Ospedale verso la chiusura? L'ansia di infermieri e medici

Nei corridoi del "Sarcone" prevalgono l'incertezza e la preoccupazione

lunedì 22 febbraio 2016 8.37
Se c'è un luogo che più di ogni altro racconta bene il destino dell'ospedale di Terlizzi quello è il pronto soccorso. Milioni di euro sborsati appena un paio di anni fa per ristrutturarlo epperò mai inaugurato. Sale operatorie per le emergenze da codice rosso, una sala per l'osservazione breve intensiva (Obi), servizio triage, tutto nuovissimo e all'avanguardia, mai nessun taglio del nastro. Inspiegabilmente. Quasi un segno premonitore di una fine già scritta e che solo oggi sembra sempre più concretizzarsi.

Nei corridoi del «Sarcone» tutti scansano l'idea che l'ospedale possa chiudere. Nessuno vuole commentare: «Non sappiamo nulla» fa notare Mario Paradiso uno dei medici di turno, «dicevano che dovevamo chiudere già due mesi fa ma non abbiamo comunicazioni ufficiali.» Medici, infermieri e primari provano ad aggrapparsi alla non ufficialità della notizia, come se questo possa bastare a scongiurare una decisione che nei fatti il presidente Emiliano sembra aver già preso.

Sembra incredibile disperdere le eccellenze maturate in questi reparti. Solo poche settimane fa, Giuseppe Cerini dirigente medico responsabile dell'unità operativa Pneumologia e Riabilitazione respiratoria di Terlizzi faceva notare che quella di Terlizzi assiste pazienti provenienti da diverse città della provincia e che «è l'unica unità operativa a confine con la Asl Bat che invece non ha altre unità con questa specializzazione».

Incredulità più che rabbia. Michele Rubini è un infermiere professionale, ogni mattina arriva qui con la sua bicicletta: «Dopo le ribellioni fatte negli anni passati per difendere questa struttura, dopo le manifestazioni di piazza che portarono Nichi Vendola alla presidenza della Regione, l'agonia di quest'ospedale continua ancora: mi chiedo che fine abbiano fatto tutte quelle persone». «Certo, la mia vita domani potrebbe cambiare», continua Michele, «se il pronto soccorso diventasse davvero una struttura territoriale e non più ospedaliera il nostro stipendio si abbatterebbe drasticamente, perderemmo i compensi per reperibilità, turni notturni e straordinari. Sarò costretto a trasferirmi in un altro ospedale e per cominciare dovrò comprarmi un'automobile per gli spostamenti».

(tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno)