Il lavoro che ci fa vivere. <span>Foto Paolo Alberto Malerba</span>
Il lavoro che ci fa vivere. Foto Paolo Alberto Malerba
Attualità

“Il lavoro che ci fa vivere”: il resoconto del secondo appuntamento

L’incontro si è tenuto all’interno della Sala Teatro G. Albanese

"Costruire ponti: lavoro e dignità per i lavoratori immigrati", questo il tema trattato nell'incontro di lunedì 27 gennaio 2025 all'interno della Sala Teatro G. Albanese (Santa Maria della Stella) attraverso appassionati e densi interventi di relatori di spessore: l'Assessora alla coesione sociale e cultura Daniela Zappatore, Sara Paganelli, Psicologa, socia della Fidapa della Sezione di Corato e Referente della Task Force Diritti Umani del Distretto Sud-Est, la dott.ssa Simona Tamborra, responsabile progetto Scuola di Italiano per immigrate presso la parrocchia San Gioacchino. Tutte in prima linea nell'accoglienza, nella cura delle relazioni e della persona per un'azione concreta di integrazione dei migranti, uomini, in particolare lavoratori stagionali, donne e bambini, ormai in numero cospicuo nel nostro territorio. A moderare l'incontro Lucia Vendola presidente FIDAPA sezione di Terlizzi.

«Il lavoro è un segno che qualifica la persona, anzi ne costituisce il carattere identitario peculiare. È il luogo dove la dignità umana emerge o meglio dovrebbe emergere - sottolinea don Nino Prisciandaro nel suo indirizzo di saluti e aggiunge - viviamo una crisi valoriale che si esplica nel mancato rispetto nei confronti degli extracomunitari, per i quali si richiedono interventi urgenti, infrastrutture, servizi, case accessibili per un futuro sostenibile».
Queste le difficoltà che l'Amministrazione Comunale ha dovuto affrontare in questi anni di mandato amministrativo, mettendo a punto un articolato Piano di Accoglienza descritto con minuzia documentaria e rigore storico dall'Assessora Daniela Zappatore. «Molteplici le difficoltà, in primis di carattere finanziario, che l'Amministrazione ha dovuto gestire per offrire un'accoglienza che restituisse dignità ai lavoratori immigrati, garantendo loro servizi fondamentali a supporto della persona. Il progetto - afferma l'assessora- si è concretizzato grazie alla collaborazione sinergica con altre realtà locali, come Casa Betania e la Cooperativa Zorba, e questo è il valore aggiunto di questa azione». Ed ancora, le piace sottolineare verso la conclusione del suo intervento che «stando accanto a questi ragazzi si sperimenta una ricchezza bellissima resa efficacemente dalla nota espressione di don Tonino, la convivialità delle differenze».

La parola passa alla psicologa Sara Paganelli che si pregia di ben tre anni di esperienza nel campo dell'immigrazione, fornendo sostegno psicologico a donne e bambini all'interno di un Progetto S.A.I. (Sistema Accoglienza e Integrazione). La dott.ssa evidenzia che la priorità, in un processo di integrazione, è garantire in particolare alle donne immigranti il diritto a riconnettersi con la propria cultura d'appartenenza in un'ottica di reale scambio interculturale. Precisa che tale finalità si può perseguire promuovendo una formazione diffusa sull'alterità e sulla multiculturalità, fondamentale affinchè si instauri un vero dialogo tra culture diverse. E, con accorato convincimento, raccomanda: «Non possiamo parlare di integrazione se non superiamo questo limite: è la cultura che ci libera, -e ancora- accoglienza è mettersi nei panni dell'altro, è farsi carico della sofferenza reale dell'altro perchè gradualmente si crei la relazione, lo scambio».

Insomma un intervento appassionato ed incisivo che introduce e valorizza l'impegno virtuoso espresso dal Team della parrocchia della Stella, sapientemente guidato dalla dott.ssa Simona Tamborra, responsabile della Scuola di Italiano per donne immigrate di origine magrebina avviato già nello scorso anno negli ambienti parrocchiali. Il pregio dell'iniziativa, dichiara la relatrice è stato proprio quello di includere donne invisibili: la mancata conoscenza della lingua italiana le induceva a negarsi ad ogni forma di relazione con la comunità cittadina. Il processo di integrazione è partito proprio offrendo un servizio di doposcuola ai loro bambin* e favorendo un clima di prossimità e di fiducia. Un dialogo e uno scambio che afferma la dott.ssa Tamborra «è stato costruito giorno dopo giorno nel pieno rispetto della loro cultura. Tale apertura ha consentito di intercettare i loro bisogni di carattere prevalentemente medico-sanitario e dunque di accesso alle cure mediche, vero nodo cruciale del processo di integrazione. Ne rinviene la necessità di modelli di accoglienza ed integrazione dedicati alle donne immigrate proprio per la loro vulnerabilità e fragilità».

A conclusione della serata la preziosa testimonianza di Addar Zakaria, un giovane di 26 anni di origine marocchina che in un chiaro italiano ha raccontato il suo doloroso percorso di integrazione, simbolicamente reso dal passaggio dall'umido trullo rurale ad una abitazione accogliente in paese. Forte il sentimento di gratitudine nei confronti della Caritas parrocchiale che lo ha accolto ed aiutato creandogli anche prospettive di lavoro. In questi mesi ha collaborato al coordinamento dell'accoglienza dei migranti presso il Palachicoli, svolgendo anche turni di notte. Insomma, Zakaria ha offerto una pacata e toccante testimonianza, dichiarando grato che ama Terlizzi e l'Italia, ama il cibo italiano e spera in futuro di realizzare tanti sogni: una famiglia e un lavoro stabile.
A rendere il senso della serata densa di insegnamenti da vivere nel nostro quotidiano, la parabola del Buon Sammaritano, richiamata da don Nino a stigmatizzare un gesto significativo di prossimità verso uno straniero in fin di vita.

Il prossimo incontro della rassegna "Il lavoro che ci fa vivere" è in programma per venerdì 28 febbraio, e sarà dedicato ai "Giovani e lavoro, quale futuro?"
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