I tratti salienti della vita e dell’attività professionale di Dina Tangari

Il profilo di una grande donna terlizzese tracciato dal dott. Vito Bernardi

mercoledì 12 marzo 2025
A cura di Vito Bernardi
Il 5 marzo scorso la Civica Amministrazione e la Fidapa di Terlizzi (Federazione italiana donne arti professioni affari),un movimento indipendente con lo scopo di promuovere e sostenere le iniziative delle donne nel campo delle arti, delle professioni e degli affari , hanno voluto riproporre e ricordare alla città, dopo la prima presentazione avvenuta ben diciotto anni fa nel magico salone settecentesco "Mons. Felice de Paù" della Civica Biblioteca, la figura di Corradina Tangari di origine terlizzese che con intelligenza e determinazione si è imposta nella vita e nella professione, superando i forti condizionamenti della società del primo Novecento, ancora legata a pregiudizi di genere che impedivano l'affermarsi pieno e l'emergere di figure femminili che solo nella seconda metà del secolo diventeranno vere protagoniste in ogni campo della loro emancipazione.

La manifestazione di presentazione della giornalista Corradina rientrava nel programma delle manifestazioni approvate dalla Giunta Comunale dedicate alla Giornata Internazionale della Donna. Era necessario, dopo accurate ricerche che hanno riportato alla luce nuove conoscenze, riparlare di una donna che ha dato lustro alla cultura e al giornalismo. Tanto per voler valorizzare e mantenere vivo l'interesse per la cultura locale, fatta di eventi che hanno avuto uomini e donne come protagonisti, la quale deve essere portata nelle scuole, studiata e fatta conoscere per conservare nel tempo memoria e storia e per rinsaldare quel senso di appartenenza ad una comunità che deve riconoscere in uomini e donne che si sono distinti in ogni campo delle professioni e della cultura, punti di riferimento e fari da cui attingere luce di conoscenza e desiderio di imitazione.

Questa riproposizione vuol rappresentare un omaggio a tutte le donne che festeggiano quel lontano 8 marzo del 1908 che richiama alla mente la terribile morte di 129 operaie arse vive nella fabbrica tessile di Cotton a New York, le quali rivendicavano i loro diritti e protestavano contro le inumani condizioni di lavoro a cui erano sottoposte. Dobbiamo ricordare quel terribile e sanguinoso giorno per non trasformare la festa della donna solo in una semplice giornata di intrattenimento e di spettacolo, ma di lotta deve essere l'8 marzo, di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui molteplici problemi che riguardano la condizione della donna nella società odierna. Ce ne sono molti e alcuni molto gravi anche nella nostra Terlizzi, come la discriminazione e la violenza che avvengono sul lavoro. Le ricerche degli ultimi tempi hanno arricchito e portato nuovi elementi di conoscenza di una donna affascinante, elegante e di straordinaria bellezza, Corradina Tangari, chiamata Dina in famiglia, che ha avuto il privilegio di vivere una esistenza lunga ed appagante. Era figlia primogenita del contrammiraglio terlizzese Nicolò Tangari, nato a Terlizzi il 12 maggio 1867 dal notaio Corrado e dalla nobildonna Benedetta Tortora, e deceduto a Venezia il 7 maggio 1950.

Cappella Tangari
Cimitero Terlizzi - Lapide Tangari
Frutta di stagione a Cincinnato - Lavinio

Al momento del battesimo gli furono imposti, come avveniva una volta nella nostra comunità contadina, ben otto nomi: Nicolò-Giuseppe-Maria-Michele-Francesco Paolo- Luigi -Pasquale- Gioacchino, riportati insieme ai nomi dei testimoni, due nobili eccellenze del Foro, Don Antonio Leonetti e Don Marco Ariani di Terlizzi, nel Registro comunale delle nascite dell'anno 1867-verbale n.309. Splendida figura di ufficiale, a causa della sua professione, all'epoca Tenente di vascello, vive a Venezia in San Marco al numero 3797 ma risiede a Donada in Provincia di Rovigo, dove nascerà la figlia Dina, con la moglie Teresa Arcangeli convogliata a nozze il 15 aprile 1896 sempre a Donada, paese che nel 1928 insieme a Contarina, altro Comune del Veneto, diventerà Comune di Porto Viro, unione dei due Comuni ratificata definitivamente con il referendum del 1995. In qualità di comandante-capitano di fregata del cacciatorpediniere Lanciere partecipa alla guerra Italo-Turca(1911-1912) contro l'Impero Ottomano combattuta dal Regno d'Italia per conquistare le regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica( Libia), Rodi e le isole del Dodecaneso.

