
Vita di città
81° anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, il discorso del sindaco di Terlizzi
De Chirico ha voluto sottolineare l'importanza di questa data per la libertà, la democrazia e la pace nella nostra nazione
Terlizzi - lunedì 24 marzo 2025
14.50 Comunicato Stampa
Tutta Italia commemora oggi, 24 marzo, l'81° anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, commesso dai nazi-fascisti nel 1944 a Roma. In quella occasione perirono i martiri terlizzesi don Pietro Pappagallo ed il prof. Gioacchino Gesmundo.
Di seguito il discorso del sindaco Michelangelo De Chirico alla cittadinanza al momento della cerimonia.
«Carissimi concittadini e concittadine, autorità civili e militari, forze dell'ordine, alunni, docenti, dirigenti scolastici, rappresentanti e componenti delle associazioni combattentistiche, partigiane e d'arma, familiari del prof. Gioacchino Gesmundo e di Don Pietro Pappagallo, cittadini tutti, grazie per essere qui stamattina ad onorare con la vostra presenza l'Anniversario dell'Eccidio delle Fosse Ardeatine.
Il 24 marzo del 1944, a Roma, si consuma una delle peggiori stragi nazifasciste in Italia, in cui furono trucidati tanti innocenti. Tra loro anche i nostri due concittadini Don Pietro Pappagallo ed il prof. Gioacchino Gesmundo.
Nelle cave di pozzolana, situate nei pressi della via Ardeatina, furono uccisi 335 uomini come rappresaglia per l'azione partigiana di Via Rasella, che il giorno precedente aveva causato la morte di 33 nazisti. Il comando tedesco di Roma decise di attuare una "punizione esemplare", per ogni tedesco morto sarebbero stati uccisi dieci italiani.
Fu stilata la lista di chi doveva essere ammazzato: 335 uomini tra detenuti civili e militari, ebrei e semplici sospetti antifascisti sarebbero morti con un colpo di pistola alla nuca. Completate le esecuzioni fecero saltare con dell'esplosivo gli ingressi delle cave per occultarne all'interno i cadaveri.
I 335 caduti rappresentavano l'insieme della società italiana per credo religioso, condizione sociale e professionale e per scelte politiche.
Gran parte delle vittime era emigrata a Roma da diverse regioni italiane, molti i meridionali, tra questi 19 erano pugliesi, cresciuti con tutte le incertezze legate allo sradicamento dai paesi d'origine, alle difficoltà per la crisi economico/sociale, per le devastazioni dei bombardamenti e la violenta occupazione nazista. La vita di ognuno di loro si caratterizzava per i sacrifici estremi, provenienti da famiglie numerose e in difficoltà.
Questi i martiri pugliesi: i concittadini Don Pietro Pappagallo sacerdote e prof. Gioacchino Gesmundo insegnante di filosofia. Gli avvocati Teodato Albanese di Cerignola e Ugo Baglivo di Alessano.
Il cantante lirico foggiano Nicola Ugo Stame. L'impiegato Umberto Bucci di Lucera, col figlio Bruno, caporalmaggiore dell'Esercito. L'ufficiale della Marina Militare Antonio Pisino di Maglie, il maggiore del Regio Esercito Antonio Ayroldi di Ostuni. Il giovane militare Ferruccio Caputo di Melissano. I fratelli Federico e Mario Càrola di Lecce, ufficiali d'Aviazione e di Fanteria. Giuseppe Lotti e Vincenzo Saccottelli, artigiani di Andria. Gaetano La Vecchia ebanista di Barletta. Manfredi Azzarita, capitano di Cavalleria, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria, figlio di molfettesi.
Di famiglia pugliese era il maggiore dei Carabinieri Ugo De Carolis.
L'Ipsaic (Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea) ha fatto luce anche sulle origini pugliesi di Emanuele Caracciolo, nato a Tripoli da genitori gallipolini trasferiti per lavoro nella colonia libica. Era un regista affermato ed uno dei maggiori esponenti del futurismo di sinistra.
Di famiglia originaria di Trani era inoltre Cosimo Di Micco, militare, nato a Porto Said.
Permettetemi di ricordare brevemente i nostri martiri per tenerne viva la memoria e celebrarne la vita esemplare.
Gioacchino Gesmundo, rimasto orfano assieme a cinque fratelli, dopo il diploma di maestro all'istituto magistrale Bianchi Dottoli a Bari si trasferì a Roma dove ottenne l'incarico di maestro; continuando a studiare si laureò in filosofia e passò a insegnare al liceo.
