore cui abbiamo affidato le pecore è stato, era ed è un dirigente del Comune. La giustizia penale, per ora, ha attestato che il pastore ha fatto scappare il gregge verso la masseria privata di un tizio che speriamo non le abbia già macellate. Le pecore sono le nostre, chi avrebbe dovuto vigilare sul pastore non si è premurato di custodirle o di farle rientrare per tempo. A noi, come a chi in questi giorni ci ha contattati, interessano i "fatti" e restano le domande. Perché Terlizzi è così mal gestita? Perché il Comune non si è costituito parte civile nel processo contro la dottoressa Panzini? Le casse del Comune sono al sicuro? L'avanzo di gestione attestato dalla Panzini e raccontato dal Sindaco Gemmato esiste? La macchina amministrativa del Comune è in grado di dare a Terlizzi e ai terlizzesi ciò che meritano? Noi non siamo sciacalli, gli sciacalli si accaniscono sui moribondi corpi dei più deboli. Noi siamo parte lesa e se ci fossimo stati noi saremmo stati quantomeno più attenti. Noi non siamo pecorai e non lo sono neanche i terlizzesi, e se qualcuno crede che quanto sino ad ora emerso sia insufficiente per assumersi le proprie responsabilità, noi diciamo con grande franchezza che la misura è colma e la gente è stanca e che questo infinito intervallo dalla legalità, dalla trasparenza e dall'efficienza che ci hanno propinato debba terminare presto».
«Il peculato - spiega Volp - nel diritto penale italiano, è il reato previsto dall'art. 314 del codice penale, in virtù del quale il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria. Il termine peculato deriva dalla parola latina «pecus» - gregge. In epoca arcaica, prima che questo termine acquisisse il significato di appropriazione indebita di denaro pubblico, l'accusa di peculato era, infatti, riservata al furto di bestiame pubblico. Allora, vediamo - Le pecore sono i soldi, non pochi, mai arrivati nelle casse del Comune di Terlizzi, il pastore cui abbiamo affidato le pecore è stato, era ed è un dirigente del Comune. La giustizia penale, per ora, ha attestato che il pastore ha fatto scappare il gregge verso la masseria privata di un tizio che speriamo non le abbia già macellate. Le pecore sono le nostre, chi avrebbe dovuto vigilare sul pastore non si è premurato di custodirle o di farle rientrare per tempo. A noi, come a chi in questi giorni ci ha contattati, interessano i "fatti" e restano le domande. Perché Terlizzi è così mal gestita? Perché il Comune non si è costituito parte civile nel processo contro la dottoressa Panzini? Le casse del Comune sono al sicuro? L'avanzo di gestione attestato dalla Panzini e raccontato dal Sindaco Gemmato esiste? La macchina amministrativa del Comune è in grado di dare a Terlizzi e ai terlizzesi ciò che meritano? Noi non siamo sciacalli, gli sciacalli si accaniscono sui moribondi corpi dei più deboli. Noi siamo parte lesa e se ci fossimo stati noi saremmo stati quantomeno più attenti. Noi non siamo pecorai e non lo sono neanche i terlizzesi, e se qualcuno crede che quanto sino ad ora emerso sia insufficiente per assumersi le proprie responsabilità, noi diciamo con grande franchezza che la misura è colma e la gente è stanca e che questo infinito intervallo dalla legalità, dalla trasparenza e dall'efficienza che ci hanno propinato debba terminare presto».