Vogliono uccidere il "Sarcone" di Terlizzi
Dopo aver speso 10 milioni di euro, l'ospedale terlizzese sarebbe a un passo dalla chiusura
venerdì 4 dicembre 2015
16.21
Pare che questa volta non sia solo una boutade giornalistica. Il nome di Terlizzi sta circolando per davvero ai piani alti della Regione Puglia insieme a quello di Canosa e Lucera. Il tema è: ospedali da chiudere subito.
L'altro giorno durante le audizioni davanti alle commissioni consiliari, se da una parte il direttore generale dell'Asl Bari Vito Montanaro e il direttore del Dipartimento Giovanni Gorgoni hanno spiegato che il riordino della rete ospedaliera non sarà realizzato con il "taglio" di 25 ospedali, bensì con una redistribuzione di reparti, dall'altra hanno lasciato intuire che a ben vedere 3 ospedali, sì 3 ospedali, potrebbero essere realisticamente chiusi. Scelte ufficiali ancora non ce ne sono, ma nei corridoi della politica e sui giornali si è mormorato il nome del "Sarcone" di Terlizzi.
Il problema, per carità, non è tanto il fatto che l'ospedale sia destinato a chiudere. In una logica di razionalizzazione dei costi ci stanno i sacrifici, tanto più che il campanilismo diventa risibile quando poi sappiamo di gente che sbarca a Milano o a Pisa o pure a San Giovanni Rotondo per farsi curare. Il punto è un altro. Se è vero come è vero che un ospedale come quello di Terlizzi (che conta poco più di 70 posti letto) non stia in piedi, economicamente parlando, perché allora investire negli ultimi due anni la bellezza di circa 10 milioni di euro per ristrutturare reparti e sale operatorie? Pensate: l'ospedale di Terlizzi, dopo i recenti interventi di adeguamento strutturale, pare sia uno dei più all'avanguardia del nordbarese potendo contare su un pronto soccorso modernissimo (peraltro mai inaugurato) e reparti in linea con il decreto Bindi (che per esempio prevede un bagno in stanza per ogni due posti letto). E allora se le voci di chiusura del "Sarcone" fossero vere, non significherebbe di fatto buttare a gamba all'aria denaro pubblico? Voglio dire, se uno vi dicesse che ha speso una fortuna per ristrutturare casa e che però in effetti gli costa tanto e quindi ha voglia di traslocare, pensereste sì o no che il tizio sia quantomeno confuso? Allora delle due una: o il terlizzese Nichi Vendola ha fatto scelte completamente sbagliate (figurarsi, non sarebbe una novità), oppure è Michele Emiliano ad essere un tantino confuso. O forse tutte e due le cose, chissà.
Certo è che oggi non vorrei stare nei panni del Partito Democratico cittadino che appena qualche mese fa, alle elezioni regionali, chiedeva ai terlizzesi di votare Emiliano e ora dovrà andare a spiegare perché lo stesso Emiliano sarebbe pronto a tagliare la testa al "Sarcone".
L'altro giorno durante le audizioni davanti alle commissioni consiliari, se da una parte il direttore generale dell'Asl Bari Vito Montanaro e il direttore del Dipartimento Giovanni Gorgoni hanno spiegato che il riordino della rete ospedaliera non sarà realizzato con il "taglio" di 25 ospedali, bensì con una redistribuzione di reparti, dall'altra hanno lasciato intuire che a ben vedere 3 ospedali, sì 3 ospedali, potrebbero essere realisticamente chiusi. Scelte ufficiali ancora non ce ne sono, ma nei corridoi della politica e sui giornali si è mormorato il nome del "Sarcone" di Terlizzi.
Il problema, per carità, non è tanto il fatto che l'ospedale sia destinato a chiudere. In una logica di razionalizzazione dei costi ci stanno i sacrifici, tanto più che il campanilismo diventa risibile quando poi sappiamo di gente che sbarca a Milano o a Pisa o pure a San Giovanni Rotondo per farsi curare. Il punto è un altro. Se è vero come è vero che un ospedale come quello di Terlizzi (che conta poco più di 70 posti letto) non stia in piedi, economicamente parlando, perché allora investire negli ultimi due anni la bellezza di circa 10 milioni di euro per ristrutturare reparti e sale operatorie? Pensate: l'ospedale di Terlizzi, dopo i recenti interventi di adeguamento strutturale, pare sia uno dei più all'avanguardia del nordbarese potendo contare su un pronto soccorso modernissimo (peraltro mai inaugurato) e reparti in linea con il decreto Bindi (che per esempio prevede un bagno in stanza per ogni due posti letto). E allora se le voci di chiusura del "Sarcone" fossero vere, non significherebbe di fatto buttare a gamba all'aria denaro pubblico? Voglio dire, se uno vi dicesse che ha speso una fortuna per ristrutturare casa e che però in effetti gli costa tanto e quindi ha voglia di traslocare, pensereste sì o no che il tizio sia quantomeno confuso? Allora delle due una: o il terlizzese Nichi Vendola ha fatto scelte completamente sbagliate (figurarsi, non sarebbe una novità), oppure è Michele Emiliano ad essere un tantino confuso. O forse tutte e due le cose, chissà.
Certo è che oggi non vorrei stare nei panni del Partito Democratico cittadino che appena qualche mese fa, alle elezioni regionali, chiedeva ai terlizzesi di votare Emiliano e ora dovrà andare a spiegare perché lo stesso Emiliano sarebbe pronto a tagliare la testa al "Sarcone".