Attualità
Ex muratore, disoccupato, padre di due bambine: ecco chi è l'uomo della pallottola al sindaco
Disperato per uno sfratto esecutivo, aveva fatto cenno anche alla sua parentela con i Baldassarre
Terlizzi - giovedì 20 aprile 2017
7.42
Terlizzese, incensurato, sposato e papà di due bambine, disperato per lo sfratto esecutivo e per una lettera del tribunale di Trani che gli preannunciava l'obbligo di lasciare la casa. È il profilo del giovane trentenne individuato dai carabinieri della compagnia di Molfetta come l'autore delle minacce al sindaco Ninni Gemmato. Il 6 marzo avrebbe fotocopiato una pallottola di piccolo calibro e l'avrebbe messa sotto la porta dell'ufficio del sindaco. Il giorno dopo sarebbe tornato al terzo piano della sede di via Italo Balbo per mettere quella pallottola direttamente sulla porta, appiccicata con del nastro adesivo.
Il giovane nega di essere il responsabile degli atti intimidatori, ma le telecamere lo hanno ripreso più volte. I carabinieri non hanno dubbi. È lui il responsabile e ora non potrà avvicinarsi a meno di 500 metri dal sindaco e dal consigliere comunale Pierre Parisi.
È incensurato, qualche volta i carabinieri lo hanno fermato, ma il ragazzo non ha mai commesso reati. La pallottola, spiegano dalla compagnia di Molfetta, è roba vecchia, l'avrà trovata da qualche parte, ma non si tratta di una munizione che poteva davvero usare. Il giovane non è stato trovato in possesso di un'arma.
Ex muratore, disoccupato, l'uomo era già da tempo seguito dai servizi sociali. Il ragazzo aveva già fatto parte di un progetto civico come custode, impiego che gli assicurava un contributo minimo di 160 euro al mese. Da qualche tempo, però, aveva ricevuto uno sfratto esecutivo e non sapeva più dove andare con la sua famiglia. Senza stipendio, senza garanzie da poter offrire, anche a Terlizzi diventa difficile trovare un'altra casa. Per questo aveva cominciato a chiedere - o meglio, a pretendere - una corsia preferenziale per una casa comunale. Si lamentava del fatto che altre persone in difficoltà come lui avessero ricevuto un'abitazione popolare. Negli ultimi tempi si recava spesso al terzo piano di via Italo Balbo (sede del Comune), talvolta anche accompagnato dalla moglie, per provare a convincere il sindaco a dargli un tetto per le sue due bambine piccole. Inviava sms di continuo a Pierre Parisi, gli scriveva su Facebook e su Whatsapp.
Il Comune, per la verità, aveva preso a cuore la sua vicenda. Gli aveva trovato una casa famiglia a Molfetta, ma il giovane voleva che le figlie continuassero la scuola a Terlizzi. Non riusciva a trovare una casa in affitto, però: senza lavoro, senza garanzie, è difficile ottenere un contratto di locazione. Il Comune si era proposto persino di offrire delle garanzie. Ma non c'è stato nulla da fare, il giovane riteneva di non essere assistito a sufficienza e a cominciato a minacciare. "Vengo qui e metto fuoco a tutto", aveva detto in un'occasione. Un'altra volta aveva fatto notare come sua suocera fosse compagna a un componente della famiglia Baldassarre.
Persino nel periodo successivo alle minacce, gli uffici comunali lo avevano incoraggiato ad avviare le pratiche per un sussidio straordinario e aderire a un bando regionale che finanzia le morosità incolpevoli.
I carabinieri di Molfetta guidati dal capitano Vito Ingrosso sono arrivati a lui grazie alle immagini della videosorveglianza installate all'interno della sede comunale. L'acquisizione degli sms, le testimonianze dei più stretti collaboratori del sindaco, hanno consentito di identificarlo. Tre settimane fa, nel corso di una perquisizione nella sua abitazione, i carabinieri avevano sequestrato il giubbotto del ragazzo per un'analisi comparativa.
Il giovane nega di essere il responsabile degli atti intimidatori, ma le telecamere lo hanno ripreso più volte. I carabinieri non hanno dubbi. È lui il responsabile e ora non potrà avvicinarsi a meno di 500 metri dal sindaco e dal consigliere comunale Pierre Parisi.
È incensurato, qualche volta i carabinieri lo hanno fermato, ma il ragazzo non ha mai commesso reati. La pallottola, spiegano dalla compagnia di Molfetta, è roba vecchia, l'avrà trovata da qualche parte, ma non si tratta di una munizione che poteva davvero usare. Il giovane non è stato trovato in possesso di un'arma.
Ex muratore, disoccupato, l'uomo era già da tempo seguito dai servizi sociali. Il ragazzo aveva già fatto parte di un progetto civico come custode, impiego che gli assicurava un contributo minimo di 160 euro al mese. Da qualche tempo, però, aveva ricevuto uno sfratto esecutivo e non sapeva più dove andare con la sua famiglia. Senza stipendio, senza garanzie da poter offrire, anche a Terlizzi diventa difficile trovare un'altra casa. Per questo aveva cominciato a chiedere - o meglio, a pretendere - una corsia preferenziale per una casa comunale. Si lamentava del fatto che altre persone in difficoltà come lui avessero ricevuto un'abitazione popolare. Negli ultimi tempi si recava spesso al terzo piano di via Italo Balbo (sede del Comune), talvolta anche accompagnato dalla moglie, per provare a convincere il sindaco a dargli un tetto per le sue due bambine piccole. Inviava sms di continuo a Pierre Parisi, gli scriveva su Facebook e su Whatsapp.
Il Comune, per la verità, aveva preso a cuore la sua vicenda. Gli aveva trovato una casa famiglia a Molfetta, ma il giovane voleva che le figlie continuassero la scuola a Terlizzi. Non riusciva a trovare una casa in affitto, però: senza lavoro, senza garanzie, è difficile ottenere un contratto di locazione. Il Comune si era proposto persino di offrire delle garanzie. Ma non c'è stato nulla da fare, il giovane riteneva di non essere assistito a sufficienza e a cominciato a minacciare. "Vengo qui e metto fuoco a tutto", aveva detto in un'occasione. Un'altra volta aveva fatto notare come sua suocera fosse compagna a un componente della famiglia Baldassarre.
Persino nel periodo successivo alle minacce, gli uffici comunali lo avevano incoraggiato ad avviare le pratiche per un sussidio straordinario e aderire a un bando regionale che finanzia le morosità incolpevoli.
I carabinieri di Molfetta guidati dal capitano Vito Ingrosso sono arrivati a lui grazie alle immagini della videosorveglianza installate all'interno della sede comunale. L'acquisizione degli sms, le testimonianze dei più stretti collaboratori del sindaco, hanno consentito di identificarlo. Tre settimane fa, nel corso di una perquisizione nella sua abitazione, i carabinieri avevano sequestrato il giubbotto del ragazzo per un'analisi comparativa.