Il ricordo Don Ciro Miele Festival per la legalit
Il ricordo Don Ciro Miele Festival per la legalit
Attualità

Il ricordo di Don Ciro Miele, ospite a Terlizzi al "Festival per la legalità"

Sacerdote dall'indole rivoluzionaria, è scomparso lo scorso 18 febbraio

Una vocazione religiosa vissuta assecondando un'indole rivoluzionaria. Una tempra rigorosa, connotata da acribia nell'esercizio della sua missione clericale. Sarà ricordato come un «prete volutamente fuori dalle righe», come soleva definirsi lui stesso, Don Ciro Miele. Sacerdote che operava a Caselvecchio di Puglia, Comune dell'entroterra foggiano di quasi duemila abitanti, è venuto a mancare martedì scorso, 18 febbraio, all'età di cinquantasette anni, stroncato da una malattia che ha oltraggiato il suo corpo. Fino all'ultimo, però, nonostante il dolore straziante e la consapevolezza dell'avvicinarsi della fine, il suo spirito è rimasto ancorato nella fede in Dio.

Terlizzi ha avuto la fortuna di accoglierlo come relatore all'interno della dodicesima edizione del "Festival per la legalità", quando il 28 giugno 2023 ha affiancato il giornalista d'inchiesta Paolo Borrometi e l'attuale europarlamentare Giuseppe Antoci nel dissertare su una tematica scottante, "Amministratori sotto assedio" (il resoconto dell'incontro può essere letto al seguente link: https://www.terlizziviva.it/notizie/chiusura-del-festival-per-la-legalita-con-l-impegno-civico-di-giuseppe-antoci-e-paolo-borrometi/#google_vignette).

Nella sala convegni della pinacoteca "De Napoli", Don Ciro Miele con un coraggioso piglio critico, in virtù di quella rettitudine che lo ha sempre contraddistinto, ha palesato dei forti biasimi ai postulati della Chiesa, talvolta macchiati da «peccati di omertà». Del resto, Don Ciro non era solo un ministro di culto, ma amava coltivare la conoscenza e approfondire le questioni terrene al pari di quelle mistiche. Da teologo sopraffino e con esperienze di docenza, sapeva intingersi nell'attualità più spinosa, formulando opinioni complesse col giusto distacco. Un'attitudine che aveva sviluppato anche grazie all'ulteriore percorso formativo di giornalista pubblicista: era in grado di discernere le fonti, valutarne la qualità e rielaborare nuove osservazioni, così da restituire alla comunità ecclesiale spunti su cui riflettere.

«Ringrazio Michele Cagnetta e il "Festival per la legalità" per aver avuto la fortuna di incrociare nella mia vita la stella di don Ciro. Pastore più sacerdote. Credibile più che credente», chiosa Pasquale Vitagliano, presidente dell'associazione "È fatto giorno aps", «Avevamo persino vagheggiato progetti comuni. Resta la sua orma. Tracce come la sua servono per non perdersi».

Don Ciro si ispirava, nelle parole e azioni quotidiane, a due figure portanti: il vescovo Don Tonino Bello e Papa Francesco. Due personalità che lo hanno guidato negli anni e gli hanno mostrato orizzonti da condividere non solo con la sua comunità ecclesiale, ma anche con le collettività che incontrava durante i suoi appuntamenti e che erano desiderose di ascoltarlo. Attraverso l'abito talare, Don Ciro si avvicinava alle persone per dare conforto e sollecitare nuovi stimoli, affinché ciascuno potesse porre in essere delle scelte in linea con le proprie inclinazioni e intraprendere strade alternative verso la ricerca della propria felicità.

Il presbitero interpretava le Sacre Scritture nel loro significato più profondo, cogliendo le sfumature celate nei Vangeli e orientandole verso l'umanità più vera. Con sagacia, si allontanava dai rigidi formalismi di potere che imbrigliano talvolta in schemi vuoti e lontani dalla sostanza e abbracciava la purezza degli insegnamenti cristiani. Aveva persino steso un personale decalogo che ammorbidiva alcune classiche regole, al fine di rivitalizzare la partecipazione e solleticare la curiosità. «Entri chi ha il cuore in tempesta seppur in pantaloncini. Entri chi ne sente il bisogno anche se ha le spalle scoperte», sono alcuni dei suoi "Avvisi importanti" affissi nel 2017 nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie a Lucera, «Non preoccupatevi di entrare, con i pattini o il cagnolino, se sentite l'esigenza di incontrare Dio. È vero che il suono del cellulare disturba e distrae, ma è peggio se resti fuori per non spegnerlo o renderlo silenzioso».

Un animo gentile, allegro e simpatico che accarezzava i timidi, strappava sorrisi ai più demotivati, spronava l'intelletto a guardare oltre e a non adagiarsi sull'ordine costituito. Era stato pure un volontario di Libera, come rimembra Daniela Marcone, vicepresidente dell'associazione nazionale contro le mafie, in un messaggio di cordoglio. Don Ciro si batteva per la giustizia, scendeva in piazza e manifestava quando dall'alto piovevano decisioni contestabili.

La scomparsa di Don Ciro segna un lutto civile. La verve istrionica traspariva anche dalla piattaforma social ove pubblicava pillole di saggezza che invogliavano a sollevare dubbi, a chiedersi il perché delle cose. Il valore delle sue idee e l'eredità del suo bagaglio di principi, però, trascendono la dipartita fisica. In un mondo in cui sembra di essere sopraffatti da violenza e manipolazione, è rassicurante fare affidamento su uomini e donne che non si conformano alla massa e che rappresentano un baluardo di sensibilità per una realtà più dolce. Tocca a chi rimane dare continuità all'operato dei predecessori, perché il cammino compiuto da chi ha solcato prima la strada possa procedere verso il progresso e comporre un mosaico di visioni comunitarie più avanzate.
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