L'ex Procuratore Capo Giuseppe Volpe spiega l'evoluzione delle mafie in Puglia
Prima intervista ai protagonisti del Festival per la Legalità
mercoledì 20 ottobre 2021
10.22
Il Festival per la Legalità di Terlizzi quest'anno si è diviso in due segmenti. Il primo in settembre e il secondo agli inizi di ottobre. Tanti i temi trattati in una rassegna ideata dal movimento civico Città Civile e che da qualche anno cerca di riaccendere i riflettori sui problemi della nostra regione legati alla criminalità organizzata.
Uno degli appuntamenti più partecipati ha visto la presenza di Giuseppe Volpe, terlizzese di origine, ex Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Bari, il quale ci ha concesso una breve ma significativa intervista.
Intanto grazie per la sua disponibilità. Dottor Volpe, quali sono le criticità che la Puglia si trova ancora oggi ad affrontare nel contrasto al fenomeno mafioso, considerate le differenze che intercorrono soprattutto tra la mafia barese e quella foggiana?
La mia esperienza di Procuratore Distrettuale Antimafia di Bari, conclusasi un anno fa con il mio pensionamento, mi ha consentito di approfondire ulteriormente la conoscenza delle mafie del Distretto (province di Bari, Foggia e BAT), già maturata negli anni dal 1997 al 2009 presso la Procura Generale della Corte d'appello di Bari.
Detta conoscenza dei fenomeni mafiosi è stato un presupposto fondamentale per la proficua direzione delle indagini relative al gravissimo fenomeno criminale, che ha interessato, e purtroppo interessa ancora, tutte e tre le province.
Con manifestazioni diverse nei vari territori. A Bari operano almeno sedici diversi gruppi, che insistono su determinati quartieri cittadini; praticano prevalentemente estorsioni e traffici di droga; tendono ad espandersi in provincia. Essi non presentano caratteristiche di penetrazione nella realtà economica e politica, se si prescinde dal coinvolgimento in alcune attività di mercimonio di voti in limitati casi.
Differentemente, le mafie del foggiano, che pure per alcuni aspetti sono connotate da manifestazioni che definirei tipiche di strutture arcaiche, come la pratica di ferocia efferata nell'esecuzione dei delitti, mostrano una grande capacità di penetrazione nel tessuto economico e politico. Non a caso sono stati negli ultimi anni sciolti per connivenze con la mafia ben cinque consigli comunali: di Monte Sant'Angelo, Mattinata, Manfredonia, Cerignola e, da ultimo, Foggia.
Quali strumenti dovrebbero dunque essere messi in campo dallo Stato e dalla società civile per non soccombere ai delitti perpetrati?
Numerosissime sono state le interdittive antimafia adottate dal Prefetto di Foggia per bloccare attività d'impresa di appartenenti alla criminalità daunia.
Importanti risultati nel contrasto alle mafie del territorio sono stati conseguiti negli ultimi anni (400 arresti circa tra le tre province; sequestri e confische di patrimoni illeciti per centinaia di migliaia di euro di valore) grazie all'impegno delle forze di polizia, anche potenziate a Foggia per la gravità del fenomeno emerso in quella provincia. Ma anche per l'introduzione di un metodo di lavoro basato sulla condivisione di tutte le informazioni acquisite nelle varie indagini da ciascuna forza di polizia e da ciascun magistrato della Direzione Antimafia. Con la collaborazione, sempre, delle Procure ordinarie del territorio, legate alla DDA da protocolli operativi.
Va segnalato come dato positivo un incremento delle collaborazioni offerte dalla società civile. Gli imprenditori, per esempio, che per anni hanno negato, mentendo, di subire estorsioni, hanno iniziato a denunciare. Incoraggiati dal successo delle indagini, che ha ricostituito il rapporto di fiducia con le istituzioni.
In conclusione, quale ruolo attivo e quindi fondamentale possono avere i cittadini nel contrasto alle mafie?
