Tutto pieno al Mat di Terlizzi per "Città prossime" di Cristina Tajani
L'autrice per un modello alternativo di comunità sostenibile in epoca di pandemia
domenica 24 ottobre 2021
14.38
Una comunicazione efficace e ficcante caratterizza l'eloquio professionale e affabile di Cristina Tajani, apprezzata e stimata dal pubblico del Mat-laboratorio urbano che ieri sera, 23 ottobre, ha registrato il tutto esaurito nei posti a sedere disposti all'interno del teatro.
"Città prossime" è un pamphlet scorrevole nella lettura che sa ben coniugare il pragmatismo dell'esperienza da amministratrice maturata nella veste di assessora comunale di Milano con l'intelletto sopraffino di docente al Politecnico dello stesso capoluogo lombardo oltre che di consulente al Ministero del lavoro. Qualità che si percepiscono forti e chiare dallo stesso relazionare di Tajani, avvezza a interfacciarsi con un uditorio versatile ed eterogeneo.
Un saggio che costituisce una sorta di «cassetta degli attrezzi», offrendo degli spunti concreti sui modelli cittadini di sviluppo sostenibile che sono stati delineati a seguito delle riflessioni emerse prepotenti col primo lockdown e consolidatesi con la seconda chiusura nazionale. «Mi appassiona la forza che la politica ha di rendere protagonista chi tale non nasce», è uno dei messaggi chiave che affiora espressamente sin dalle prime pagine del libro.
La pandemia ha messo in crisi il prototipo di città cui siamo stati abituati, connotato da frenesia quotidiana, spendita della maggior parte delle ore in aziende e uffici, pasti fuori casa e ritorno al focolare domestico solamente per il riposo notturno. Viene in rilievo, invece, in maniera contrapposta il concetto di «prossimità fisica anche quale futuro desiderabile»: una ristrutturazione dell'idea di città più a misura d'uomo, in cui i servizi siano raggiungibili più agevolmente.
Registrare le insofferenze all'isolamento coatto e puntare a ripensamenti del modo di concepire gli spazi urbani non può prescindere dalle intelligenze di soggetti che hanno studiato e approfondito nuove tecniche di innovazione. Gli «innovatori sociali sono le sentinelle, i costruttori di rete sul territorio» tenuti in debita considerazione dalla politica per la loro capacità di avere prospettive a lungo raggio anche negli ambiti del vivere civile: si pensi alla riconversione di un'edicola in disuso come portineria di quartiere.
Gli investimenti vanno effettuati sui progetti di ampio respiro che sappiano valorizzare le attività tradizionali di una comunità. I manufatti sono opere dell'ingegno degli artigiani che, avvalendosi degli avanzamenti digitali, possono conseguire obiettivi sempre più alti con annessi lauti salari. Le visite guidate nei retrobottega dei pellettieri sono solo alcuni esempi delle iniziative volte ad avvicinare la forza lavoro giovane a categorie poco conosciute ma inserite nel tessuto lavorativo.
La costruzione di un archetipo di città alternativa a quella attuale annovera tra i suoi punti di forza anche l'ibridazione del mercato inteso non solo come commercio di prossimità ma anche quale luogo di cultura e socialità. «Il commercio possiede il potere di trasformare la morfologia di un insediamento urbano»: i mercati, da aree destinate alla sola vendita, aspirano ad assolvere ulteriori funzioni grazie alla coesistenza con associazioni del terzo settore. La socialità è di certo il valore aggiunto che si sta pian piano riscoprendo al di là del freddo e-commerce.
Uno sguardo viene rivolto anche alla parità di genere, partendo da un linguaggio consono e conforme a riconoscere il peso specifico delle donne. Il Comune di Milano ha visto la predisposizione di una modulistica apposita in cui nomi e aggettivi sono stati declinati al femminile per superare una simbologia delle parole impiegata perlopiù al maschile.
«Riconciliarsi con i luoghi che non contano» è l'ulteriore obiettivo che sarebbe auspicabile realizzare: le metropoli hanno negli anni assorbito le risorse dei territori circostanti, svuotandoli e impoverendoli. Questo, in alcuni casi, ha ingenerato negli abitanti dei centri minori sensazioni di risentimento e di abbandono. Appare, dunque, opportuno ristabilire una connessione orizzontale tra realtà grandi, medie e piccole così da consentire una fioritura equiordinata delle potenzialità ancora inespresse, arginando la logica predona delle big city del «prendo tutto».
Al momento Cristina Tajani, con alle spalle un panorama politico corposo, ha deciso di servire la comunità in altro modo, condividendo il sapere stratificatosi nel tempo e sensibilizzando alla coesione propositiva.
