Michele De Napoli, «pragmatico uomo d'arte»
La biografia a cura della Pro Loco Unpli Terlizzi
giovedì 2 marzo 2023
06.30
Michele De Napoli è stato «un pragmatico uomo d'arte», come definito da Olga Chiapperini e Laura Giovine, componenti della Pro Loco Unpli Terlizzi: da raffinate letterate qual sono, hanno steso una biografia puntuale del nostro concittadino ottocentesco, in vista della manifestazione del prossimo maggio che annovera la Pinacoteca De Napoli tra i "Tesori nascosti di Puglia".
«Michele de Napoli nacque il 25 aprile 1808 dall'avvocato Giuseppe. Visse con due figure contrapposte: il padre pragmatico ed il nonno paterno Pietro Antonio che amava 'le belle lettere' che 'ingentilivano l'animo'.
Non deluse né l'uno né l'altro: si laureò in Legge e poi si iscrisse al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli a 22 anni, nel 1830. In breve tempo si conquistò la stima del professore di disegno Costanzo Angelini che lo definì il "Leone dell'Accademia".
Si affermò con l'opera "Alessandro infermo ed il suo medico Filippo" aggiudicandosi la medaglia d'argento e nel 1839 meritò la medaglia d'oro con la "Morte di Alcibiade". Si trasferì a Roma e lavorò a Palazzo Farnese nell'atelier di Vincenzo Camuccini.
A Roma, città d'arte per eccellenza, conobbe gli artisti antichi ed incontrò i contemporanei delle più varie tendenze e provenienze: dai neoclassici, ai romantici, ai puristi, ai naturalisti, ai 'Nazareni' tedeschi.
Compose il "Prometeo che anima con la scintilla una statua d'argilla" a rappresentare l'artista che riceve la scintilla dell'ispirazione. Vinse ancora una medaglia d'oro e la nomina a Socio Corrispondente dell'Accademia e Professore Onorario dell'Istituto di Belle Arti.
Si mantenne equidistante tra le varie correnti artistiche e si affermò come affreschista. Fu impegnato per un decennio in numerose committenze ecclesiastiche e private, finché arrivò il 1848 con tutta la sua forza rinnovatrice e rivoluzionaria. Il re promise e giurò la concessione della tanto desiderata Costituzione. La gioia del popolo fu incontenibile. Uno dei suoi amici di gioventù, Paolo Emilio Imbriani, divenuto Ministro della pubblica istruzione, gli affidò l'incarico di riformare l'Istituto di Belle Arti.
De Napoli diede alle stampe: "Considerazioni intorno alle Istituzioni Artistiche Napoletane", in cui sostenne che l'arte doveva servire non ad una ristretta élite ma alla società ed essere di guida al popolo.
Si espose troppo e ne soffrì le conseguenze. Fu soffocata con le cannonate la desiderata 'democrazia', sospesa la Costituzione con migliaia di giovani presi a cannonate, perseguitati o esuli. Oltre alla perdita di tenere una scuola privata, si vide negata la cattedra di Professore di disegno messa a concorso nel 1851 perché giudicato "Ingegno straordinario, nato a grandi cose, ma intollerante, fiero dispregiatore dei canoni lasciati dagli antichi maestri, innovatore e ribelle pericoloso". L'esclusione fece molto scalpore e gli proposero la cattedra di pittura ma, sdegnoso, preferì rimanere 'libero artista' in aperta concorrenza contro l'Accademia, circondato ed amato dai suoi alunni. Molti di loro, armati di fucile, seguirono da 'volontari' Giuseppe Garibaldi che li arruolò fra i 'Cacciatori delle Alpi' per cacciare gli Austriaci dal Lombardo-Veneto e poi si unirono entusiasti ai 'Mille' per cacciare gli spergiuri Borboni. Si riunì la nostra Italia.
Così Michele de Napoli potè partecipare alle prime elezioni libere e fu eletto Consigliere comunale di Napoli partecipando attivamente alle nuove opere del Consiglio edilizio.
Fu nominato nel 1861 "Ispettore generale alle quadrerie dello Stato" dall'amico di gioventù Francesco de Sanctis, Ministro della Pubblica Istruzione, perché 'riordinasse' la Pinacoteca del Museo Nazionale. Da una situazione confusionaria la quadreria fu sistemata storicamente per epoche e resa fruibile dal pubblico "affinché la nostra Pinacoteca… ed il bello artistico diventi accessibile e familiare ad ogni classe di persone" (Michele de Napoli, lettera del 17 gennaio 1861, Archivio storico del Museo Nazionale di Napoli).
Nominato Direttore dell'istituto di Belle Arti ne compilò lo Statuto, che rimase in vigore fino al 1878. Continuò ad incontrare forti resistenze conservatrici e, non disposto a compromessi, lasciò Napoli nel 1863.
