Bruxelles sotto attacco, c'era anche il terlizzese Domenico Mininni

Il terlizzese 27enne spesso prende la stessa linea metro attaccata dai terroristi

giovedì 24 marzo 2016 12.47
Il terrore è anche una questione di attimi, di fatalità. Ed è stato solo per una questione di tempo che Domenico Mininni, terlizzese di 27 anni, non si è trovato in quella metropolitana dove l'altro ieri i jihadisti hanno compiuto un'altra mattanza a suon di bombe. Domenico vive a Bruxelles da ormai cinque anni. È impiegato in una società di consulenza specializzata in politiche europee, con sede proprio nel centro della capitale belga. «Per fortuna mi trovavo ancora a casa quando è avvenuto il primo attentato all'aeroporto», racconta Domenico, «prima ancora di uscire di casa per prendere la metropolitana e andare in ufficio, ho appreso dalla televisione la notizia del primo attacco. Mi sono attardato per capire cosa stesse succedendo e nel frattempo lo stato di allerta è stato innalzato allo stadio 4 che qui in Belgio rappresenta il massimo livello di sicurezza. Poi, ancor prima della bomba in metropolitana – ci dice Domenico – ho chiamato in ufficio avvisando che sarei rimasto a lavorare da casa. La linea colpita é vicinissima a vari uffici delle istituzioni europee, dove mi reco spesso per riunioni di lavoro. Una mia collega si trovava esattamente nella metropolitana colpita, ma per fortuna in un altro vagone: ha riportato solo delle ferite superficiali ma, come puoi immaginare, tanta tanta paura».

Domenico si è messo subito in contatto con la sua famiglia che vive a Terlizzi. Un messaggio via Whatsapp per dire tutto ok, sto bene. Come si vive a Bruxelles in queste ore? La città è completamente paralizzata: uffici e scuole chiuse, militari per strada. «È una situazione strana – osserva il giovane pugliese – perché qui nessuno è sorpreso di quanto successo. È brutto dirlo, ma dopo gli attentati di Parigi c'era nell'aria il presentimento che qualcosa di grave prima o poi dovesse accadere. È come se un po' tutti si aspettavano questo attacco».

«Nemmeno la notizia dell'arresto di Salah Abdeslam aveva restituito sollievo al cento per cento. Da novembre scorso – racconta ancora Domenico – qui a Bruxelles si vive in uno stato di ansia continua, di paura. Io come altri siamo obbligati a prendere la metropolitana ogni giorno, ma la vita è cambiata. Si ha paura, ci si guarda attorno quasi abituati ormai alle sirene e alla presenza della polizia per strada. Sì qualche volta penso di lasciare questa città. È un pensiero vago perché qui ho un lavoro importante, però poi allo stesso tempo mi dico che non è più possibile tollerare quest'ansia. Sono cosciente del fatto che è proprio questo che vogliono i terroristi, ma è dura fare diversamente».