Ebbe un ruolo attivo nella Resistenza, Medaglia d'Oro al Valore Militare, e ancor prima nell'antifascismo (fu assistente del filosofo Guido De Ruggero, esponente del movimento clandestino Liberal Socialismo, arrestato nella primavera del 1943 assieme a Guido Calogero e Tommaso Fiore).
Gioacchino Gesmundo, a Roma, strinse un intimo sodalizio con Don Pietro Pappagallo, che aveva sette tra fratelli e sorelle.
Entrambi non celarono, nella scuola e nella Chiesa, l'opposizione alle leggi razziali e alla guerra.
Don Pietro era noto per la sua opera umanitaria nei quartieri più poveri di Roma. Fu arrestato con l'accusa di aver nascosto ebrei e soldati. Medaglia d'Oro al Merito Civile, don Pietro ha ricevuto anche l'alto riconoscimento di "Giusto tra le Nazioni".
La sua vicenda ha ispirato il film di Rossellini "Roma città aperta".
Coltivare la memoria è importante. Il pericolo di nuove degenerazioni violente è dietro l'angolo. La pace e la libertà non sono scontate.
Oggi, in un contesto di guerra che riguarda diverse zone del mondo, le Fosse Ardeatine ci ricordano le atrocità che possono verificarsi quando la violenza diventa il mezzo per risolvere ogni tipo di conflitto.
Se da un lato l'umanità ha fatto progressi in termini di diritto internazionale e protezione dei diritti umani, dall'altro, le guerre contemporanee continuano a produrre scenari devastanti.
I conflitti odierni, spesso combattuti su terreni urbani e in contesti complessi, con attacchi indiscriminati su popolazioni civili e l'uso di nuove tecnologie di guerra (droni), sembrano ripercorrere, in modi diversi, le dinamiche di distruzione e sofferenza che segnarono la Seconda Guerra Mondiale.
Le Fosse Ardeatine non sono solo un simbolo del passato, ma anche un monito per il presente e il futuro. Esse ci ricordano che la guerra, in qualsiasi epoca, comporta la violazione dei principi fondamentali di giustizia e umanità.
Ricordare quanto accaduto alle Fosse Ardeatine, è per noi tutti un invito a riflettere sull'importanza della pace, del dialogo e del rispetto reciproco, cercando di evitare quella spirale di violenza che continua a condizionare la vita di moltissime persone.
In particolare, l'attuale guerra in Ucraina, insieme ad altre situazioni di conflitto in Medio Oriente e Africa, ci fa riflettere su come, nonostante l'evoluzione delle tecnologie e delle strategie belliche, la guerra non abbia mai smesso di mietere vittime innocenti.
Le atrocità che vengono commesse in questi conflitti ci pongono di fronte ad un importante interrogativo: siamo veramente in grado di imparare dal passato per evitare di ripetere gli stessi errori?
Dalla città di Don Pietro Pappagallo e del Prof. Gioacchino Gesmundo giunga l'appello a tutte le forze politiche del mondo affinché attraverso la mediazione, la diplomazia, il dialogo, si ponga fine ad ogni guerra in nome della pace e a difesa della dignità di ogni essere umano.
Anche il linguaggio aggressivo rappresenta una forma di violenza che dobbiamo combattere. Le parole possono ferire, creare conflitti, alimentare tensioni e minare i rapporti interpersonali. L'uso di un linguaggio duro o offensivo crea ansia in chi ascolta e impedisce una comunicazione costruttiva. È importante essere consapevoli del potere delle parole e cercare di comunicare in modo rispettoso, anche quando si è in disaccordo.
In molti contesti, come nelle scuole o sul posto di lavoro, l'uso di un linguaggio aggressivo può generare non solo incomprensioni, ma un ambiente tossico, in cui le persone si sentono insicure.
L'Amministrazione comunale sta lavorando attivamente nelle scuole per affrontare temi come il bullismo e altre problematiche legate al confronto sereno, al rispetto reciproco e alla convivenza civile. Sensibilizzare i giovani su questi temi fin dalla giovane età è fondamentale per costruire una società più sana e inclusiva, che guardi ad un mondo di pace.
E soprattutto noi amministratori dobbiamo dare l'esempio! A partire dal linguaggio e dal rispetto delle istituzioni.
La libertà, l'eguaglianza e la giustizia vanno difese e promosse ogni giorno.
C'è una dichiarazione del prof. Gioacchino Gesmundo, che mi piace ricordare in questa commemorazione:
"lo sono un apostolo della libertà, la mia esistenza è votata al suo servizio; sono impegnato a tutto fare, tutto osare, tutto soffrire per essa.
Fossi io perseguitato e odiato per causa sua, dovessi pur morire per essa, che farei di straordinario?
Non altro che il mio dovere assoluto.
