Giovanni Moro a Terlizzi: una vera e propria lezione sulla cittadinanza
Si è conclusa la XIII edizione del Festival per la legalità
domenica 23 giugno 2024
06.30
«Sintomi di ottimismo e sprazzi di futuro». È quanto trasmesso durante il terzo incontro della XIII edizione del "Festival per la legalità" che ha visto ospite venerdì scorso, 21 giugno, il sociologo e accademico Giovanni Moro, ultimogenito del capo di governo Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978. La prima afosa serata estiva è stata all'insegna di un dialogo culturale improntato a una sorta di consulenza sulla cittadinanza, anche grazie alle puntuali incursioni del moderatore Piero Ricci, presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Puglia.
Il cuore dell'evento si è tradotto «nel mettere al servizio della collettività una rappresentazione dell'Italia in movimento incentrata sulla cittadinanza», quale concetto dinamico che si è trasformato negli anni anche per via dei fenomeni migratori e, negli ultimi tempi, della pandemia da Covid-19.
Secondo Giovanni Moro, «la cittadinanza va studiata come dispositivo di coesione e inclusione», articolandosi in appartenenza a una comunità, identità nazionale, diritti e doveri, partecipazione. L'idea di cittadinanza mutuata dagli italiani di oggi è quella risalente al Novecento, non come meccanismo astratto, bensì quale identificazione in un modello di Stato a legittimazione democratica sulla base di una Costituzione sorta per spazzare via il piglio dittatoriale del fascismo. Sebbene il nocciolo duro dell'istituto sia da rinvenirsi nel secolo passato, la cittadinanza, però, da alcuni decenni ha subito dei mutamenti: ciò si ravvisa anche nella circostanza per cui «quello che fanno i cittadini concorre all'evoluzione della cittadinanza».
Oltre a una componente includente, tuttavia, è insita nella cittadinanza un elemento escludente, variamente ramificato. In primo luogo, infatti, nel corso della storia, si sono registrate «forme di semicittadinanza o di cittadinanza di serie B», come riscontrato per le persone senza dimora. In seconda battuta, Moro osserva come «sotto ogni modello di cittadinanza, è nascosto un modello di uomo», col rischio che «alcuni siano più uguali di altri», come è capitato negli Stati Uniti ove si privilegiavano «i bianchi anglosassoni protestanti», ritenuti più americani rispetto ad altre etnie.
Anche in Italia si fa ancora fatica a superare i pregiudizi legati al colore della pelle, trovando difficoltà nell'accettare che un cittadino italiano possa essere un non bianco. Casi eclatanti e mediatici sono dati, ad esempio, dal calciatore Mario Balotelli e dalla pallavolista Paola Egonu, vittime di razzismo e non ritenuti idonei a rappresentare lo sport italiano. Eppure, in linea generale, gli stranieri che risiedono legalmente e stabilmente in Italia sono circa cinque milioni, cui si aggiunge un altro milione abbondante che è munito di cittadinanza italiana, producendo PIL e pagando regolarmente le tasse. Gli stranieri, poi, sono presenti in tutta la filiera produttiva del cibo dalla raccolta di frutta e verdura, al commercio al dettaglio, ai locali di ristorazione.
Numerose perplessità sono state sollevate, inoltre, con riferimento alla recentissima legge sull'autonomia differenziata, la quale va a consolidare le differenze tra Nord e Sud Italia che già esistevano da tempo. Le diversità, infatti, sono state legittimate da un documento legislativo, il quale potrebbe essere scalfito soltanto grazie a un referendum abrogativo che richiede, però, un numero consistente di votanti per il raggiungimento del quorum necessario.
Ad ogni modo Giovanni Moro mostra segnali di fiducia nei confronti degli italiani, poiché «non si ravvisa disinteresse per la cosa pubblica, in quanto non bisogna considerare soltanto la partecipazione al voto». È stato, dunque, illuminante l'approfondimento sulle varie accezioni di partecipazione, da intendersi come espressione di cittadinanza democratica sulla base del principio di uguaglianza, volta alla definizione e alla valutazione degli standard e delle regole vigenti.
Sono, infatti, varie le modalità di partecipazione: oltre quella elettorale - l'unica effettivamente in crisi - si contano quella ai partiti, ai referendum e alle leggi di iniziativa popolare, alle manifestazioni quale simbolo di attivismo dei cittadini. A esse si aggiungono la partecipazione digitale e la democrazia partecipativa, da intendersi quale partecipazione dei cittadini in forma di consultazione. Secondo una ricerca condotta su 57 referendum abrogativi (per i referendum costituzionali non è richiesto il quorum) dal 1974 al 2020, in ben 39 di essi è stato raggiunto il quorum e solamente in 18 no.
Altra nota positiva che emerge dall'analisi della cittadinanza moderna è l'espansione di nuovi diritti, sorretti dai doveri di reciprocità e solidarietà. Si stanno, comunque, diffondendo nuovi doveri, quali quelli di sostenibilità ambientale e qualità urbana, al fine di salvaguardare l'ecosistema in cui viviamo.
