La madònnə ‘mèzzə alla chjìsə

Corsi e ricorsi storici di un evento vissuto tra fede e tradizione

giovedì 16 aprile 2015 23.37
A cura di Rossella Paduanelli
Comincia ufficialmente la settimana dedicata alla madonna di Sovereto, protettrice della città. "U sədcə" è probabilmente il momento più breve della festa ma anche il più intenso. La tradizione prevede che allo scoccare delle 14 in punto, le porte della concattedrale si aprano per accogliere i tanti fedeli che si apprestano ad adorare la Vergine prima che, una settimana dopo, venga accompagnata nella dimora estiva di Sovereto.

Per i più puntuali che affollano il sagrato della chiesa, è facile percepire il boato che accompagna l'apertura. Così, come l'acqua fermata da una diga, la gente dilaga tra le navate della chiesa, alcuni ancora corrono ed urlano per ottenere il posto più vicino alla Madonna che viene posizionata nella parte destra della chiesa all'altare del'Invenzione. Poi è il momento delle preghiere che ognuno recita come singolo, chiuso nella propria devozione, e come comunità unita, come raramente accade. Il tutto viene interrotto dal suono della banda che si ode in lontananza e che accompagna in cattedrale il tradizionale pastorello con la sua pecorella e il comitato feste patronale. Ma non è sempre stato così.

Le liturgie e le tradizioni cambiano nel corso degli anni. Piccoli dettagli, nulla di sostanziale, quanto basta però per suscitare un pizzico di nostalgia soprattutto tra i più anziani.

Tra i ricordi pescati qua e là ecco che si scopre che una volta la banda non entrava in chiesa ma solo il pastorello con la pecora e la commissione; l'arciprete, aperte le porte della Concattedrale, si posizionava su un inginocchiatoio accanto alla Madonna e per ogni fedele che gli lasciava una oblazione cominciava la litania dei santi, a tal punto che quando la folla di fedeli cominciava ad aumentare lui non aveva il tempo di cominciare che già ripartiva con un'altra preghiera cantata. E ancora: fuori dalla Chiesa, dove oggi si vendono palloncini e simili (prima accadeva solo il 23 Aprile), una volta c'erano i venditori di ceri di lunghezze e spessori più vari e il comprare un cero più che un altro indicava, non solo le possibilità economiche, ma anche il grado di devozione di chi aveva ricevuto una grazia o la chiedeva.