Grazie Don Pietro Pappagallo, grazie prof. Gioacchino Gesmundo per il vostro sacrificio. Terlizzi non vi dimentica e attraverso l'esercizio della memoria tiene vive le vostre vite esemplari.
Viva la Libertà!
Viva La Pace!».
Di seguito il discorso del sindaco Michelangelo De Chirico alla cittadinanza al momento della cerimonia.
«Carissimi concittadini e concittadine, autorità civili e militari, forze dell'ordine, alunni, docenti, dirigenti scolastici, rappresentanti e componenti delle associazioni combattentistiche, partigiane e d'arma, familiari del prof. Gioacchino Gesmundo e di Don Pietro Pappagallo, cittadini tutti, grazie per essere qui stamattina ad onorare con la vostra presenza l'Anniversario dell'Eccidio delle Fosse Ardeatine.
Il 24 marzo del 1944, a Roma, si consuma una delle peggiori stragi nazifasciste in Italia, in cui furono trucidati tanti innocenti. Tra loro anche i nostri due concittadini Don Pietro Pappagallo ed il prof. Gioacchino Gesmundo.
Nelle cave di pozzolana, situate nei pressi della via Ardeatina, furono uccisi 335 uomini come rappresaglia per l'azione partigiana di Via Rasella, che il giorno precedente aveva causato la morte di 33 nazisti. Il comando tedesco di Roma decise di attuare una "punizione esemplare", per ogni tedesco morto sarebbero stati uccisi dieci italiani.
Fu stilata la lista di chi doveva essere ammazzato: 335 uomini tra detenuti civili e militari, ebrei e semplici sospetti antifascisti sarebbero morti con un colpo di pistola alla nuca. Completate le esecuzioni fecero saltare con dell'esplosivo gli ingressi delle cave per occultarne all'interno i cadaveri.
I 335 caduti rappresentavano l'insieme della società italiana per credo religioso, condizione sociale e professionale e per scelte politiche.
Gran parte delle vittime era emigrata a Roma da diverse regioni italiane, molti i meridionali, tra questi 19 erano pugliesi, cresciuti con tutte le incertezze legate allo sradicamento dai paesi d'origine, alle difficoltà per la crisi economico/sociale, per le devastazioni dei bombardamenti e la violenta occupazione nazista. La vita di ognuno di loro si caratterizzava per i sacrifici estremi, provenienti da famiglie numerose e in difficoltà.
Questi i martiri pugliesi: i concittadini Don Pietro Pappagallo sacerdote e prof. Gioacchino Gesmundo insegnante di filosofia. Gli avvocati Teodato Albanese di Cerignola e Ugo Baglivo di Alessano.
Il cantante lirico foggiano Nicola Ugo Stame. L'impiegato Umberto Bucci di Lucera, col figlio Bruno, caporalmaggiore dell'Esercito. L'ufficiale della Marina Militare Antonio Pisino di Maglie, il maggiore del Regio Esercito Antonio Ayroldi di Ostuni. Il giovane militare Ferruccio Caputo di Melissano. I fratelli Federico e Mario Càrola di Lecce, ufficiali d'Aviazione e di Fanteria. Giuseppe Lotti e Vincenzo Saccottelli, artigiani di Andria. Gaetano La Vecchia ebanista di Barletta. Manfredi Azzarita, capitano di Cavalleria, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria, figlio di molfettesi.
Di famiglia pugliese era il maggiore dei Carabinieri Ugo De Carolis.
L'Ipsaic (Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea) ha fatto luce anche sulle origini pugliesi di Emanuele Caracciolo, nato a Tripoli da genitori gallipolini trasferiti per lavoro nella colonia libica. Era un regista affermato ed uno dei maggiori esponenti del futurismo di sinistra.
Di famiglia originaria di Trani era inoltre Cosimo Di Micco, militare, nato a Porto Said.
Permettetemi di ricordare brevemente i nostri martiri per tenerne viva la memoria e celebrarne la vita esemplare.
Gioacchino Gesmundo, rimasto orfano assieme a cinque fratelli, dopo il diploma di maestro all'istituto magistrale Bianchi Dottoli a Bari si trasferì a Roma dove ottenne l'incarico di maestro; continuando a studiare si laureò in filosofia e passò a insegnare al liceo.
Ebbe un ruolo attivo nella Resistenza, Medaglia d'Oro al Valore Militare, e ancor prima nell'antifascismo (fu assistente del filosofo Guido De Ruggero, esponente del movimento clandestino Liberal Socialismo, arrestato nella primavera del 1943 assieme a Guido Calogero e Tommaso Fiore).
