Ognissanti e commemorazione morti: Mons. Cornacchia a Terlizzi
L'omelia: «Camposanto luogo santo perché abitato dai nostri cari che vissero santamente»
venerdì 1 novembre 2024
12.55
Sono giornate dal grande impatto emotivo e cariche di spiritualità per i cattolici che hanno festeggiato oggi la solennità di Ognissanti e che domani, 2 novembre, commemoreranno i loro defunti.
Il 1° novembre è stata l'occasione per Monsignor Domenico Cornacchia per tornare a Terlizzi e celebrare la santa messa nel cimitero comunale, alla presenza delle autorità civili e militari cittadine, nonché dell'intero clero.
Durante l'omelia, il prelato ha ricordato l'essenza di queste ricorrenze: «Ci ritroviamo nel camposanto, perché Santo è questo luogo - ha detto - abitato dai nostri cari che sono vissuti santamente. Ogni volta dico che varchiamo questo cancello e le nostre parole possono solo sciupare la bellezza e l'intensità del raccoglimento in questo luogo. Nel camposanto si va soprattutto per ascoltare e guardando a volte una foto, leggendo una scritta, dobbiamo percepire il monito, l'esortazione, quasi il comando dei nostri cari a non commettere le loro fragilità ed a sviluppare invece al massimo il bene che essi hanno fatto».
«Una cosa è certa - ha continuato Mons. Cornacchia -: oggi si tende ad addolcire, a narcotizzare quasi la nostra morte. Una volta dinanzi alle case si metteva il panno, ci si vestiva per diversi mesi in un certo modo e le nostre nonne e mamme spezzavano il lutto quasi a stemperare la forza del dolore. Sono segni eloquenti, ma noi non abbiamo nostalgia del passato, piuttosto dobbiamo rafforzare la nostra fede, al di là dei segni, bisogna andare all'essenziale. Qualcuno ha scritto con arguzia che "la morte una volta veniva considerata una porta attraverso cui si entrava in una vita nuova". Purtroppo invece la morte viene oggi considerata un capolinea, vale a dire si mette in dubbio la vita eterna, si mette in dubbio ciò che è ultraterreno. Qualcun altro ha invece ricordato come "il pensiero della morte ci aiuta a meglio vivere". Abbiamo quindi un qualcosa di bello tra le nostre mani, ma dobbiamo essere più che convinti che questa dote resterà qui in terra. Cosa dunque ci darà la vita eterna - ha chiesto il prelato - ? Ce la darà ciò che di buono avremo fatto in terra».
Il Paradiso inizia dunque su questa Terra, poiché è qui che inizia il cammino di santità di un vero cristiano. Il vero inferno è invece non fare il bene in questa vita. «Un grande teologo del passato - ha quindi concluso Mons. Cornacchia - sosteneva di esser certo che l'inferno fosse vuoto e noi ce lo auguriamo. Chiediamo quindi al Buon Dio, quindi, di vivere bene la nostra vita. Come dice il Libro della Sapienza, "vive a lungo chi vive intensamente"».
Il 1° novembre è stata l'occasione per Monsignor Domenico Cornacchia per tornare a Terlizzi e celebrare la santa messa nel cimitero comunale, alla presenza delle autorità civili e militari cittadine, nonché dell'intero clero.
Durante l'omelia, il prelato ha ricordato l'essenza di queste ricorrenze: «Ci ritroviamo nel camposanto, perché Santo è questo luogo - ha detto - abitato dai nostri cari che sono vissuti santamente. Ogni volta dico che varchiamo questo cancello e le nostre parole possono solo sciupare la bellezza e l'intensità del raccoglimento in questo luogo. Nel camposanto si va soprattutto per ascoltare e guardando a volte una foto, leggendo una scritta, dobbiamo percepire il monito, l'esortazione, quasi il comando dei nostri cari a non commettere le loro fragilità ed a sviluppare invece al massimo il bene che essi hanno fatto».
«Una cosa è certa - ha continuato Mons. Cornacchia -: oggi si tende ad addolcire, a narcotizzare quasi la nostra morte. Una volta dinanzi alle case si metteva il panno, ci si vestiva per diversi mesi in un certo modo e le nostre nonne e mamme spezzavano il lutto quasi a stemperare la forza del dolore. Sono segni eloquenti, ma noi non abbiamo nostalgia del passato, piuttosto dobbiamo rafforzare la nostra fede, al di là dei segni, bisogna andare all'essenziale. Qualcuno ha scritto con arguzia che "la morte una volta veniva considerata una porta attraverso cui si entrava in una vita nuova". Purtroppo invece la morte viene oggi considerata un capolinea, vale a dire si mette in dubbio la vita eterna, si mette in dubbio ciò che è ultraterreno. Qualcun altro ha invece ricordato come "il pensiero della morte ci aiuta a meglio vivere". Abbiamo quindi un qualcosa di bello tra le nostre mani, ma dobbiamo essere più che convinti che questa dote resterà qui in terra. Cosa dunque ci darà la vita eterna - ha chiesto il prelato - ? Ce la darà ciò che di buono avremo fatto in terra».
Il Paradiso inizia dunque su questa Terra, poiché è qui che inizia il cammino di santità di un vero cristiano. Il vero inferno è invece non fare il bene in questa vita. «Un grande teologo del passato - ha quindi concluso Mons. Cornacchia - sosteneva di esser certo che l'inferno fosse vuoto e noi ce lo auguriamo. Chiediamo quindi al Buon Dio, quindi, di vivere bene la nostra vita. Come dice il Libro della Sapienza, "vive a lungo chi vive intensamente"».