Ottima la prima per il "Festival per la legalità" con Nando dalla Chiesa
Pienone nel Chiostro delle Clarisse
domenica 12 maggio 2024
«La legalità è un modo di vivere». È il concetto chiave che sintetizza il pensiero di Nando dalla Chiesa, ospite illustre della prima serata della tredicesima edizione del "Festival per la legalità": dal temperamento pacato, il terzogenito del generale Carlo Alberto dalla Chiesa è stato accolto in un chiostro delle Clarisse gremito e silenzioso che ha prestato massima attenzione alla dissertazione del sociologo, politico e prolifico scrittore.
Un'atmosfera dai tratti solenni ha inaugurato con successo la rassegna culturale annuale di "eroi borghesi" dell'associazione "È fatto giorno", grazie anche al supporto del docente Francesco Vino e dell'ex Procuratore Capo di Bari, Giuseppe Volpe, che hanno stimolato la conversazione su analisi di tematiche quasi di «impronta sessantottina».
«Educare alla legalità significa educare alle regole, ma le regole vanno interiorizzate», sostiene dalla Chiesa che specifica «La regola è ferrea, ma essa va recepita dentro di sé». Si tratta della riflessione che condensa il messaggio per cui «ci deve essere un sentimento di legalità dentro di noi».
La legalità, laddove posta in essere da ciascun consociato, trascende nella più nobile morale pubblica, che caratterizza in una comunità il modo di sentire e di distinguere il bene dal male, l'onesto dal disonesto. Rispettare le regole, peraltro, risulta conveniente per tutti, poiché, ad esempio, assicura la tutela del mercato e della concorrenza. È proprio per questo che in teoria la parola "legalità" andrebbe impiegata il meno possibile, qualora attecchisca nelle coscienze dei singoli.
Alla base dell'aspirazione alla legalità, quale promessa per il conseguimento di obiettivi condivisi e funzionali allo sviluppo sociale, si pone il conflitto con le condizioni attuali che ostacolano un potenziale miglioramento. «Per avere la legalità che desidero, devo confliggere». Per dalla Chiesa, infatti, sussistono due forme di conflitto: la prima attiene all'inosservanza delle leggi; la seconda concerne la resistenza a superare convenzioni obsolete e non adeguate all'evoluzione umana.
A fronte di un sistema in cui si registra una crisi di contenuti e di valori e che contempla lo scontro e la problematizzazione delle situazioni, «bisogna, invece, imparare a discutere. Ciò, però, può avvenire soltanto in un clima in cui si è abituati a rispettarsi».
L'illegalità comincia a serpeggiare in quelle circostanze in cui si alimenta il radicarsi di fattori compatibili con essa. «Se i valori si asciugano e ci si unifica intorno all'ideologia del denaro, allora l'incontro con la mafia si realizza sul terreno del capitale». La compatibilità, di taglio interclassista, presenta una sfumatura diversa rispetto alla complicità, alla connivenza e alla convergenza d'interessi; essa, piuttosto, implica indifferenza e povertà educativa, da intendersi quest'ultima non come analfabetismo, bensì quale disinteresse per le cose del mondo.
Si assiste a un generale impoverimento del nostro linguaggio con una degenerazione nel turpiloquio: una forma meno ricercata e più basica, insieme a un esiguo numero di parole registrate nel proprio vocabolario, comporta una difficoltà nell'esprimersi e nel trasmettere idee raffinate. «Per chi deve cambiare il mondo, il linguaggio è fondamentale. Un popolo con un linguaggio povero non ha un grande futuro. Con poche parole a disposizione, diventa complicato raccontare, nonostante la nostra democrazia si fondi anche sulla memoria».
Dalla relazione di dalla Chiesa emerge anche la curiosità di narrare storie anonime, focalizzandosi sulle esistenze di cittadini comuni e umili che, tuttavia, hanno qualcosa di straordinario e grandioso da rendere noto. «Il mondo è ricco di belle persone e molte di esse meriterebbero di essere raccontate». Se, da un lato, ci sono i vincenti che raggiungono importanti traguardi per i loro meriti, dall'altro, ci sono coloro che perdono: non meno interessanti o di spessore, sebbene questi ultimi non siano riusciti a concretizzare i loro intenti, hanno comunque lavorato duramente, si sono spesi con sacrifici e non per questo devono essere definiti «sfigati».
