Politica
Galliani: «Impianto biogas inammissibile in quell'area di Terlizzi»
Una lunga nota inviata a diversi Enti chiarisce le ragioni della sua contrarietà all'installazione di Sorgenia
Terlizzi - martedì 23 marzo 2021
La possibile creazione di un impianto a biomasse voluto da Sorgenia spa nell'agro di Terlizzi è stato già oggetto unico di due Consigli comunali, in cui sono state ascoltate anche le rappresentanze di associazioni ambientaliste, sindacati e le voci delle opposizioni cittadine.
Sulla questione, sin dalle prime battute, era stata registrata la netta contrarietà della Consigliera comunale Mariangela Galliani, non più in maggioranza da qualche tempo. In una corposa nota datata 21 marzo inviata a vari Enti, Galliani spiega bene il suo punto di vista supportandolo con alcuni cenni storici sul luogo, a pochi passi dalla provinciale Ruvo-Mariotto, dove l'impianto a biogas dovrebbe sorgere: «Si è avuto modo di segnalare con precedente corrispondenza - scrive - come il sito individuato quale sede per l'impianto produttivo in argomento ricada in zona a destinazione agricola E2 – di interesse archeologico, ai sensi dell'art. 2.20 ter del vigente P.R.G. ed è già stata richiamata attenzione sulla diffusa permanenza di un patrimonio storico di dimore di villeggiatura che si addensano in particolare intorno alle direttrici dell'Appia-Traiana e dei due assi viari che collegano Terlizzi a Mariotto e Ruvo di Puglia a Palombaio».
UN LUOGO DI RILEVANZA STORICA
Mariangela Galliani, un un altro passaggi della nota ricorda perché quei luoghi, sulla "Strada Comunale Monte Serino", non sono idonei ad ospitare la produzione di gas naturale liquefatto di origine biologica (bioGNL): «A cavallo tra il settecento e il novecento - scrive -, una ventata di fortuna economica coinvolse una parte della borghesia locale, affiancandola per ricchezza alla nobiltà e sfumandone le distinzioni. In molti poterono acquistare un pezzo di terra, contribuendo a cambiare un contesto in cui il paesaggio agrario si componeva prevalentemente dei sistemi delle unità poderali, delle acque, delle reti viarie minori, dei piccoli edifici religiosi.
Il sistema dell'appoderamento, in particolare si caratterizzò per l'integrazione tra il costruito e l'intorno agricolo: il territorio, ampio, curato e lavorato, si arricchì dei manufatti edilizi che, ancora oggi, lo presidiano e ne mutano le prospettive possibili. A moltiplicare i punti di vista sugli orizzonti piatti della pianura, concorsero anche gli alberi che, staccandosi dal suolo si ergono a segnalare, a chi osservi da lontano, un ambito ben preciso.
Nel comune di Terlizzi - insiste Galliani -, la stessa morfologia del territorio, stretto com'era tra quelli più vasti di Bitonto e di Ruvo, aveva impedito la formazione di veri e propri latifondi. La frammentazione dei suoli e la ridotta distanza tra il centro abitato, il mercato, i luoghi di reperimento della forza lavoro e i luoghi di produzione agricola furono tali da non richiedere la costruzione nelle campagne di grandi magazzini di deposito per il prodotto o di spazi destinati ad ospitare gli operai nei periodi di maggiore attività. Per queste ragioni, da noi, l'edilizia rurale risultò diversa che altrove, più modesta ma numerosa: niente masserie rade e colture estensive, ma vere e proprie dimore extra-urbane, casini e ville rustiche, ravvicinate e raggiungibili agevolmente anche a piedi, destinate alla cura dei fondi e alla produzione, ma anche alla villeggiatura. Spesso sorsero nei pressi di una cappella officiata, frequentata nei giorni festivi dal vicinato.
Erano costruite esclusivamente con materiale locale: carparo o pietra calcarea, circondate da un giardino e un frutteto. L'agrumeto era circondato da un recinto murario per proteggerlo dalla tramontana, mentre l'accesso lungo la strada era spesso custodito da piloni in pietra, sormontati da globi, pigne, vasi traboccanti di frutta e leoni scolpiti. A fianco una coppia di alberi ornamentali ad alto fusto, spiccando tra gli altri, segnalavano l'arrivo.
Accanto alle dimore più importanti, l'intero agro è costellato di manufatti edilizi minori destinati alla residenza temporanea: sono le torri e i pagliai di pietra, sfiorati dalle linee bianche dei muretti a secco».