A questa sanguinosa guerra parteciparono molti terlizzesi che la città onorò con una lapide affissa sulla Torre Normanna che così recita" A memoria imperitura dei soldati e marinai d'Italia che nella guerra di Tripoli combattendo per la Patria e la Civiltà, riaffermando dinanzi la Storia il genio ed il valore di nostra Gente- La Società Operaia Artigiana pose 1912".Per il coraggio dimostrato durante le operazioni militari della presa di Tripoli, il comandante-capitano di fregata Nicolò fu insignito di medaglia di bronzo argentato e la città lo ricorda con l'intitolazione di una strada. La mamma di Dina era la veneta Teresa Arcangeli(1875-1969)di Donada, la cui origine si evidenziava nei tratti e nei comportamenti tipicamente mitteleuropei. Discendeva da una antica e nobile famiglia veneta, parlava con facilità diverse lingue, era dotata di vivissima intelligenza e si dedicava ad opere di beneficenza verso i più poveri.

Era sorella dell'ammiraglio Luigi Arcangeli, figura di primo piano nella storia della Marina del Regno d'Italia, nonchè cognato del papà di Corradina. Nella guerra italo-turca operò in Adriatico, distinguendosi per aver contribuito all'affondamento di navi nemiche e alla presa di alcune isole dell'Egeo. Mamma Teresa rafforzò in Dina i tradizionali principi e i valori delle buone famiglie borghesi. Dopo la morte avvenuta il giorno 11 aprile del 1969 all'età di 96 anni, la sua salma la domenica del 13 aprile fu traslata da Roma a Terlizzi nella cappella Tangari dove riposa accanto alla figlia Dina che l'adorava e al marito Nicolò. I Tangari si affermano sin dall'inizio dell'Ottocento come facoltosi proprietari terrieri e anche come affermati professionisti. Il capostipite della famiglia è Don Francesco Tangari, notaio stimato dai colleghi e dal popolo. Convoglia a nozze con Benedetta Tortora della famiglia dei Conti Tortora la cui palazziata, già palazzo dei Valdesi, in pietra locale ben lavorata, si erge in tutta la sua eleganza lungo la strada già degli Osservanti(oggi Corso Vittorio Emanuele). Le origini della famiglia dei Conti Tortora, riconosciuta di antica nobiltà, si perdono nel tempo. Il casato Tangari ha dato i natali a personalità illustri, ufficiali, magistrati, notai ,docenti universitari. Il nonno paterno di Corradina, don Corrado Tangari, era un affermato Notaro e Legale che ha dato lustro alla città e alla professione.

La dimora della famiglia e degli affari era ubicata in una palazziata di strada degli Osservanti .Dina nasce il 29 maggio del 1897 a Venezia, ha come testimoni un Sottotenente e un Tenente di vascello colleghi del padre. Al momento del battesimo gli vengono imposti i nomi di Corradina, nome al femminile del nonno paterno, Benedetta, Eleuteria, Giuseppe, Maria. Vive un'infanzia felice e giocosa. L'educazione che riceve si presenta laica e di stampo mitteleuropeo ma anche con indizi che esprimono con chiarezza gli influssi paterni di stampo meridionale. Dotata di notevole intelligenza, nell'infanzia, nell'adolescenza e nella gioventù gli viene impartita, come ad ogni ragazza dell'alta borghesia, un'istruzione scolastica di qualità conforme al suo stato sociale. Dimostra un forte attaccamento allo studio. Dalla mamma Teresa apprende l'amore per le lingue che gli consentirà di avere sin da ragazza una perfetta padronanza oltre che della lingua madre, del tedesco, del francese e dell'inglese.

