Le "chiacchiere" di Terlizzi secondo tradizione - FOTO
La nostra visita ad un noto panificio cittadino per farci raccontare la preparazione del dolce tipico di Carnevale
domenica 11 febbraio 2024
TerlizziViva è entrata da "Ecce Homo" alla ricerca del tipico dolce della festa più pazza e colorata dell'anno: "le chiacchiere di carnevale".
Appena entrati nello storico panificio, i nostri sensi vengono attirati dall'odore del pane appena sfornato, un 'aroma avvolgente e piacevole, in attesa di entrare nel laboratorio, dove ci attendono la signora Anita e Davide. Sul grande tavolo da lavoro sono pronti tutti gli ingredienti per preparare il tipico dolce di carnevale: farina, zucchero, burro, uova, scorza di limone, limoncello e zucchero a velo, pronti per essere impastati da mani esperte.
Un ingrediente dopo l'altro inizia l'impasto, nel frattempo, in una padella, l'olio inizia ad arrivare a temperatura, l'impasto viene disteso sul lungo tavolo di acciaio e dopo aver disteso completamente l'impasto, Anita e Davide iniziano a tagliare a forme quasi rettangolari il tipico dolce, per poi iniziare a friggere.
Appena dorate, le chiacchiere vengono tolte dalla pentola e distese su un vassoio, in attesa del tocco finale ovvero una spolverata abbondante di zucchero a velo. Friabili, dorate le chiacchiere di Carnevale hanno un aspetto e un sapore davvero inconfondibili.
Tanti nomi per una sola ricetta: bugie in Liguria, cenci in Toscana, frappe a Roma, galani in Veneto, cròstoli in Friuli, chiacchiere in Puglia e Campania. Il nome delle chiacchiere di Carnevale varia da regione a regione e in alcuni casi anche da città a città, ma la ricetta è più o meno sempre la stessa.
La storia delle chiacchiere di Carnevale è molto antica. Le origini risalgono, infatti, a quando nell'antica Roma si celebravano i Saturnali, una festa molto simile al Carnevale odierno. Durante questo periodo di banchetti e feste popolari, in cui tutti i canoni sociali venivano ribaltati, uno dei simboli d'eccesso erano le frictilia, dolci fritti nel grasso di maiale, distribuiti alla folla fra le strade della città.
Apicio, uno dei più raffinati buongustai ed esperti di cucina dei tempi classici, descrive così la preparazione delle chiacchiere nel suo: "De re coquinaria". Erano dunque "Frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele".
In questa ultima domenica di Carnevale, le chiacchiere abbonderanno sulle tavole dei terlizzesi e della Terra di Bari più in generale. E allora...buon appetito a tutti voi lettori e lettrici e buona giornata di festa!
Appena entrati nello storico panificio, i nostri sensi vengono attirati dall'odore del pane appena sfornato, un 'aroma avvolgente e piacevole, in attesa di entrare nel laboratorio, dove ci attendono la signora Anita e Davide. Sul grande tavolo da lavoro sono pronti tutti gli ingredienti per preparare il tipico dolce di carnevale: farina, zucchero, burro, uova, scorza di limone, limoncello e zucchero a velo, pronti per essere impastati da mani esperte.
Un ingrediente dopo l'altro inizia l'impasto, nel frattempo, in una padella, l'olio inizia ad arrivare a temperatura, l'impasto viene disteso sul lungo tavolo di acciaio e dopo aver disteso completamente l'impasto, Anita e Davide iniziano a tagliare a forme quasi rettangolari il tipico dolce, per poi iniziare a friggere.
Appena dorate, le chiacchiere vengono tolte dalla pentola e distese su un vassoio, in attesa del tocco finale ovvero una spolverata abbondante di zucchero a velo. Friabili, dorate le chiacchiere di Carnevale hanno un aspetto e un sapore davvero inconfondibili.
Tanti nomi per una sola ricetta: bugie in Liguria, cenci in Toscana, frappe a Roma, galani in Veneto, cròstoli in Friuli, chiacchiere in Puglia e Campania. Il nome delle chiacchiere di Carnevale varia da regione a regione e in alcuni casi anche da città a città, ma la ricetta è più o meno sempre la stessa.
La storia delle chiacchiere di Carnevale è molto antica. Le origini risalgono, infatti, a quando nell'antica Roma si celebravano i Saturnali, una festa molto simile al Carnevale odierno. Durante questo periodo di banchetti e feste popolari, in cui tutti i canoni sociali venivano ribaltati, uno dei simboli d'eccesso erano le frictilia, dolci fritti nel grasso di maiale, distribuiti alla folla fra le strade della città.
Apicio, uno dei più raffinati buongustai ed esperti di cucina dei tempi classici, descrive così la preparazione delle chiacchiere nel suo: "De re coquinaria". Erano dunque "Frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele".
In questa ultima domenica di Carnevale, le chiacchiere abbonderanno sulle tavole dei terlizzesi e della Terra di Bari più in generale. E allora...buon appetito a tutti voi lettori e lettrici e buona giornata di festa!