LA POSIZIONE DELLA CONSIGLIERA
E così Mariangela Galliani richiama un obbligo «morale» di salvaguardia di quei luoghi, volontà che a suo avviso richiamerebbe quella popolare, espressa anche per vie informali dalla gente di Terlizzi. Quell'opera non s'ha da fare anche per un motivo normativa semplice che l'esponente eletta nel centrodestra rimarca in un altro passaggio: «Il Piano Regolatore Generale Vigente individua trentaquattro siti di interesse storico e cinquantasette siti di interesse culturale, ambientale e storico. Ben nove delle tredici residenze storiche extraurbane segnalate sorgono nella parte dell'agro comunale interessata la previsione in esame. Dando per acquisito il rilievo della rete delle cisterne comunali, dei pozzi e delle fontane, si richiama la prossimità fisica e di relazione dell'antico insediamento religioso di Cesano con il "monumento" via Appia-Traiana e con le aree di contesto».
A tutto ciò andrebbe a sommarsi il Piano Comunale dei Tratturi, approvato con delibera del Consiglio comunale n.24 del 2008, che di fatto sottrae quell'area agricola a qualsiasi installazione, poiché divenuto col tempo un vero e proprio strumento di pianificazione territoriale.
La conclusione di Mariangela Galliani è quindi perentoria: «Per tali ragioni - si legge ancora nella nota - all'interno degli UCP, relativamente alle Testimonianze della Stratificazione Insediativa e alle Area di rispetto delle componenti culturali e insediative, individuati dal P.P.T.R. gli interventi relativi alla produzione di biogas non sono considerati ammissibili.
Il progetto in esame sottoposto al procedimento di autorizzazione unica in riferimento si sviluppa su una estensione di terreno di circa 46.000 metri quadrati! 16000 in più rispetto a quelli considerati come limite critico dalle line guida del piano paesaggistico regionale.
46.000 metri quadrati all'interno di una zona agricola completamente priva di infrastrutturazioni, distantissima dalla grande piattaforma industriale più vicina e distante dalla zona industriale comunale e particolarmente vulnerabile per interesse archeologico diretto (sancito dalla disciplina generale vigente), per le relazioni con il tratturello della via Appia-Traiana e dei beni di contesto e per la presenza di un patrimonio rurale diffuso che ha meritato il riconoscimento alla tutela e alla salvaguardia della sua Comunità», è la sua chiusa.
In allegato al nostro articolo una mappatura dei casini degni di tutela ubicati nella zona rurale in cui l'impianto dovrebbe nascere.
Sulla questione, sin dalle prime battute, era stata registrata la netta contrarietà della Consigliera comunale Mariangela Galliani, non più in maggioranza da qualche tempo. In una corposa nota datata 21 marzo inviata a vari Enti, Galliani spiega bene il suo punto di vista supportandolo con alcuni cenni storici sul luogo, a pochi passi dalla provinciale Ruvo-Mariotto, dove l'impianto a biogas dovrebbe sorgere: «Si è avuto modo di segnalare con precedente corrispondenza - scrive - come il sito individuato quale sede per l'impianto produttivo in argomento ricada in zona a destinazione agricola E2 – di interesse archeologico, ai sensi dell'art. 2.20 ter del vigente P.R.G. ed è già stata richiamata attenzione sulla diffusa permanenza di un patrimonio storico di dimore di villeggiatura che si addensano in particolare intorno alle direttrici dell'Appia-Traiana e dei due assi viari che collegano Terlizzi a Mariotto e Ruvo di Puglia a Palombaio».
UN LUOGO DI RILEVANZA STORICA
Mariangela Galliani, un un altro passaggi della nota ricorda perché quei luoghi, sulla "Strada Comunale Monte Serino", non sono idonei ad ospitare la produzione di gas naturale liquefatto di origine biologica (bioGNL): «A cavallo tra il settecento e il novecento - scrive -, una ventata di fortuna economica coinvolse una parte della borghesia locale, affiancandola per ricchezza alla nobiltà e sfumandone le distinzioni. In molti poterono acquistare un pezzo di terra, contribuendo a cambiare un contesto in cui il paesaggio agrario si componeva prevalentemente dei sistemi delle unità poderali, delle acque, delle reti viarie minori, dei piccoli edifici religiosi.