Donna fornita di una cultura non comune in un periodo storico caratterizzato da diritti negati e da pregiudizi di genere. Assumeva atteggiamenti fortemente critici nei confronti della mentalità dominante di cui denunciava l'ipocrisia e il falso moralismo. Non fu femminista nel senso attuale del termine ma avvertiva il bisogno di impegnarsi e battersi per i diritti delle donne. Però criticava i comportamenti di quelle donne che assillate dal lavoro e dal desiderio del guadagno facile smarriscono e dimenticano l'antico rito familiare dell'accoglienza, della ospitalità come magico momento di incontro. Per settant'anni e oltre è rimasta in prima linea nel campo della cultura e della sua professione, il giornalismo, che considerava strumenti indispensabili per far crescere nelle donne una nuova coscienza civile, il senso della dignità e della responsabilità. Scriveva con una lucidità di analisi ed agiva. Le sue idee si sono sempre intrecciate con le opere. Una giornalista che ha messo in campo nuovi criteri comunicativi, dove prevalevano non solo la semplice cronaca ma anche il sentimento, l'afflato poetico. Nella professione come nella vita sapeva consigliare e fronteggiare i momenti tristi con semplici gesti. Una donna con una vitalità insolita che ha saputo imporsi alla generale ammirazione. Ha avuto la fortuna di nascere e di vivere nel cosiddetto "secolo breve", come definì lo storico britannico Eric Hobsbawm il Novecento, secolo dei fallimenti del fascismo, del socialismo di Stato e del capitalismo ma anche di trasformazioni profonde. Ha vissuto questo secolo partecipando ai suoi mutamenti e a viverli intensamente e con coraggio. Coltivava i suoi interessi di natura sociale, culturale, professionale senza condizionamenti di alcun genere. Abitava nel Centro storico di Roma in via del Colosseo n.68-Rione Monti.

Considerava la città eterna meravigliosa per la storia, le bellezze e il clima. I luoghi preferiti e frequentati erano quelli della vecchia Roma: il Caffè Greco, i ristoranti di Trastevere, le botteghe degli artigiani, le gallerie d'arte che frequentava per l'amore profondo che nutriva per l'arte. La sua dimora, un palazzo della Roma cinque-seicentesca, era cenacolo di incontro di letterati, artisti, giornalisti e di confronto sui più disparati argomenti di cultura e di attualità. Il suo stile di vita, i suoi comportamenti, il suo linguaggio erano unici. Da giornalista, in particolare da giornalista di moda, era attratta dal nuovo e dal bello, curiosa e avida di conoscenze e degli aspetti armoniosi ed eleganti della vita, ma era anche una professionista priva di inibizioni, di chiusure mentali. La sua narrazione di eventi, personaggi, luoghi presentata con chiarezza e semplicità assurgeva a livelli di vera prosa e delicata poesia. In essa troviamo descrizioni che rivelano un acuto spirito di osservazione, una forte capacità di introspezione. Una donna con una forte personalità, sempre coerente nelle diverse situazioni della vita ma anche dotata di profonda umiltà.

Era conosciutissima per i suoi appassionati articoli che apparivano quasi quotidianamente sulle testate giornalistiche nazionali più importanti, dove poteva esprimere e sfoggiare tutta la sua ottima preparazione, la sua acuta intelligenza e la sua visione del mondo. Giornali come il Corriere di Sicilia, Giornale di Sicilia, La Sicilia, il Tempo, il Messaggero, la Gazzetta del Mezzogiorno se la contendevano. La moda era il campo di lavoro preferito per l'universalità e il fascino che sprigiona, la carica di energia che dona gioia di vivere, il desiderio di sentirsi giovani e diversi dagli altri con i nuovi abiti. Questa visione della moda combacia con quella di Cecil Beaton(1904-1980), uno dei più validi storici del costume britannico, che affermava che la universalità della moda dipende dal fatto che essa incarna le aspettative e i desideri dell'uomo moderno individualista e conformista, desideroso di essere diverso dagli altri ma nello stesso tempo si presenta uguale agli altri. Seguiva con passione l'avventura e l'andamento della moda nazionale e internazionale. Le corrispondenze settimanali mostravano ai lettori le continue metamorfosi di un settore in continua evoluzione, condizionato quello italiano fino al 1946 dagli influssi delle Case di moda francesi.

