Indagine su Capristo, la ricostruzione della Procura della Repubblica di Potenza
Il Procuratore, un agente di polizia e tre imprenditori avrebbero esercitato pressioni su un pubblico ministero di Trani
martedì 19 maggio 2020
14.10
La notizia dell'operazione che ha portato all'esecuzione del provvedimento di arresti domiciliari nei confronti dell'ex capo della Procura della Repubblica di Trani Carlo Maria Capristo (alla guida di quella tarantina dal marzo 2016) ha suscitato notevole interesse anche a Bisceglie. Cinque le persone coinvolte, in totale, nell'indagine condotta dalla Procura di Potenza guidata da Francesco Curcio, destinatarie dell'identica misura cautelare nelle rispettive abitazioni: gli imprenditori di Bitonto Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo, attivi nell'Area Metropolitana di Bari, e l'agente di Polizia bitontino Michele Scivittaro, oltre allo stesso Capristo.
Il Gip del Tribunale di Potenza che coordina l'inchiesta e ha emesso i mandati di arresto, ipotizzando la violazione degli articoli 110, 56-319 quater del Codice Penale. Secondo quanto ricostruito, sarebbe emerso un accordo tra gli indagati: Capristo in qualità di procuratore della Repubblica di Taranto (e già di procuratore della Repubblica a Trani), Scivittaro quale ispettore della Polizia di Stato utilizzato da Capristo per la materiale esecuzione del reato, i Mancazzo quali imprenditori pugliesi, legati a Capristo, mandanti dell'azione delittuosa.
I cinque avrebbero compiuto atti minatori per indurre un giovane sostituto procuratore della Repubblica in servizio nella Procura di Trani (Silvia Curione), a perseguire in sede penale, senza che ne ricorressero i presupposti di fatto e diritto, la persona che loro stessi avevano infondatamente denunciato per usura in loro danno. Così facendo, gli indagati avrebbero ottenuto indebiti vantaggi economici e i benefici di legge conseguenti allo status di soggetti vittima di usura. II reato, tuttavia, non sarebbe stato commesso per via della della ferma opposizione del giovane magistrato, che i sospetti avrebbero voluto coinvolgere per "aggiustare" il processo in loro favore.
Il pm Curione, al contrario, ha denunciato i fatti. La sua collaborazione è stata decisiva per l'avvio dell'inchieste della Procura potentina. La vicenda processuale a cui gli indagati si sarebbero interessati, peraltro, dopo la denuncia del giovane pubblico ministero era stata direttamente trattata dallo stesso Procuratore della Repubblica di Trani dell'epoca (Antonino Di Maio, indagato per abuso d'ufficio e favoreggiamento), che aveva chiesto di archiviare la notizia di reato. Di seguito, in ragione dell'infondatezza della richiesta, l'indagine è stata poi assegnata alla Procura Generale di Bari, che l'ha quindi trasmessa a Potenza per competenza funzionale.
Capristo e Scivittaro, inoltre, sono stati ritenuti dal Gip gravemente indiziati anche del delitto di truffa in danno dello Stato e falso, in relazione a presunti casi di assenteismo dell'agente di Polizia. Gli inquirenti ritengono che i due avrebbero falsificato ideologicamente la documentazione riflettente la presenza, per ragioni lavorative, di Scivittaro, distaccato dalla Questura alla Procura di Taranto.
Gli inquirenti ritengono che l'agente bitontino, con l'avallo del procuratore Capristo, che avrebbe controfirmato le sue presenze in servizio e i suoi straordinari mai prestati, anziché lavorare presso la Procura o nell'interesse della Procura, sarebbe rimasto a casa o si sarebbe occupato di adempiere a incombenze di tipo personale o d'interesse dello stesso Capristo.
Il Gip del Tribunale di Potenza che coordina l'inchiesta e ha emesso i mandati di arresto, ipotizzando la violazione degli articoli 110, 56-319 quater del Codice Penale. Secondo quanto ricostruito, sarebbe emerso un accordo tra gli indagati: Capristo in qualità di procuratore della Repubblica di Taranto (e già di procuratore della Repubblica a Trani), Scivittaro quale ispettore della Polizia di Stato utilizzato da Capristo per la materiale esecuzione del reato, i Mancazzo quali imprenditori pugliesi, legati a Capristo, mandanti dell'azione delittuosa.
I cinque avrebbero compiuto atti minatori per indurre un giovane sostituto procuratore della Repubblica in servizio nella Procura di Trani (Silvia Curione), a perseguire in sede penale, senza che ne ricorressero i presupposti di fatto e diritto, la persona che loro stessi avevano infondatamente denunciato per usura in loro danno. Così facendo, gli indagati avrebbero ottenuto indebiti vantaggi economici e i benefici di legge conseguenti allo status di soggetti vittima di usura. II reato, tuttavia, non sarebbe stato commesso per via della della ferma opposizione del giovane magistrato, che i sospetti avrebbero voluto coinvolgere per "aggiustare" il processo in loro favore.
Il pm Curione, al contrario, ha denunciato i fatti. La sua collaborazione è stata decisiva per l'avvio dell'inchieste della Procura potentina. La vicenda processuale a cui gli indagati si sarebbero interessati, peraltro, dopo la denuncia del giovane pubblico ministero era stata direttamente trattata dallo stesso Procuratore della Repubblica di Trani dell'epoca (Antonino Di Maio, indagato per abuso d'ufficio e favoreggiamento), che aveva chiesto di archiviare la notizia di reato. Di seguito, in ragione dell'infondatezza della richiesta, l'indagine è stata poi assegnata alla Procura Generale di Bari, che l'ha quindi trasmessa a Potenza per competenza funzionale.
Capristo e Scivittaro, inoltre, sono stati ritenuti dal Gip gravemente indiziati anche del delitto di truffa in danno dello Stato e falso, in relazione a presunti casi di assenteismo dell'agente di Polizia. Gli inquirenti ritengono che i due avrebbero falsificato ideologicamente la documentazione riflettente la presenza, per ragioni lavorative, di Scivittaro, distaccato dalla Questura alla Procura di Taranto.
Gli inquirenti ritengono che l'agente bitontino, con l'avallo del procuratore Capristo, che avrebbe controfirmato le sue presenze in servizio e i suoi straordinari mai prestati, anziché lavorare presso la Procura o nell'interesse della Procura, sarebbe rimasto a casa o si sarebbe occupato di adempiere a incombenze di tipo personale o d'interesse dello stesso Capristo.