Addio a Piero Angela, icona senza tempo del garbo in tv
Maestro e pioniere della divulgazione scientifica sul piccolo schermo, lascia un'eredità morale e culturale da preservare
Terlizzi - sabato 13 agosto 2022
13.46
Addio a Piero Angela. Un addio a cui noi italiani non eravamo preparati, nonostante i suoi 93 anni ed una malattia.
Addio arrivato dal suo degno erede, il figlio Alberto, anch'egli icona di un modo di fare divulgazione scientifica quasi senza pari, che ha scritto nelle scorse ore «Buon viaggio papà».
Lo leggerete ovunque, su testate ben più blasonate della nostra: Piero Angela è pietra miliare della divulgazione scientifica. È, al presente, perché oggi, ed anche domani, al suo "Quark" del 1981 guarderanno in molti, cercando di imitare ciò che imitabile non è.
Nato a Torino nel 1928, aveva un padre psichiatra, nominato tra i Giusti tra le Nazioni in Israele per il suo spiccato antifascismo, ed aveva sposato Margherita Pastore, da cui aveva avuto Christine ed Alberto, anch'egli, suo malgrado, eredità lasciata al Paese intero da parte di un uomo dal garbo d'altri tempi.
Ed è quel garbo a dare forse più di ogni altro aspetto la cifra umana di Piero Angela.
Un garbo non snob, non elitario, come capita sovente ad accademici imbolsiti e uomini e donne della nostra presunta cultura, ma garbo che entrava in punta di piedi nelle case degli italiani e, in qualche misura, ne accresceva le conoscenze. Un modo di fare televisione che presto divenne grande fenomeno di massa di inconsapevole alfabetizzazione, anche su temi di difficile comprensione per chi aveva studiato.
A Piero Angela dovremo tutti questo aspetto della sua lunghissima carriera di giornalista e divulgatore, iniziata nel 1952 nella Rai che muoveva i suoi primi passi.
Bari e la nostra Terra gli avevano riconosciuto una laurea honoris causa nel 2004 ed il Sigillo d'Oro nel 2018, quando tenne una lezione al Campus di Veterinaria a Valenzano, durante cui magistralmente raccontò agli studenti lo stretto legame tra tutti gli esseri viventi della Terra.
Se ne va un pezzo di cultura, di giornalismo e di televisione del nostro Paese, che non potrà essere rimpiazzato, ma solo ammirato. Diverrà, ci auguriamo, fonte di ispirazione non solo per stile e modi, ma anche per i risultati raccolti in 70 anni di professione.
Addio a quell'uomo garbato che ci ha insegnato tanto. Addio alla sostanza delle sue nozioni ed alla forma nel proporcele. Addio al gigante della divulgazione culturale e scientifica in Italia, oggi certamente più povera.
Addio arrivato dal suo degno erede, il figlio Alberto, anch'egli icona di un modo di fare divulgazione scientifica quasi senza pari, che ha scritto nelle scorse ore «Buon viaggio papà».
Lo leggerete ovunque, su testate ben più blasonate della nostra: Piero Angela è pietra miliare della divulgazione scientifica. È, al presente, perché oggi, ed anche domani, al suo "Quark" del 1981 guarderanno in molti, cercando di imitare ciò che imitabile non è.
Nato a Torino nel 1928, aveva un padre psichiatra, nominato tra i Giusti tra le Nazioni in Israele per il suo spiccato antifascismo, ed aveva sposato Margherita Pastore, da cui aveva avuto Christine ed Alberto, anch'egli, suo malgrado, eredità lasciata al Paese intero da parte di un uomo dal garbo d'altri tempi.
Ed è quel garbo a dare forse più di ogni altro aspetto la cifra umana di Piero Angela.
Un garbo non snob, non elitario, come capita sovente ad accademici imbolsiti e uomini e donne della nostra presunta cultura, ma garbo che entrava in punta di piedi nelle case degli italiani e, in qualche misura, ne accresceva le conoscenze. Un modo di fare televisione che presto divenne grande fenomeno di massa di inconsapevole alfabetizzazione, anche su temi di difficile comprensione per chi aveva studiato.
A Piero Angela dovremo tutti questo aspetto della sua lunghissima carriera di giornalista e divulgatore, iniziata nel 1952 nella Rai che muoveva i suoi primi passi.
Bari e la nostra Terra gli avevano riconosciuto una laurea honoris causa nel 2004 ed il Sigillo d'Oro nel 2018, quando tenne una lezione al Campus di Veterinaria a Valenzano, durante cui magistralmente raccontò agli studenti lo stretto legame tra tutti gli esseri viventi della Terra.
Se ne va un pezzo di cultura, di giornalismo e di televisione del nostro Paese, che non potrà essere rimpiazzato, ma solo ammirato. Diverrà, ci auguriamo, fonte di ispirazione non solo per stile e modi, ma anche per i risultati raccolti in 70 anni di professione.
Addio a quell'uomo garbato che ci ha insegnato tanto. Addio alla sostanza delle sue nozioni ed alla forma nel proporcele. Addio al gigante della divulgazione culturale e scientifica in Italia, oggi certamente più povera.