Solo all'inizio degli anni Sessanta le Case di moda italiane si sono svincolate dal tabù della Moda francese, e sono ritornate a dettare all'Europa le leggi della più raffinata, originale, creativa eleganza italiana. L'industria della moda italiana è riuscita di nuovo ad essere protagonista e ad imporsi nel mondo per la sua creatività e qualità, costituendo per la bilancia commerciale del nostro paese un settore trainante della economia. Basti pensare che il fatturato dell' ultimo cinquennio di questo secolo ha segnato una crescita notevole che si aggira intorno al 4-5 per cento. Considerava l'eleganza una necessità estetica per far risaltare l'aspetto fisico cioè la bellezza del corpo. Dina era sempre presente alle più rinomate sfilate che hanno fatto e fanno storia: a Roma per ammirare nel 1959 la elegante Collezione della principessa Giovanna Caracciolo, incentrata sul modello della "gonna cortissima" antesignana della minigonna; dalla verdeggiante ed elegante Posillipo dove aveva posto la sua residenza in Palazzo Merlino al civico 390, si recava nella bella Capri, che adorava per il mare, la natura, i richiami culturali, per essere presente a Moda Mare che considerava la"…passerella di lancio della moda estiva delle marine e delle isole, su cui si alternano a tutte le ore donne di ogni età e di ogni nazione: indossatrici inconsapevoli, le quali sbucano come comparse dalle stradette in penombra, dai sottopassaggi, dagli archi, dalle scale…"; a Firenze a Palazzo Pitti, per le semestrali passerelle dei pret- à-porter di lusso che hanno rivoluzionato e democratizzato il modo di produzione degli abiti confezionati prima dalla sartoria artigianale ma passati in seguito alla produzione in serie; a Palazzo Strozzi, la City degli affari, per aver notizia dell'andamento delle operazioni della Moda Italiana; a Venezia all'Excelsior del Lido, per il Festival Internazionale della Moda. Un settore che è stata seguito dalla Nostra dai difficili suoi inizi del dopoguerra fino al suo successo internazionale: "Augurarsi un successo della moda, affermava, è augurarsi un'era benefica di pace e di prosperità in cui la vita migliori per tutti e l'eleganza anzichè privilegio di pochi diventi l'attributo stesso della nostra civiltà del lavoro e della dignità umana". Durante le conferenze sulla moda teneva a precisare il valore di un passato glorioso quando dalle Corti rinascimentali la moda italiana diffondeva in tutta Europa ricercati abbigliamenti da donna e da uomo di raffinata eleganza. La Moda era per questa donna la Bellezza per eccellenza, diventa l'ideale della sua vita che si trasforma in amorosa passione. Come dice il Parini "più dell'oro possanza sovra gli animi umani ha la Bellezza".