Deve essere chiaro a tutti che soltanto le denunce dei cittadini, frutto di una più accentuata coscienza civica, possono indurre risultati utili e la sconfitta dei fenomeni criminali. La politica dovrebbe fare la sua parte, con l'esempio della correttezza, dell'onestà; con il coinvolgimento delle persone, singole o associate tra loro. Le agenzie sociali (famiglie, scuole, associazioni) dovrebbero dal canto loro stimolare la formazione di una maggiore coscienza civile e, conseguentemente, un più pressante impegno nelle scelte di governo del bene comune.
Uno degli appuntamenti più partecipati ha visto la presenza di Giuseppe Volpe, terlizzese di origine, ex Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Bari, il quale ci ha concesso una breve ma significativa intervista.
Intanto grazie per la sua disponibilità. Dottor Volpe, quali sono le criticità che la Puglia si trova ancora oggi ad affrontare nel contrasto al fenomeno mafioso, considerate le differenze che intercorrono soprattutto tra la mafia barese e quella foggiana?
La mia esperienza di Procuratore Distrettuale Antimafia di Bari, conclusasi un anno fa con il mio pensionamento, mi ha consentito di approfondire ulteriormente la conoscenza delle mafie del Distretto (province di Bari, Foggia e BAT), già maturata negli anni dal 1997 al 2009 presso la Procura Generale della Corte d'appello di Bari.
Detta conoscenza dei fenomeni mafiosi è stato un presupposto fondamentale per la proficua direzione delle indagini relative al gravissimo fenomeno criminale, che ha interessato, e purtroppo interessa ancora, tutte e tre le province.
Con manifestazioni diverse nei vari territori. A Bari operano almeno sedici diversi gruppi, che insistono su determinati quartieri cittadini; praticano prevalentemente estorsioni e traffici di droga; tendono ad espandersi in provincia. Essi non presentano caratteristiche di penetrazione nella realtà economica e politica, se si prescinde dal coinvolgimento in alcune attività di mercimonio di voti in limitati casi.
Differentemente, le mafie del foggiano, che pure per alcuni aspetti sono connotate da manifestazioni che definirei tipiche di strutture arcaiche, come la pratica di ferocia efferata nell'esecuzione dei delitti, mostrano una grande capacità di penetrazione nel tessuto economico e politico. Non a caso sono stati negli ultimi anni sciolti per connivenze con la mafia ben cinque consigli comunali: di Monte Sant'Angelo, Mattinata, Manfredonia, Cerignola e, da ultimo, Foggia.
Quali strumenti dovrebbero dunque essere messi in campo dallo Stato e dalla società civile per non soccombere ai delitti perpetrati?
Numerosissime sono state le interdittive antimafia adottate dal Prefetto di Foggia per bloccare attività d'impresa di appartenenti alla criminalità daunia.
Importanti risultati nel contrasto alle mafie del territorio sono stati conseguiti negli ultimi anni (400 arresti circa tra le tre province; sequestri e confische di patrimoni illeciti per centinaia di migliaia di euro di valore) grazie all'impegno delle forze di polizia, anche potenziate a Foggia per la gravità del fenomeno emerso in quella provincia. Ma anche per l'introduzione di un metodo di lavoro basato sulla condivisione di tutte le informazioni acquisite nelle varie indagini da ciascuna forza di polizia e da ciascun magistrato della Direzione Antimafia. Con la collaborazione, sempre, delle Procure ordinarie del territorio, legate alla DDA da protocolli operativi.
Va segnalato come dato positivo un incremento delle collaborazioni offerte dalla società civile. Gli imprenditori, per esempio, che per anni hanno negato, mentendo, di subire estorsioni, hanno iniziato a denunciare. Incoraggiati dal successo delle indagini, che ha ricostituito il rapporto di fiducia con le istituzioni.
In conclusione, quale ruolo attivo e quindi fondamentale possono avere i cittadini nel contrasto alle mafie?
Deve essere chiaro a tutti che soltanto le denunce dei cittadini, frutto di una più accentuata coscienza civica, possono indurre risultati utili e la sconfitta dei fenomeni criminali. La politica dovrebbe fare la sua parte, con l'esempio della correttezza, dell'onestà; con il coinvolgimento delle persone, singole o associate tra loro. Le agenzie sociali (famiglie, scuole, associazioni) dovrebbero dal canto loro stimolare la formazione di una maggiore coscienza civile e, conseguentemente, un più pressante impegno nelle scelte di governo del bene comune.