«Ho deciso di dedicarmi alla riflessione intellettuale», conclude la concittadina terlizzese che da più di vent'anni risiede a Milano. "Città prossime" non è un'utopia, bensì un decalogo sui passi da intraprendere nella ricerca di una soluzione a fronte delle fragilità di sistema scoperchiate dal Covid19.
"Città prossime" è un pamphlet scorrevole nella lettura che sa ben coniugare il pragmatismo dell'esperienza da amministratrice maturata nella veste di assessora comunale di Milano con l'intelletto sopraffino di docente al Politecnico dello stesso capoluogo lombardo oltre che di consulente al Ministero del lavoro. Qualità che si percepiscono forti e chiare dallo stesso relazionare di Tajani, avvezza a interfacciarsi con un uditorio versatile ed eterogeneo.
Un saggio che costituisce una sorta di «cassetta degli attrezzi», offrendo degli spunti concreti sui modelli cittadini di sviluppo sostenibile che sono stati delineati a seguito delle riflessioni emerse prepotenti col primo lockdown e consolidatesi con la seconda chiusura nazionale. «Mi appassiona la forza che la politica ha di rendere protagonista chi tale non nasce», è uno dei messaggi chiave che affiora espressamente sin dalle prime pagine del libro.
La pandemia ha messo in crisi il prototipo di città cui siamo stati abituati, connotato da frenesia quotidiana, spendita della maggior parte delle ore in aziende e uffici, pasti fuori casa e ritorno al focolare domestico solamente per il riposo notturno. Viene in rilievo, invece, in maniera contrapposta il concetto di «prossimità fisica anche quale futuro desiderabile»: una ristrutturazione dell'idea di città più a misura d'uomo, in cui i servizi siano raggiungibili più agevolmente.
Registrare le insofferenze all'isolamento coatto e puntare a ripensamenti del modo di concepire gli spazi urbani non può prescindere dalle intelligenze di soggetti che hanno studiato e approfondito nuove tecniche di innovazione. Gli «innovatori sociali sono le sentinelle, i costruttori di rete sul territorio» tenuti in debita considerazione dalla politica per la loro capacità di avere prospettive a lungo raggio anche negli ambiti del vivere civile: si pensi alla riconversione di un'edicola in disuso come portineria di quartiere.
Gli investimenti vanno effettuati sui progetti di ampio respiro che sappiano valorizzare le attività tradizionali di una comunità. I manufatti sono opere dell'ingegno degli artigiani che, avvalendosi degli avanzamenti digitali, possono conseguire obiettivi sempre più alti con annessi lauti salari. Le visite guidate nei retrobottega dei pellettieri sono solo alcuni esempi delle iniziative volte ad avvicinare la forza lavoro giovane a categorie poco conosciute ma inserite nel tessuto lavorativo.
La costruzione di un archetipo di città alternativa a quella attuale annovera tra i suoi punti di forza anche l'ibridazione del mercato inteso non solo come commercio di prossimità ma anche quale luogo di cultura e socialità. «Il commercio possiede il potere di trasformare la morfologia di un insediamento urbano»: i mercati, da aree destinate alla sola vendita, aspirano ad assolvere ulteriori funzioni grazie alla coesistenza con associazioni del terzo settore. La socialità è di certo il valore aggiunto che si sta pian piano riscoprendo al di là del freddo e-commerce.
Uno sguardo viene rivolto anche alla parità di genere, partendo da un linguaggio consono e conforme a riconoscere il peso specifico delle donne. Il Comune di Milano ha visto la predisposizione di una modulistica apposita in cui nomi e aggettivi sono stati declinati al femminile per superare una simbologia delle parole impiegata perlopiù al maschile.
«Riconciliarsi con i luoghi che non contano» è l'ulteriore obiettivo che sarebbe auspicabile realizzare: le metropoli hanno negli anni assorbito le risorse dei territori circostanti, svuotandoli e impoverendoli. Questo, in alcuni casi, ha ingenerato negli abitanti dei centri minori sensazioni di risentimento e di abbandono. Appare, dunque, opportuno ristabilire una connessione orizzontale tra realtà grandi, medie e piccole così da consentire una fioritura equiordinata delle potenzialità ancora inespresse, arginando la logica predona delle big city del «prendo tutto».
Al momento Cristina Tajani, con alle spalle un panorama politico corposo, ha deciso di servire la comunità in altro modo, condividendo il sapere stratificatosi nel tempo e sensibilizzando alla coesione propositiva.
«Ho deciso di dedicarmi alla riflessione intellettuale», conclude la concittadina terlizzese che da più di vent'anni risiede a Milano. "Città prossime" non è un'utopia, bensì un decalogo sui passi da intraprendere nella ricerca di una soluzione a fronte delle fragilità di sistema scoperchiate dal Covid19.