Non solo la moda ma anche il mondo dell'arte diventa il campo da esplorare per cercare, conoscere la vera ed autentica bellezza che l'ha stregata. Frequenta le migliori gallerie e salotti d'arte, presentando con i suoi articoli le mostre dedicate ai più importanti maestri della pittura italiana e straniera. Verso la fine degli anni Cinquanta e inizio degli anni Sessanta inizia a girare per mostre da un capo all'altro d'Italia. E' a Verona per la "Mostra da Altichiero a Pisanello: un secolo di pittura veronese dal 1350 al 1450" allestita nelle sale di Castelvecchio sull'Adige; a Roma alla Galleria di Arte Moderna alla inaugurazione della mostra delle 128 opere del livornese Amedeo Modigliani ; sempre a Roma a Villa Giulia alla mostra "Forme e tecniche dell'Architettura contemporanea" dove vengono presentati plastici, fotografie, grafici, tempere, tele di Le Corbusier l'architetto- pittore svizzero che confessa di "coltivare in un giardino tranquillo il gusto dell'Arte"; a Venezia alla rassegna "Vitalità nell'arte" allestita a Palazzo Grassi con le opere degli artisti più rappresentativi dell'arte d'avanguardia; a Capri terra di sogni e di pittori, dove ritorna per ammirare " l'Arte di strada" fatta di scene marine e di natura ritratte con innocente realismo ma ricche di suggestione. Quando la professione e gli impegni la lasciavano libera si cimentava anche lei nella difficile arte della pittura che gli consentiva di esprimere la sua creatività e personalità. Il dipingere, diventato una vera e propria passione, gli regalava serenità ed emozioni. Da autodidatta educata al gusto del bello, sapeva mettere sulla tela con stile elegante e raffinato paesaggi e fiori intrisi di un tenue e caldo splendore cromatico. Col pennello coglieva tutta la bellezza della natura a cui riservava luminosità ed armonia. Una pittura quasi ingenua, piena di semplicità, aliena da cerebralismi intellettualistici. A Roma partecipa a diverse mostre con una serie di quadri a soggetto natura morta: nel 1963 alla galleria "Il Camino"; a Villa Aldobrandini alla prima mostra-concorso "L'uva e la frutta estiva", organizzata dal Comune di Roma in collaborazione con la Camera di Commercio; alla mostra- concorso di Arti figurative organizzata dall'Inps.

Non solo la pittura appassiona la giornalista Dina ma anche l'intimo desiderio di conoscere nuovi mondi, nuovi popoli, nuove lingue. Si definì una donna vagabonda segnata dall'ambiguo oroscopo dei Gemelli, desiderosa di provare esperienze avventurose ed entusiasmanti che l'allontanassero dalla routine quotidiana. Il possesso di disponibilità economiche, la conoscenza di molte lingue, l'essere single gli permisero di girare il mondo, in particolare, l'Europa e le Americhe. Visita verso la metà degli anni Cinquanta l'Arizona e il Nuovo Messico, detto "lo Stato spagnolo d'America", tipici paesi del Sud Ovest degli Stati Uniti, invitata dal Governo americano che sostenne ed agevolò le sue ricerche. Fu un viaggio alla scoperta di tradizioni, lingua, costume delle antiche popolazioni indiane, dei discendenti dei coloni spagnoli e dei nativi americani. Non si fermava a visitare solo le città europee ed extraeuropee ma si recava, per conoscere storia e tradizione, nelle città d'Italia e della sua Puglia, la terra d'origine dove natura prodigiosa, leggenda e storia si intrecciano, rappresentata in articolo del 1954 apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno dove l'armonia dello stile e la delicata vena di intuizione poetica fanno tutt'uno. Con questo servizio giornalistico si aggiudicò il "Premio Salento". Ecco l'affascinante descrizione dell'Apulia che amava: "Della Puglia conoscevo le cattedrali romaniche custodite dai melanconici leoni di razza bizantina; il quartiere di Bari vecchia rimasto immutato dai tempi in cui vi si celebrò il miracoloso arrivo di San Nicola: un dedalo di viuzze intorno alla Corte del Gran Catapano dominato dalla chiesa famosa, nelle quali vive e prolifica una popolazione che cerca nella strada ristoro all'afa del "basso". Strano quartiere lontano dieci secoli dalla attigua città moderna, metropoli adriatica del Sud. Conoscevo i Castelli svevi, quelli di Lucera, memore di glorie saracene, e l'altro di Castel del Monte preludio ad un Dolce Stil Nuovo architettonico; i trulli di Alberobello che raccontano una favola di oriente; il fantastico mondo sotterraneo delle grotte di Castellana, e i Vasi attici e preattici di fabbrica locale del Museo Jatta di Ruvo" e ancora :"Conoscevo i grandi paesi dell'interno affollati la sera da contadini in abiti da festa, dove i Santi protettori passeggiano, trasferiti dall'una all'altra chiesa con pompose luminarie, processioni, fragori di spari e di ottoni regolati dalle acrobazie della mazza di un baffuto capobanda. Il paesaggio di mare turchino, di case bianche, di sterminate, uniformi colture di ulivi, di vigneti e di mandorli, acquistava ai miei occhi incantati i valori cromatici elementari di una composizione tonale che ricorda l'Africa mediterranea.