Per il suo ruolo di testimone di legalità e per l'impegno sociale profuso negli anni, a fine incontro, durato quasi due ore intense, a Nando dalla Chiesa è stata consegnata la targa che attesta la sua partecipazione a Terlizzi quale protagonista di storie, diritti e cittadinanza.
Un'atmosfera dai tratti solenni ha inaugurato con successo la rassegna culturale annuale di "eroi borghesi" dell'associazione "È fatto giorno", grazie anche al supporto del docente Francesco Vino e dell'ex Procuratore Capo di Bari, Giuseppe Volpe, che hanno stimolato la conversazione su analisi di tematiche quasi di «impronta sessantottina».
«Educare alla legalità significa educare alle regole, ma le regole vanno interiorizzate», sostiene dalla Chiesa che specifica «La regola è ferrea, ma essa va recepita dentro di sé». Si tratta della riflessione che condensa il messaggio per cui «ci deve essere un sentimento di legalità dentro di noi».
La legalità, laddove posta in essere da ciascun consociato, trascende nella più nobile morale pubblica, che caratterizza in una comunità il modo di sentire e di distinguere il bene dal male, l'onesto dal disonesto. Rispettare le regole, peraltro, risulta conveniente per tutti, poiché, ad esempio, assicura la tutela del mercato e della concorrenza. È proprio per questo che in teoria la parola "legalità" andrebbe impiegata il meno possibile, qualora attecchisca nelle coscienze dei singoli.
Alla base dell'aspirazione alla legalità, quale promessa per il conseguimento di obiettivi condivisi e funzionali allo sviluppo sociale, si pone il conflitto con le condizioni attuali che ostacolano un potenziale miglioramento. «Per avere la legalità che desidero, devo confliggere». Per dalla Chiesa, infatti, sussistono due forme di conflitto: la prima attiene all'inosservanza delle leggi; la seconda concerne la resistenza a superare convenzioni obsolete e non adeguate all'evoluzione umana.
A fronte di un sistema in cui si registra una crisi di contenuti e di valori e che contempla lo scontro e la problematizzazione delle situazioni, «bisogna, invece, imparare a discutere. Ciò, però, può avvenire soltanto in un clima in cui si è abituati a rispettarsi».
L'illegalità comincia a serpeggiare in quelle circostanze in cui si alimenta il radicarsi di fattori compatibili con essa. «Se i valori si asciugano e ci si unifica intorno all'ideologia del denaro, allora l'incontro con la mafia si realizza sul terreno del capitale». La compatibilità, di taglio interclassista, presenta una sfumatura diversa rispetto alla complicità, alla connivenza e alla convergenza d'interessi; essa, piuttosto, implica indifferenza e povertà educativa, da intendersi quest'ultima non come analfabetismo, bensì quale disinteresse per le cose del mondo.
Si assiste a un generale impoverimento del nostro linguaggio con una degenerazione nel turpiloquio: una forma meno ricercata e più basica, insieme a un esiguo numero di parole registrate nel proprio vocabolario, comporta una difficoltà nell'esprimersi e nel trasmettere idee raffinate. «Per chi deve cambiare il mondo, il linguaggio è fondamentale. Un popolo con un linguaggio povero non ha un grande futuro. Con poche parole a disposizione, diventa complicato raccontare, nonostante la nostra democrazia si fondi anche sulla memoria».
Dalla relazione di dalla Chiesa emerge anche la curiosità di narrare storie anonime, focalizzandosi sulle esistenze di cittadini comuni e umili che, tuttavia, hanno qualcosa di straordinario e grandioso da rendere noto. «Il mondo è ricco di belle persone e molte di esse meriterebbero di essere raccontate». Se, da un lato, ci sono i vincenti che raggiungono importanti traguardi per i loro meriti, dall'altro, ci sono coloro che perdono: non meno interessanti o di spessore, sebbene questi ultimi non siano riusciti a concretizzare i loro intenti, hanno comunque lavorato duramente, si sono spesi con sacrifici e non per questo devono essere definiti «sfigati».
Per il suo ruolo di testimone di legalità e per l'impegno sociale profuso negli anni, a fine incontro, durato quasi due ore intense, a Nando dalla Chiesa è stata consegnata la targa che attesta la sua partecipazione a Terlizzi quale protagonista di storie, diritti e cittadinanza.