Traffico di droga e armi e due tentati omicidi, i particolari dell'operazione della Polizia
I due episodi contestati risalgono al 2014. Sequestrati stupefacenti e munizioni. Giannella: «Chi denuncia è al sicuro»
mercoledì 4 aprile 2018
13.17
Si è conclusa con 25 arresti e il sequestro di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, 10 pistole e numerose munizioni, la vasta operazione della Polizia che questa mattina ha portato scompiglio all'interno dei clan Strisciuglio e Mercante di Bari.
Agli arrestati si contestano i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti aggravata dall'uso delle armi, nonché la commissione di due tentati omicidi, aggravati dal metodo mafioso risalenti al 27 marzo 2014. La vittima era Vincenzo Valentino, esponente del clan Strisciuglio.
Secondo quanto accertato dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Squadra Mobile di Bari, l'agguato sarebbe stato commissionato da Alessandro De Bernardis ed eseguito da Riccardo Lucchesi e Michele Lorusso. L'omicidio fallì perché l'arma si bloccò. Si trattava, secondo gli investigatori, di una risposta all'accoltellamento, commesso per legittima difesa, avvenuto lo stesso giorno, da parte di Valentino ai danni di Umberto De Meo.
Il secondo tentato omicidio, contestato risale a fine aprile del 2014, nei confronti di Alessandro De Bernardis e Riccardo Lucchesi ed è stato contestato a Giovanni Tritto e Christian Cucumazzo, esponenti del clan Strisciuglio, anche in questo caso la pistola si inceppò.
«Questa indagine - ha spiegato il procuratore della Repubblica di Bari Francesco Giannella nella conferenza stampa tenutasi stamattina presso gli uffici di via Nazariantz - ha portato alla luce ciò che è accaduto negli anni scorsi nel rione Libertà, dominato dal traffico di stupefacenti. Il quartiere è stato oggetto di una vera e propria guerra tra due clan contrapposti che cercavano di affermare il proprio dominio sul territorio, con l'obiettivo di imporsi nello spaccio di droga ma anche nelle attività di estorsione. Un fenomeno particolarmente odioso in virtù della capacità di impedire un libero esercizio delle attività commerciali ai danni di cittadini che, di fatto, sono costretti a lavorare per altri».
La particolarità del modo di agire mafioso sta non solo nell'affermarsi come forza capace di incutere terrore nei cittadini, ma anche nel mostrarsi da parte delle famiglie quali garanti di una giustizia alternativa, più spiccia e cruenta rispetto a quella ordinaria.
Ancora Giannella ha chiarito: «Le mafie hanno questa caratteristica: non tentano di trasmettere solo negatività, ma anche alcuni aspetti positivi della loro esistenza sul territorio, accreditandosi come tutori in caso di ingiustizie. Per esempio, è prassi comune rivolgersi al boss per recuperare il proprio motociclo che è stato oggetto di furto; un modo per gratificare il cittadino che si rivolge al clan, affermando la mafiosità che è alla base del potere della criminalità organizzata».
Nelle maglie strette delle famiglie baresi non sono finiti solo i piccoli commercianti o gli artigiani, ma anche stimati professionisti che si sono rivolti ai boss per ottenere la restituzione del maltolto. Il fascicolo che si chiude oggi, infatti, documenta come un medico del Policlinico si sia affidato alla mafia locale per riavere il suo scooter rubato.
«La vittima - ha specificato Giannella - non è finita nella tenaglia della criminalità perché professionista, ma solo perché proprietario di un motociclo. La cosa che, però, dà più fastidio è vedere come anche persone in possesso di un certo livello culturale si rivolgano al boss piuttosto che alle forze dell'ordine per avere giustizia e rientrare in possesso dei propri beni».