La Puglia era per me paesaggio d'Africa, e terra di Crociati, di Saraceni e di Svevi con usanze di Spagna innestate a tradizioni di una lontanissima civiltà della terra". Donna laica in lotta per l'emancipazione e i diritti delle donne, nel settembre del 1950 è spinta da un intimo, profondo, irresistibile bisogno di avvicinare l'umile frate cappuccino che nel 1918 ebbe le Sante Stigmate e la cui fama per i doni soprannaturali ricevuti si era diffusa in tutto il mondo. Arriva a San Giovanni Rotondo, un remoto e pietroso villaggio a 650 metri sul Gargano, come corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno per un servizio giornalistico. La conoscenza dello stigmatizzato, che leggeva nei cuori e convertiva i peccatori, darà una svolta alla sua vita di cristiana , un mutamento che cambierà la sua tiepida religiosità. Un'esperienza decisiva che rafforzò, vivificò ed elevò la sua fede.

Concludeva la corrispondenza da San Giovanni Rotondo affermando: "E oggi come duemila anni fa intorno agli Apostoli di Galilea, si raccolgono intorno a questo Santo Frate semplice e incolto ma segnato dalla Grazia e trasportato nella preghiera a vivere in comunione con l'Eterno, gli uomini del mondo: poveri e ricchi, intellettuali e ignoranti, tutti ugualmente indifesi davanti al dolore, alla malattia, alla morte; ugualmente smarriti, insoddisfatti e ansiosi di credere… Perché oggi come allora gli uomini hanno tutti bisogno di Dio". Una donna nobile di rango e di cuore, limpida, acuta, eccezionale che ha amato anche la bellezza della terra d' origine di cui si sentiva orgogliosa di appartenere, la sua amata Terlizzi, e di cui conosceva la storia e la gente. Quando era libera da impegni ritornava col desiderio di ammirare e godere: la città medievale con le case bianche, la Torre normanna con il quadrante dell'Orologio che batte le ore ad ogni quarto, il Borgo con la piazza affollata la sera da contadini, le nobili palazziate emblemi di antiche glorie , la Festa Maggiore e le processioni di Santi e Madonne con le fastose luminarie, il paesaggio agrario con le distese di ulivi, di vigneti, di mandorleti e di profumati fiori distesi lungo graziose serre. Con il passare degli anni il suo corpo, ancora pieno di attraente grazia e vitalità, cominciava a dare alcuni segni di fragilità. Gli ultimi due anni di vita per Corradina sono stati anni di sofferenza.

Si sentì la necessità di procurargli un tutore che la rappresentasse in tutti gli atti, nominato con decreto del Tribunale Civile e Penale di Roma in data 20 dicembre 1988. La scomparsa, avvenuta alla veneranda età di 92 anni in Cincinnato di Anzio(Roma)il 18 agosto 1989, ha lascito un vuoto nella Cultura e nel Giornalismo. Una donna, la cui bellezza rispecchiava quella dell'anima, ha vissuto il Novecento in pienezza, contribuendo a cambiare il tradizionale stereotipo della donna. Il suo è stato un vissuto pieno, arricchito dal desiderio di donarsi e di donare. Il forte legame che la legava alla terra d'origine la spinse a lasciare qualcosa di personale alla Terlizzi mai dimenticata dove ha voluto riposare per sempre nella monumentale cappella di famiglia.

