Cronaca
Don Gino Martella, scene di un addio
Il racconto dei funerali del vescovo di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo
Terlizzi - mercoledì 8 luglio 2015
18.37
L'afa di luglio si mescola con il silenzio, lungo corso Dante a Molfetta. Strade chiuse, file di sedie vuote allestite di fronte a un maxischermo, poche persone riparate all'ombra della Cattedrale. Sul muro, accanto all'ingresso principale, un lenzuolo di carta fatto di manifesti funebri.
Fuori c'è un silenzio surreale, il silenzio del lutto, il silenzio di un'intera diocesi che dà l'addio alla sua guida, don Gino Martella, il vescovo di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo.
Dentro la chiesa, il rituale dell'estremo saluto: la bara di legno chiaro, semplice, scortata solo dai fiori, da un cero e da una croce. E poi la folla di fedeli che riempie ogni spazio; i ventagli che muovono l'aria; i display dei cellulare che rubano istanti. Le fasce tricolore dei sindaci seduti in prima fila, il neo presidente della Regione Michele Emiliano arrivato a bordo di una grossa auto blu, le alte uniformi militari. Sull'altare, le vesti viola dei sacerdoti attorno all'arcivescovo Mons. Francesco Cacucci che celebra la figura di "padre" di Don Gino.
Fuori, il silenzio è rotto all'improvviso dai canti corali che provengono dall'interno della chiesa. Poi un altro coro, questa volta di applausi. E ancora, un altro canto, quello dei motopescherecci in porto, a pochi metri da lì, che danno l'addio a don Gino.
La messa è finita. La bara di don Gino è sulle spalle dei sacerdoti. Spunta fuori, nell'afa di luglio e spezza il silenzio. Le mani dei fedeli si allungano, toccano il legno, schioccano ultimi baci di riverenza. Il borgo antico allagato di gente.
Depressa, la piccola città salentina dove il vescovo è nato, lo aspetta. Questo è l'ultimo viaggio di don Gino Martella.
(foto di Mariella Spadavecchia)
Fuori c'è un silenzio surreale, il silenzio del lutto, il silenzio di un'intera diocesi che dà l'addio alla sua guida, don Gino Martella, il vescovo di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo.
Dentro la chiesa, il rituale dell'estremo saluto: la bara di legno chiaro, semplice, scortata solo dai fiori, da un cero e da una croce. E poi la folla di fedeli che riempie ogni spazio; i ventagli che muovono l'aria; i display dei cellulare che rubano istanti. Le fasce tricolore dei sindaci seduti in prima fila, il neo presidente della Regione Michele Emiliano arrivato a bordo di una grossa auto blu, le alte uniformi militari. Sull'altare, le vesti viola dei sacerdoti attorno all'arcivescovo Mons. Francesco Cacucci che celebra la figura di "padre" di Don Gino.
Fuori, il silenzio è rotto all'improvviso dai canti corali che provengono dall'interno della chiesa. Poi un altro coro, questa volta di applausi. E ancora, un altro canto, quello dei motopescherecci in porto, a pochi metri da lì, che danno l'addio a don Gino.
La messa è finita. La bara di don Gino è sulle spalle dei sacerdoti. Spunta fuori, nell'afa di luglio e spezza il silenzio. Le mani dei fedeli si allungano, toccano il legno, schioccano ultimi baci di riverenza. Il borgo antico allagato di gente.
Depressa, la piccola città salentina dove il vescovo è nato, lo aspetta. Questo è l'ultimo viaggio di don Gino Martella.
(foto di Mariella Spadavecchia)