L'invito, quindi, è a denunciare e a fare affidamento sui canali di giustizia dello Stato, «Gli unici che esistono - ha ricordato in conclusione Giannella -. Noi siamo certi che chi denuncia sia al sicuro; ci sono state altre indagini che hanno premiato la collaborazione dei cittadini, consentendo di far luce su fatti criminosi e assicurando alla giustizia i responsabili. Noi tentiamo di stimolare tutti a collaborare».
Agli arrestati si contestano i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti aggravata dall'uso delle armi, nonché la commissione di due tentati omicidi, aggravati dal metodo mafioso risalenti al 27 marzo 2014. La vittima era Vincenzo Valentino, esponente del clan Strisciuglio.
Secondo quanto accertato dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Squadra Mobile di Bari, l'agguato sarebbe stato commissionato da Alessandro De Bernardis ed eseguito da Riccardo Lucchesi e Michele Lorusso. L'omicidio fallì perché l'arma si bloccò. Si trattava, secondo gli investigatori, di una risposta all'accoltellamento, commesso per legittima difesa, avvenuto lo stesso giorno, da parte di Valentino ai danni di Umberto De Meo.
Il secondo tentato omicidio, contestato risale a fine aprile del 2014, nei confronti di Alessandro De Bernardis e Riccardo Lucchesi ed è stato contestato a Giovanni Tritto e Christian Cucumazzo, esponenti del clan Strisciuglio, anche in questo caso la pistola si inceppò.
«Questa indagine - ha spiegato il procuratore della Repubblica di Bari Francesco Giannella nella conferenza stampa tenutasi stamattina presso gli uffici di via Nazariantz - ha portato alla luce ciò che è accaduto negli anni scorsi nel rione Libertà, dominato dal traffico di stupefacenti. Il quartiere è stato oggetto di una vera e propria guerra tra due clan contrapposti che cercavano di affermare il proprio dominio sul territorio, con l'obiettivo di imporsi nello spaccio di droga ma anche nelle attività di estorsione. Un fenomeno particolarmente odioso in virtù della capacità di impedire un libero esercizio delle attività commerciali ai danni di cittadini che, di fatto, sono costretti a lavorare per altri».
La particolarità del modo di agire mafioso sta non solo nell'affermarsi come forza capace di incutere terrore nei cittadini, ma anche nel mostrarsi da parte delle famiglie quali garanti di una giustizia alternativa, più spiccia e cruenta rispetto a quella ordinaria.
Ancora Giannella ha chiarito: «Le mafie hanno questa caratteristica: non tentano di trasmettere solo negatività, ma anche alcuni aspetti positivi della loro esistenza sul territorio, accreditandosi come tutori in caso di ingiustizie. Per esempio, è prassi comune rivolgersi al boss per recuperare il proprio motociclo che è stato oggetto di furto; un modo per gratificare il cittadino che si rivolge al clan, affermando la mafiosità che è alla base del potere della criminalità organizzata».
Nelle maglie strette delle famiglie baresi non sono finiti solo i piccoli commercianti o gli artigiani, ma anche stimati professionisti che si sono rivolti ai boss per ottenere la restituzione del maltolto. Il fascicolo che si chiude oggi, infatti, documenta come un medico del Policlinico si sia affidato alla mafia locale per riavere il suo scooter rubato.
«La vittima - ha specificato Giannella - non è finita nella tenaglia della criminalità perché professionista, ma solo perché proprietario di un motociclo. La cosa che, però, dà più fastidio è vedere come anche persone in possesso di un certo livello culturale si rivolgano al boss piuttosto che alle forze dell'ordine per avere giustizia e rientrare in possesso dei propri beni».
L'invito, quindi, è a denunciare e a fare affidamento sui canali di giustizia dello Stato, «Gli unici che esistono - ha ricordato in conclusione Giannella -. Noi siamo certi che chi denuncia sia al sicuro; ci sono state altre indagini che hanno premiato la collaborazione dei cittadini, consentendo di far luce su fatti criminosi e assicurando alla giustizia i responsabili. Noi tentiamo di stimolare tutti a collaborare».