Il lascito pervenuto al Comune di Terlizzi, in virtù delle sue disposizioni testamentarie, fu comunicato con nota raccomandata del 29.12.1989 del Dr. Proc. Patrizia Giuffrè con studio legale in Roma alla Via della Fonte di Fauno 29, e prelevato da Roma il 6 settembre1990. Con delibera giuntale n.628 del 21.5.1990 il lascito veniva accettato con riserva. L'accettazione era subordinata al rilascio del relativo nulla osta da parte della Prefettura di Bari, tanto ai sensi della legge 21.6.1986 n.218 e del relativo regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 26.7.1896 n.381.Il nulla osta di accettazione venne concesso con decreto del Prefetto de Mari del 23 ottobre 1990, apparso sul Foglio degli Annunzi legali della Provincia di Bari n.26/1990.L'Amministrazione guidata dal Sindaco Gerolamo Grassi con nota n.16971 del 5.9.1990 ringraziava le famiglie De Vanna-Tangari per la pregevole donazione fatta alla città . Il lascito è depositato nella Civica Biblioteca "Luigi Marinelli Giovene".Si compone di un corposo Fondo librario ricco di quasi 700 volumi denominato "Fondo Tangari" comprendente per la maggior parte libri di arte, di storia dell'Arte, riviste di moda ma anche l'Enciclopedia Britannica, edizione 1962 voll.27; il Dizionario Enciclopedico Italiano Treccani, edizione del 1956,voll.12; di opere pittoriche, ben ventiquattro, eseguite dalla donatrice; di un ritratto di donna, olio su tavola, che raffigura Dina in età giovanile e un ritratto di uomo, olio su tavola, il padre Nicolò in età adulta, eseguiti dal pittore De Blaas da Lezze, Giulio(detto Lulo); un magnifico olio su tavola: "I Trulli" quasi certamente, per la tecnica pittorica, di Damaso Bianchi artista-architetto e nobiluomo fasanese(1861-1935) che sposò una Tangari, l'artista e pianista Benedetta; un olio su tavola "Tramonto nel deserto"; un olio su tela "Paesaggio autunnale" del pittore R. Di Falco; cimeli militari appartenuti al padre: una sciabola dell'Ottocento, una uniforme da ufficiale di marina, due berretti militari, due spalline dorate per grande uniforme, una spallina con stella, quattro medaglie, una croce di guerra; cartelle contenenti articoli di Dina Tangari apparsi su giornali nazionali.

Dopo questo excursus sulla vita e le opere di una benemerita benefattrice, mi corre l'obbligo di presentare all'Amministrazione alcune proposte riguardanti il lascito: prima proposta: che l'Amministrazione inserisca il nome di Dina Tangari nell'Albo d'oro dei Benefattori del Comune di Terlizzi e gli dedichi una strada; seconda: che si cominci a parlare a Terlizzi di toponomastica femminile per riscoprire e valorizzare, attraverso una seria ricerca, figure di donne terlizzesi e di origine terlizzese che hanno dato un decisivo contributo alla storia e alla cultura; terza: che si proceda al più presto al restauro conservativo delle opere pittoriche.
Dott. Vito Bernardi-Studioso della storia di Terlizzi
Già Direttore della Biblioteca Comunale di Terlizzi


De Blaas da Lezze, Giulio(detto Lulo). Figlio del pittore Eugenio e della contessa Paola Prina, nacque a Venezia l'11 agosto1888. Avviato allo studio della pittura dal padre, espose alle mostre della Fondazione Bevilacqua La Masa del 1912, 1913, 1914 (Hotel Excelsior) e 1922, a Roma alla Secessione del 1915 e alla Biennale del 1921. Negli anni prima della Prima Guerra Mondiale fa parte del circolo della Marchesa Casati per la quale realizza ritratti e disegna costumi. Durante la prima guerra mondiale, fu volontario in marina; per incarico del Ministero della Marina dipinse scene di guerra. Nel 1922 partì per l'America dove si affermò come ritrattista. Morì a New York il 15 maggio 1934.Fu sepolto nella tomba di famiglia a San Michele in Isola(Venezia). Notizie tratte dal Dizionario Biografico degli Italiani -vol.33.