Sant'Antonio Abate, sul sagrato di San Gioacchino la benedizione degli animali

Appuntamento per i fedeli fissato per domenica 19 gennaio

venerdì 10 gennaio 2025
A cura di La redazione
Sarà rinnovato anche quest'anno l'antico rito della benedizione degli animali nella domenica successiva alla festa liturgica in onore di Sant'Antonio Abate.

Domenica 19 gennaio, infatti, alle ore 11.30, sul sagrato della parrocchia San Gioacchino, in piazza Cavour, don Michele Stragapede impartirà la benedizione ai compagni di vita di tante famiglie locali. Un modo per ribadire lo stretto legame tra l'essere umano e gli altri esseri viventi, nell'armonia del Creato, così come Dio vuole.
E Sant'Antonio Abate, che resistette alle tentazioni del demonio presentatosi nel deserto anche sotto forma di animale, è da sempre veneratissimo alle nostre latitudini per la forza del suo messaggio ascetico eppure così moderno.
In tutto il Mezzogiorno d'Italia è Santo veneratissimo ed a pochi chilometri di distanza da Terlizzi, a Giovinazzo, quella dedicata all'asceta egiziano è la festa più importante dell'inverno con i tradizionali Fuochi.

BREVI CENNI AGIOGRAFICI SU SANT'ANTONIO ABATE
Nacque nel Medio Egitto verso la metà del III secolo, da una famiglia facoltosa. A vent'anni, dopo aver ascoltato, nell'assemblea eucaristica, la proclamazione del vangelo di Mt 19, 21: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri… poi vieni e seguimi", decise di consacrare totalmente la sua vita a Dio. Prima scelse una forma di vita ascetica restando nel suo villaggio. In una seconda tappa si trasferisce in un antico cimitero, per lottare apertamente contro il demonio. A trentacinque anni si ritira nel deserto, in un fortino abbandonato, ove rimane per vent'anni.
Attorno a lui si radunano altri asceti e accorrono malati, sofferenti nel corpo e nello spirito, a cercare conforto. In questa terza tappa si situa il suo ritorno alla città di Alessandria, a motivo della persecuzione dei cristiani; non potendo subire il martirio, Antonio accorre a confortare i cristiani perseguitati. Cessata la persecuzione, ritorna nel deserto per il suo "martirio della coscienza". Per ispirazione divina si ritira, questa volta, in regione ancora più isolata, sulla montagna. Anche qui accorrono a lui discepoli e persone bisognose di conforto e di luce. È in questo periodo che scende per la seconda volta ad Alessandria, per confutare gli ariani. Morì il 17 gennaio 356, e fin dall'antichità la sua memoria è custodita in tutte le Chiese con grande venerazione, grazie anche alla biografia scritta dal vescovo sant'Atanasio che lo apprezzò moltissimo.
La Vita di Antonio è presentata, prima ancora che come modello di vita monastica, come esempio di vita cristiana, tipo dell'incarnazione della fede e dell'amore di Cristo, vero Dio e vero uomo. Tradotta in latino e ben presto in tutte le principali lingue del mondo abitato e raggiungibile dal messaggio cristiano, divenne principio della diffusione della forma di vita monastica in tutte le Chiese. Nell'ambito della polemica antiariana, il vescovo Atanasio scrive la vita di Antonio pensandolo idealmente come esempio di quella divinizzazione dell'umano resa possibile dall'incarnazione di Dio. Al termine della esistenza terrena, dopo aspre lotte contro i demoni, la sua persona è descritta come interamente trasfigurata dalla grazia, tale da riflettere come in uno specchio la gloria di Dio. Oltre a questa biografia, rimangono di lui sette lettere e trentotto apoftegmi, raccolti nella serie alfabetica.

Il 17 gennaio la Chiesa italiana celebra, già dal 1990, la Giornata per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo religioso ebraico-cristiano.