Intitolato il plesso di Scuola Primaria “Bosco-Moro-Fiore” a Rosa Vendola

La cerimonia si è svolta nel Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle Foibe

martedì 11 febbraio 2025
A cura di Paolo Alberto Malerba
Nella mattinata di ieri, lunedì 10 febbraio 2025, in occasione del Giorno del Ricordo, l'Istituto Comprensivo "Bosco - Moro - Fiore", con il patrocinio del Comune di Terlizzi, ha inaugurato il Plesso di Scuola Primaria intitolato a Rosa Vendola, insegnante vittima delle Foibe. Una tragedia del capitolo della storia, per anni dimenticata. La ricorrenza del "Giorno del ricordo" è stata istituita con una legge (numero 92), solo il 30 Marzo 2004, che così recita «per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

Alle ore 10.30, presso un'Aula Magna gremita di alunni accompagnati dai docenti del plesso di via Casalicchio, si è così tenuta una cerimonia moderata dalla Dirigente Scolastica, prof.ssa Clara Peruzzi, per riflettere sul valore della libertà – di espressione, di pensiero e di vita – con la partecipazione del sindaco di Terlizzi, Michelangelo De Chirico, dell'Onorevole Gero Grassi e del sig. Renato Vendola, nipote di Rosa Vendola.
Un momento per ricordare, educare e celebrare i principi fondanti della nostra società.

Nelle parole dell'On Grassi e del sindaco De Chirico una ricostruzione storica di quegli anni e tanti messaggi di pace.
Rosa Vendola, nata a Terlizzi il 6 novembre 1898 da Costante Vendola ed Angela Rutigliani e residente con i propri genitori in via De Vanna 29, la maestra terlizzese nel 1933 si trasferisce a Castel Dobra, oggi cittadina slovena chiamata "Brda", per insegnare in un asilo di Trebce-Trebignano. Dodici anni dopo viene dichiarata "dispersa per causa di guerra", mentre il 13 marzo 1962, il Tribunale di Trani ne dichiara la morte presunta dopo aver verificato che le ricerche del Vaticano e della Croce Rossa avevano avuto la certezza della sua morte nelle "Foibe", le profonde cavità carsiche dove le milizie del dittatore comunista Tito, gettavano non solo i corpi degli italiani uccisi ma anche dei nostri connazionali ancora in vita.
A scoprire la drammatica vicenda di Rosa Vendola, sono stati i docenti e gli alunni della scuola media "Gioacchino Gesmundo" nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla storia contemporanea.

«Sono trascorsi novant'anni da allora eppure abbiamo ancora 60 guerre nel mondo in corso, ed un popolo che fabbrica armi – è stata l'amara constatazione di Grassi, - oggi, seduto tra i bambini ,mi vengono in mente i ricordi di quante scuole sono state inaugurate da don Tonino Bello e quanti messaggi di pace abbiamo da lui ereditato. Eppure ancora oggi..! Questa intitolazione deve voler ancora una volta dire "pace"! Costruire la pace nella libertà e nella democrazia; quando viveva Rosa Vendola non c'erano cittadini, c'erano i sudditi, a cui il re concedeva al massimo qualcosa», sono state le sue parole.

Nel discorso commosso del signor Renato Vendola, nipote di Rosa Vendola, tutta la gratitudine per la giornata dedicata e per l'intitolazione, «una testimonianza così forte che oggi è come se Rosa fosse tra di noi».
La cerimonia si è conclusa con una lettera aperta, di grande impatto emotivo, di una piccola studentessa, Alice, a nome di tutto l'istituto scolastico «A te Rosa Vendola, donna libera e indipendente, hai un posticino speciale nel luogo e nel cuore dei bambini - ed un messaggio conclusivo forte - noi non vogliamo la guerra, distrugge i nostri sogni e la libertà».

Una giornata da cui si deve evincere una ferma condanna a qualsiasi regime totalitario, in quanto differenziati tra loro dal punto di vista delle finalità ideali che contrassegnano le loro ideologie, ma che hanno messo in pratica forme di governo basate sulla negazione radicale della democrazia e del pluralismo, in nome di uno statalismo assoluto e di una integrazione tra stato e partito, che ha tolto ogni autonomia ai cittadini, trasformati in sudditi di una macchina di controllo sociale senza via di uscita, fino agli esiti più estremi.