Il sistema dell'appoderamento, in particolare si caratterizzò per l'integrazione tra il costruito e l'intorno agricolo: il territorio, ampio, curato e lavorato, si arricchì dei manufatti edilizi che, ancora oggi, lo presidiano e ne mutano le prospettive possibili. A moltiplicare i punti di vista sugli orizzonti piatti della pianura, concorsero anche gli alberi che, staccandosi dal suolo si ergono a segnalare, a chi osservi da lontano, un ambito ben preciso.
Nel comune di Terlizzi - insiste Galliani -, la stessa morfologia del territorio, stretto com'era tra quelli più vasti di Bitonto e di Ruvo, aveva impedito la formazione di veri e propri latifondi. La frammentazione dei suoli e la ridotta distanza tra il centro abitato, il mercato, i luoghi di reperimento della forza lavoro e i luoghi di produzione agricola furono tali da non richiedere la costruzione nelle campagne di grandi magazzini di deposito per il prodotto o di spazi destinati ad ospitare gli operai nei periodi di maggiore attività. Per queste ragioni, da noi, l'edilizia rurale risultò diversa che altrove, più modesta ma numerosa: niente masserie rade e colture estensive, ma vere e proprie dimore extra-urbane, casini e ville rustiche, ravvicinate e raggiungibili agevolmente anche a piedi, destinate alla cura dei fondi e alla produzione, ma anche alla villeggiatura. Spesso sorsero nei pressi di una cappella officiata, frequentata nei giorni festivi dal vicinato.
Erano costruite esclusivamente con materiale locale: carparo o pietra calcarea, circondate da un giardino e un frutteto. L'agrumeto era circondato da un recinto murario per proteggerlo dalla tramontana, mentre l'accesso lungo la strada era spesso custodito da piloni in pietra, sormontati da globi, pigne, vasi traboccanti di frutta e leoni scolpiti. A fianco una coppia di alberi ornamentali ad alto fusto, spiccando tra gli altri, segnalavano l'arrivo.
Accanto alle dimore più importanti, l'intero agro è costellato di manufatti edilizi minori destinati alla residenza temporanea: sono le torri e i pagliai di pietra, sfiorati dalle linee bianche dei muretti a secco».
LA POSIZIONE DELLA CONSIGLIERA
E così Mariangela Galliani richiama un obbligo «morale» di salvaguardia di quei luoghi, volontà che a suo avviso richiamerebbe quella popolare, espressa anche per vie informali dalla gente di Terlizzi. Quell'opera non s'ha da fare anche per un motivo normativa semplice che l'esponente eletta nel centrodestra rimarca in un altro passaggio: «Il Piano Regolatore Generale Vigente individua trentaquattro siti di interesse storico e cinquantasette siti di interesse culturale, ambientale e storico. Ben nove delle tredici residenze storiche extraurbane segnalate sorgono nella parte dell'agro comunale interessata la previsione in esame. Dando per acquisito il rilievo della rete delle cisterne comunali, dei pozzi e delle fontane, si richiama la prossimità fisica e di relazione dell'antico insediamento religioso di Cesano con il "monumento" via Appia-Traiana e con le aree di contesto».
A tutto ciò andrebbe a sommarsi il Piano Comunale dei Tratturi, approvato con delibera del Consiglio comunale n.24 del 2008, che di fatto sottrae quell'area agricola a qualsiasi installazione, poiché divenuto col tempo un vero e proprio strumento di pianificazione territoriale.
La conclusione di Mariangela Galliani è quindi perentoria: «Per tali ragioni - si legge ancora nella nota - all'interno degli UCP, relativamente alle Testimonianze della Stratificazione Insediativa e alle Area di rispetto delle componenti culturali e insediative, individuati dal P.P.T.R. gli interventi relativi alla produzione di biogas non sono considerati ammissibili.
Il progetto in esame sottoposto al procedimento di autorizzazione unica in riferimento si sviluppa su una estensione di terreno di circa 46.000 metri quadrati! 16000 in più rispetto a quelli considerati come limite critico dalle line guida del piano paesaggistico regionale.
46.000 metri quadrati all'interno di una zona agricola completamente priva di infrastrutturazioni, distantissima dalla grande piattaforma industriale più vicina e distante dalla zona industriale comunale e particolarmente vulnerabile per interesse archeologico diretto (sancito dalla disciplina generale vigente), per le relazioni con il tratturello della via Appia-Traiana e dei beni di contesto e per la presenza di un patrimonio rurale diffuso che ha meritato il riconoscimento alla tutela e alla salvaguardia della sua Comunità», è la sua chiusa.
In allegato al nostro articolo una mappatura dei casini degni di tutela ubicati nella zona rurale in cui l'impianto dovrebbe nascere.