In Puglia assunse l'incarico di Sindaco di Terlizzi (1867-1870) e di Consigliere Provinciale fino al 1891. Continuò ad esercitare la sua forte influenza culturale militando nel Partito Liberale fino alla sua morte nel 24 marzo 1892».
«Michele de Napoli nacque il 25 aprile 1808 dall'avvocato Giuseppe. Visse con due figure contrapposte: il padre pragmatico ed il nonno paterno Pietro Antonio che amava 'le belle lettere' che 'ingentilivano l'animo'.
Non deluse né l'uno né l'altro: si laureò in Legge e poi si iscrisse al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli a 22 anni, nel 1830. In breve tempo si conquistò la stima del professore di disegno Costanzo Angelini che lo definì il "Leone dell'Accademia".
Si affermò con l'opera "Alessandro infermo ed il suo medico Filippo" aggiudicandosi la medaglia d'argento e nel 1839 meritò la medaglia d'oro con la "Morte di Alcibiade". Si trasferì a Roma e lavorò a Palazzo Farnese nell'atelier di Vincenzo Camuccini.
A Roma, città d'arte per eccellenza, conobbe gli artisti antichi ed incontrò i contemporanei delle più varie tendenze e provenienze: dai neoclassici, ai romantici, ai puristi, ai naturalisti, ai 'Nazareni' tedeschi.
Compose il "Prometeo che anima con la scintilla una statua d'argilla" a rappresentare l'artista che riceve la scintilla dell'ispirazione. Vinse ancora una medaglia d'oro e la nomina a Socio Corrispondente dell'Accademia e Professore Onorario dell'Istituto di Belle Arti.
Si mantenne equidistante tra le varie correnti artistiche e si affermò come affreschista. Fu impegnato per un decennio in numerose committenze ecclesiastiche e private, finché arrivò il 1848 con tutta la sua forza rinnovatrice e rivoluzionaria. Il re promise e giurò la concessione della tanto desiderata Costituzione. La gioia del popolo fu incontenibile. Uno dei suoi amici di gioventù, Paolo Emilio Imbriani, divenuto Ministro della pubblica istruzione, gli affidò l'incarico di riformare l'Istituto di Belle Arti.
De Napoli diede alle stampe: "Considerazioni intorno alle Istituzioni Artistiche Napoletane", in cui sostenne che l'arte doveva servire non ad una ristretta élite ma alla società ed essere di guida al popolo.
Si espose troppo e ne soffrì le conseguenze. Fu soffocata con le cannonate la desiderata 'democrazia', sospesa la Costituzione con migliaia di giovani presi a cannonate, perseguitati o esuli. Oltre alla perdita di tenere una scuola privata, si vide negata la cattedra di Professore di disegno messa a concorso nel 1851 perché giudicato "Ingegno straordinario, nato a grandi cose, ma intollerante, fiero dispregiatore dei canoni lasciati dagli antichi maestri, innovatore e ribelle pericoloso". L'esclusione fece molto scalpore e gli proposero la cattedra di pittura ma, sdegnoso, preferì rimanere 'libero artista' in aperta concorrenza contro l'Accademia, circondato ed amato dai suoi alunni. Molti di loro, armati di fucile, seguirono da 'volontari' Giuseppe Garibaldi che li arruolò fra i 'Cacciatori delle Alpi' per cacciare gli Austriaci dal Lombardo-Veneto e poi si unirono entusiasti ai 'Mille' per cacciare gli spergiuri Borboni. Si riunì la nostra Italia.
Così Michele de Napoli potè partecipare alle prime elezioni libere e fu eletto Consigliere comunale di Napoli partecipando attivamente alle nuove opere del Consiglio edilizio.
Fu nominato nel 1861 "Ispettore generale alle quadrerie dello Stato" dall'amico di gioventù Francesco de Sanctis, Ministro della Pubblica Istruzione, perché 'riordinasse' la Pinacoteca del Museo Nazionale. Da una situazione confusionaria la quadreria fu sistemata storicamente per epoche e resa fruibile dal pubblico "affinché la nostra Pinacoteca… ed il bello artistico diventi accessibile e familiare ad ogni classe di persone" (Michele de Napoli, lettera del 17 gennaio 1861, Archivio storico del Museo Nazionale di Napoli).
Nominato Direttore dell'istituto di Belle Arti ne compilò lo Statuto, che rimase in vigore fino al 1878. Continuò ad incontrare forti resistenze conservatrici e, non disposto a compromessi, lasciò Napoli nel 1863.
In Puglia assunse l'incarico di Sindaco di Terlizzi (1867-1870) e di Consigliere Provinciale fino al 1891. Continuò ad esercitare la sua forte influenza culturale militando nel Partito Liberale fino alla sua morte nel 24 marzo 1892».