Francesco Cagnetta, l'avvocato poeta finalista del “Premio Internazionale di Poesia Don Luigi Di Liegro”

A fine giugno sarà pubblicato "Pianeti di carne", la sua prima raccolta personale

sabato 13 giugno 2020
A cura di Vincenza Urbano
Avvocato terlizzese di trentotto anni, Francesco Cagnetta è anche un poeta molto stimato. Recentemente ha partecipato al "Premio Internazionale di Poesia Don Luigi Di Liegro", arrivando finalista e ricevendo una menzione d'onore. Il testo premiato si intitola "Ciascuno giustifica il proprio dolore" e affronta il tema di un dolore quotidiano che nasce e si alimenta in un ambiente domestico, che compare e scompare nel ragù della domenica, sotto le cataste dei piatti da lavare.

La premiazione, salvo ulteriori rinvii e restrizioni da Covid-19, si svolgerà il prossimo settembre a Roma, precisamente al Campidoglio. Tutti i testi finalisti, inoltre, saranno pubblicati in un unico volume edito da "Terra D'Ulivi Edizioni".

Non è la prima volta che Francesco si vede gratificato per i suoi versi; in passato, infatti, ha ricevuto riconoscimenti in diversi concorsi, talvolta prestigiosi non solo per la qualità della giuria, composta da critici letterari, professori universitari e scrittori affermati, ma anche per quella degli stessi partecipanti.

TerlizziViva gli ha posto alcune domande per saperne di più sulla sua passione, sfidando anche la sua riservatezza nel rilasciare delle dichiarazioni in pubblico. «Nonostante la mia professione mi porti sempre a stare a contatto con la gente, ho un'indole molto schiva e defilata», ci confessa in maniera molto franca, «In tutta onestà, prima di rilasciare questa intervista, ci ho pensato a lungo».

Francesco, ci racconti quando nasce la passione per la poesia?
La passione per la letteratura, in generale, nasce sin da ragazzo: avevo otto anni quando, per la promozione scolastica, i miei genitori mi posero davanti a un'ardua scelta: o un libro, quale ricompensa per i sacrifici appena conclusi, o niente. Io, ovviamente, scelsi qualsiasi cosa che non fosse il nulla, scelsi "Il vecchio e il mare" di Ernest Hemingway; da quel momento non ho più smesso di leggere.
Allo stesso modo, anche la passione per la scrittura germoglia sin da ragazzo: allora, come ora, annotavo pensieri, semplici riflessioni, suoni e parole che mi aprivano nuovi spazi, prima di dedicarmi allo studio della musica e della fotografia. Poi la scrittura è tornata prepotente, più forte di prima, delineandosi sempre più definita nella forma poetica, ma non solo.


Quali tematiche affronti nelle tue poesie?
Non sono un critico letterario ma un semplice e appassionato lettore. Mi risulta difficile individuare delle categorie poematiche ben distinte, degli enormi scatoloni capaci di catalogare, racchiudere ermeticamente modelli e visioni del mondo.
Devo dire, piuttosto, che sono molto legato, per comunanza dei luoghi e di condizione, non solo a una scrittura impropriamente meridionalista, capace di raccontare il difficile rapporto con la terra e l'essenzialità, ma anche a una scrittura fatta di oggetti, capaci di restituire, con la loro fredda immobilità, un dettaglio schietto e nitido del vivere quotidiano.


Hai già pubblicato delle tue raccolte di versi?
Ho pubblicato in diverse antologie poetiche; alcuni miei testi sono comparsi su diversi siti e blog letterari, altri sono stati pubblicati e recensiti su La Repubblica.
A fine giugno uscirà la mia prima raccolta personale dal titolo "Pianeti di carne", con prefazione di Pasquale Vitagliano, edita da Transeuropa Edizioni, una piccola ma importante casa editrice fondata da Pier Vittorio Tondelli.


Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ci si augura di trovare sempre il tempo e la giusta ispirazione per scrivere e, soprattutto, per leggere. Intanto, sono in cantiere alcuni nuovi lavori, anche brevissimi racconti; allo stato sono chiusi nel tinello a decantare, in attesa che il sapore s'accorpi.