Gioacchino Gesmundo, a Roma, strinse un intimo sodalizio con Don Pietro Pappagallo, che aveva sette tra fratelli e sorelle.
Entrambi non celarono, nella scuola e nella Chiesa, l'opposizione alle leggi razziali e alla guerra.
Don Pietro era noto per la sua opera umanitaria nei quartieri più poveri di Roma. Fu arrestato con l'accusa di aver nascosto ebrei e soldati. Medaglia d'Oro al Merito Civile, don Pietro ha ricevuto anche l'alto riconoscimento di "Giusto tra le Nazioni".
La sua vicenda ha ispirato il film di Rossellini "Roma città aperta".
Coltivare la memoria è importante. Il pericolo di nuove degenerazioni violente è dietro l'angolo. La pace e la libertà non sono scontate.
Oggi, in un contesto di guerra che riguarda diverse zone del mondo, le Fosse Ardeatine ci ricordano le atrocità che possono verificarsi quando la violenza diventa il mezzo per risolvere ogni tipo di conflitto.
Se da un lato l'umanità ha fatto progressi in termini di diritto internazionale e protezione dei diritti umani, dall'altro, le guerre contemporanee continuano a produrre scenari devastanti.
I conflitti odierni, spesso combattuti su terreni urbani e in contesti complessi, con attacchi indiscriminati su popolazioni civili e l'uso di nuove tecnologie di guerra (droni), sembrano ripercorrere, in modi diversi, le dinamiche di distruzione e sofferenza che segnarono la Seconda Guerra Mondiale.
Le Fosse Ardeatine non sono solo un simbolo del passato, ma anche un monito per il presente e il futuro. Esse ci ricordano che la guerra, in qualsiasi epoca, comporta la violazione dei principi fondamentali di giustizia e umanità.
Ricordare quanto accaduto alle Fosse Ardeatine, è per noi tutti un invito a riflettere sull'importanza della pace, del dialogo e del rispetto reciproco, cercando di evitare quella spirale di violenza che continua a condizionare la vita di moltissime persone.
In particolare, l'attuale guerra in Ucraina, insieme ad altre situazioni di conflitto in Medio Oriente e Africa, ci fa riflettere su come, nonostante l'evoluzione delle tecnologie e delle strategie belliche, la guerra non abbia mai smesso di mietere vittime innocenti.
Le atrocità che vengono commesse in questi conflitti ci pongono di fronte ad un importante interrogativo: siamo veramente in grado di imparare dal passato per evitare di ripetere gli stessi errori?
Dalla città di Don Pietro Pappagallo e del Prof. Gioacchino Gesmundo giunga l'appello a tutte le forze politiche del mondo affinché attraverso la mediazione, la diplomazia, il dialogo, si ponga fine ad ogni guerra in nome della pace e a difesa della dignità di ogni essere umano.
Anche il linguaggio aggressivo rappresenta una forma di violenza che dobbiamo combattere. Le parole possono ferire, creare conflitti, alimentare tensioni e minare i rapporti interpersonali. L'uso di un linguaggio duro o offensivo crea ansia in chi ascolta e impedisce una comunicazione costruttiva. È importante essere consapevoli del potere delle parole e cercare di comunicare in modo rispettoso, anche quando si è in disaccordo.
In molti contesti, come nelle scuole o sul posto di lavoro, l'uso di un linguaggio aggressivo può generare non solo incomprensioni, ma un ambiente tossico, in cui le persone si sentono insicure.
L'Amministrazione comunale sta lavorando attivamente nelle scuole per affrontare temi come il bullismo e altre problematiche legate al confronto sereno, al rispetto reciproco e alla convivenza civile. Sensibilizzare i giovani su questi temi fin dalla giovane età è fondamentale per costruire una società più sana e inclusiva, che guardi ad un mondo di pace.
E soprattutto noi amministratori dobbiamo dare l'esempio! A partire dal linguaggio e dal rispetto delle istituzioni.
La libertà, l'eguaglianza e la giustizia vanno difese e promosse ogni giorno.
C'è una dichiarazione del prof. Gioacchino Gesmundo, che mi piace ricordare in questa commemorazione:
"lo sono un apostolo della libertà, la mia esistenza è votata al suo servizio; sono impegnato a tutto fare, tutto osare, tutto soffrire per essa.
Fossi io perseguitato e odiato per causa sua, dovessi pur morire per essa, che farei di straordinario?
Non altro che il mio dovere assoluto.
Grazie Don Pietro Pappagallo, grazie prof. Gioacchino Gesmundo per il vostro sacrificio. Terlizzi non vi dimentica e attraverso l'esercizio della memoria tiene vive le vostre vite esemplari.
Viva la Libertà!
Viva La Pace!».