Da ultimo, il cenno sovranazionale ai rapporti tra cittadinanza italiana e cittadinanza europea ha sollecitato riflessioni di spessore. «Sicuramente è da riconoscere un'identità europea, ma non si può pretendere che l'Europa si comporti come gli Stati nazionali. La cittadinanza europea non è uguale alla cittadinanza italiana».
Il cuore dell'evento si è tradotto «nel mettere al servizio della collettività una rappresentazione dell'Italia in movimento incentrata sulla cittadinanza», quale concetto dinamico che si è trasformato negli anni anche per via dei fenomeni migratori e, negli ultimi tempi, della pandemia da Covid-19.
Secondo Giovanni Moro, «la cittadinanza va studiata come dispositivo di coesione e inclusione», articolandosi in appartenenza a una comunità, identità nazionale, diritti e doveri, partecipazione. L'idea di cittadinanza mutuata dagli italiani di oggi è quella risalente al Novecento, non come meccanismo astratto, bensì quale identificazione in un modello di Stato a legittimazione democratica sulla base di una Costituzione sorta per spazzare via il piglio dittatoriale del fascismo. Sebbene il nocciolo duro dell'istituto sia da rinvenirsi nel secolo passato, la cittadinanza, però, da alcuni decenni ha subito dei mutamenti: ciò si ravvisa anche nella circostanza per cui «quello che fanno i cittadini concorre all'evoluzione della cittadinanza».
Oltre a una componente includente, tuttavia, è insita nella cittadinanza un elemento escludente, variamente ramificato. In primo luogo, infatti, nel corso della storia, si sono registrate «forme di semicittadinanza o di cittadinanza di serie B», come riscontrato per le persone senza dimora. In seconda battuta, Moro osserva come «sotto ogni modello di cittadinanza, è nascosto un modello di uomo», col rischio che «alcuni siano più uguali di altri», come è capitato negli Stati Uniti ove si privilegiavano «i bianchi anglosassoni protestanti», ritenuti più americani rispetto ad altre etnie.
Anche in Italia si fa ancora fatica a superare i pregiudizi legati al colore della pelle, trovando difficoltà nell'accettare che un cittadino italiano possa essere un non bianco. Casi eclatanti e mediatici sono dati, ad esempio, dal calciatore Mario Balotelli e dalla pallavolista Paola Egonu, vittime di razzismo e non ritenuti idonei a rappresentare lo sport italiano. Eppure, in linea generale, gli stranieri che risiedono legalmente e stabilmente in Italia sono circa cinque milioni, cui si aggiunge un altro milione abbondante che è munito di cittadinanza italiana, producendo PIL e pagando regolarmente le tasse. Gli stranieri, poi, sono presenti in tutta la filiera produttiva del cibo dalla raccolta di frutta e verdura, al commercio al dettaglio, ai locali di ristorazione.
Numerose perplessità sono state sollevate, inoltre, con riferimento alla recentissima legge sull'autonomia differenziata, la quale va a consolidare le differenze tra Nord e Sud Italia che già esistevano da tempo. Le diversità, infatti, sono state legittimate da un documento legislativo, il quale potrebbe essere scalfito soltanto grazie a un referendum abrogativo che richiede, però, un numero consistente di votanti per il raggiungimento del quorum necessario.
Ad ogni modo Giovanni Moro mostra segnali di fiducia nei confronti degli italiani, poiché «non si ravvisa disinteresse per la cosa pubblica, in quanto non bisogna considerare soltanto la partecipazione al voto». È stato, dunque, illuminante l'approfondimento sulle varie accezioni di partecipazione, da intendersi come espressione di cittadinanza democratica sulla base del principio di uguaglianza, volta alla definizione e alla valutazione degli standard e delle regole vigenti.
Sono, infatti, varie le modalità di partecipazione: oltre quella elettorale - l'unica effettivamente in crisi - si contano quella ai partiti, ai referendum e alle leggi di iniziativa popolare, alle manifestazioni quale simbolo di attivismo dei cittadini. A esse si aggiungono la partecipazione digitale e la democrazia partecipativa, da intendersi quale partecipazione dei cittadini in forma di consultazione. Secondo una ricerca condotta su 57 referendum abrogativi (per i referendum costituzionali non è richiesto il quorum) dal 1974 al 2020, in ben 39 di essi è stato raggiunto il quorum e solamente in 18 no.
Altra nota positiva che emerge dall'analisi della cittadinanza moderna è l'espansione di nuovi diritti, sorretti dai doveri di reciprocità e solidarietà. Si stanno, comunque, diffondendo nuovi doveri, quali quelli di sostenibilità ambientale e qualità urbana, al fine di salvaguardare l'ecosistema in cui viviamo.
Da ultimo, il cenno sovranazionale ai rapporti tra cittadinanza italiana e cittadinanza europea ha sollecitato riflessioni di spessore. «Sicuramente è da riconoscere un'identità europea, ma non si può pretendere che l'Europa si comporti come gli Stati nazionali. La cittadinanza europea non è uguale alla cittadinanza italiana».