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Azione Cattolica diocesana: «NO all'autonomia differenziata»

La nota integrale della presidenza

L'Azione Cattolica diocesana ribadisce le sue perplessità sulla legge detta dell'autonomia differenziata e lo fa attraverso una lunga nota a cura della presidenza. Di seguito il testo completo:

«Come ben sappiamo, il 19 giugno 2024 è diventata legge la riforma Calderoli, in tema di rapporto Stato-Regioni, nota come autonomia differenziata. La legge sull'autonomia differenziata solleva complesse questioni di equità e solidarietà nazionale. La discussione è vivace, poiché coinvolge temi cruciali per l'assetto politico e sociale dell'Italia.
Dalla Conferenza Episcopale Italiana, prima ancora che la riforma divenisse legge, è giunto un preoccupato allarme nella nota approvata dal Consiglio Episcopale Permanente il 22 maggio 2024 nel corso dei lavori della 79ª Assemblea Generale. I vescovi italiani sono preoccupati che si possano accentuare gli squilibri già esistenti tra i territori del nostro Paese e sono convinti che «il Paese non crescerà se non insieme». Il loro messaggio sembra sottolineare l'importanza di uno sviluppo armonioso e inclusivo che coinvolga tutte le regioni italiane, dal Nord al Sud. Per i vescovi, la crescita del Paese non può avvenire se non in un contesto di solidarietà e di cooperazione tra le diverse aree geografiche, promuovendo una visione di crescita collettiva piuttosto che individualistica.

Anche L'Azione Cattolica diocesana prende una posizione critica nei confronti della riforma Calderoli sull'autonomia differenziata, esprimendo preoccupazione per le potenziali conseguenze negative che la legge potrebbe avere sull'unità nazionale e sulla distribuzione equa dei servizi pubblici, condividendo appieno il pensiero dei Vescovi. In particolare le nostre preoccupazioni sulla legge dell'autonomia differenziata sono legate alla possibilità che essa possa minare i principi di solidarietà nazionale e unità del Paese, accentuando le disuguaglianze tra le diverse regioni.

La riforma, infatti, prevede una significativa redistribuzione dei poteri tra Stato centrale e Regioni e mira a trasferire alle Regioni la competenza esclusiva su ben 20 materie attualmente di legislazione concorrente. Questi ambiti comprendono settori cruciali come i rapporti internazionali, la protezione civile, l'energia, la sanità, l'istruzione, la ricerca scientifica, l'ambiente, i servizi alla persona e l'attenzione alla coesione territoriale e alla vicinanza alle aree più svantaggiate, oltre a temi economici come le casse di risparmio e gli aeroporti. Non solo: la riforma può decentrarsi anche su materie di esclusiva competenza statale, quali l'organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull'istruzione e la tutela dell'ambiente e dei beni culturali. L'obiettivo è un trasferimento di responsabilità e risorse dallo Stato verso le Regioni che ne faranno richiesta, segnando così un'importante ridefinizione dell'assetto istituzionale e delle competenze territoriali in Italia e una diversa allocazione delle risorse pubbliche.

In linea con questa visione, l'Azione Cattolica diocesana, promuovendo la partecipazione attiva alla vita pubblica, incoraggia e suggerisce un'adesione al referendum abrogativo come espressione di responsabilità civile, sostenendo che la frammentazione del sistema pubblico potrebbe mettere in difficoltà settori chiave come la sanità e l'istruzione, che necessitano di standard uniformi a livello nazionale e che le regioni si trasformino in tanti staterelli che andrebbero a ledere l'unità della nostra bella Italia. Certamente molti avranno già aderito firmando nei vari comitati sorti nelle nostre città, ma contiamo di mobilitare coloro che distratti dall'estate non hanno ancora compreso le conseguenze di questa legge. Il principio del "bene comune" implica che le istituzioni devono lavorare per il benessere di tutti, mentre l'autonomia differenziata rischia di danneggiare fasce della popolazione debole, che potrebbero essere lasciate indietro, se lo Stato centrale rinuncia a parte delle sue competenze in favore delle regioni più forti. In questo senso, la partecipazione al referendum deve essere vista da tutti noi come un atto di difesa dei principi di unità, uguaglianza, solidarietà, giustizia e carità».
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