Politica
La Corrente Terlizzi difende Ghali ed il suo appello pro-Palestina
Il cantante aveva chiesto il cessate il fuoco rimarcando le atrocità commesse a Gaza
Terlizzi - martedì 13 febbraio 2024
«Assistere inermi di fronte agli apparati di stampa dello Stato spudoratamente schierati nella criminalizzazione della denuncia, nella difesa a oltranza del proprio "amico" con le mani nel vasetto della marmellata - sarebbe bello se non fosse una metafora - e a un utilizzo del doppio standard narrativo sulle vicende della contemporaneità è agghiacciante, fa rabbrividire».
Lo scrive il movimento di sinistra La Corrente Terlizzi, all'indomani della puntata di Domenica In di Rai 1, in cui un giornalista aveva chiesto al cantante Ghali, arrivato quarto nella rassegna sanremese, se fosse stato giusto usare il palco del Festival di Sanremo per lanciare un appello pro-Palestina e per il cessate il fuoco nella martoriata Gaza. Ghali aveva risposto con spontaneità assoluta «E per cosa lo dovrei usare il palco?», facendo trasparire sgomento e un po' di rabbia per la domanda forse mal posta, nell'imbarazzo della conduttrice, Mara Venier.
«Accade - scrivono da La Corrente, i cui esponenti sono sempre stati per la pace in quei territori ed a favore della causa palestinese - che se due cantanti (anche Dargen D'Amico aveva fatto un appello) dissentono dalla visione atlantica e, peraltro, si fanno voce del pensiero di una moltitudine 'silenziosa', si debba ricorrere alla censura e al capovolgimento del reale stato dei fatti.
Eppure - spiega ancora il movimento La Corrente - quelle dei due artisti sono le parole non dette o 'nascoste' dagli algoritmi proprie di una folta rappresentanza stanca, che pian piano vorrebbe tornare a rumoreggiare. Per quel che vale, queste parole vogliono essere un sussurro in attesa dell'urlo: non si può tacere di fronte ad una Italia, un Occidente impegnato nella retorica - la sola retorica - della libertà, dei "grandi" valori, del pacifismo, dei diritti civili, che ricorre a mezzi propri dei peggiori regimi per cancellare una lecita denuncia», è la chiosa.
Indipendentemente da come la si pensi, dall'uso a volte strumentale che qualche artista fa di temi di grande importanza, il caso è rimbalazato su testate nazionali facendo esplodere la polemica. I cantanti, in quanto artisti con grande seguito, devono e possono richiamare l'attenzione su quanto accade intorno a loro, altrimenti rischiano di essere solo un prodotto da vendere nel lucroso mercato delle vacche delle case discografiche.
La Corrente Terlizzi, attraverso i suoi esponenti anche in Consiglio comunale, continua la sua battaglia per i diritti violati in Palestina, non è di certo un movimento filo-Hamas ed è costantemente impegnato anche nell'antifascismo e nella salvaguardia della memoria dell'Olocausto ebraico (solo due settimane fa Giuseppe Volpe era a Roma per onorare i martiri delle Fosse Ardeatine).
Nessun oltranzismo, rivendicano dal movimento, ma solo la necessità di non spegnere i riflettori, soprattutto nel servizio pubblico televisivo, su quanto sta accadendo in una Terra sempre meno Santa e sempre più maledetta. Dagli uomini, non da Dio.
Lo scrive il movimento di sinistra La Corrente Terlizzi, all'indomani della puntata di Domenica In di Rai 1, in cui un giornalista aveva chiesto al cantante Ghali, arrivato quarto nella rassegna sanremese, se fosse stato giusto usare il palco del Festival di Sanremo per lanciare un appello pro-Palestina e per il cessate il fuoco nella martoriata Gaza. Ghali aveva risposto con spontaneità assoluta «E per cosa lo dovrei usare il palco?», facendo trasparire sgomento e un po' di rabbia per la domanda forse mal posta, nell'imbarazzo della conduttrice, Mara Venier.
«Accade - scrivono da La Corrente, i cui esponenti sono sempre stati per la pace in quei territori ed a favore della causa palestinese - che se due cantanti (anche Dargen D'Amico aveva fatto un appello) dissentono dalla visione atlantica e, peraltro, si fanno voce del pensiero di una moltitudine 'silenziosa', si debba ricorrere alla censura e al capovolgimento del reale stato dei fatti.
Eppure - spiega ancora il movimento La Corrente - quelle dei due artisti sono le parole non dette o 'nascoste' dagli algoritmi proprie di una folta rappresentanza stanca, che pian piano vorrebbe tornare a rumoreggiare. Per quel che vale, queste parole vogliono essere un sussurro in attesa dell'urlo: non si può tacere di fronte ad una Italia, un Occidente impegnato nella retorica - la sola retorica - della libertà, dei "grandi" valori, del pacifismo, dei diritti civili, che ricorre a mezzi propri dei peggiori regimi per cancellare una lecita denuncia», è la chiosa.
Indipendentemente da come la si pensi, dall'uso a volte strumentale che qualche artista fa di temi di grande importanza, il caso è rimbalazato su testate nazionali facendo esplodere la polemica. I cantanti, in quanto artisti con grande seguito, devono e possono richiamare l'attenzione su quanto accade intorno a loro, altrimenti rischiano di essere solo un prodotto da vendere nel lucroso mercato delle vacche delle case discografiche.
La Corrente Terlizzi, attraverso i suoi esponenti anche in Consiglio comunale, continua la sua battaglia per i diritti violati in Palestina, non è di certo un movimento filo-Hamas ed è costantemente impegnato anche nell'antifascismo e nella salvaguardia della memoria dell'Olocausto ebraico (solo due settimane fa Giuseppe Volpe era a Roma per onorare i martiri delle Fosse Ardeatine).
Nessun oltranzismo, rivendicano dal movimento, ma solo la necessità di non spegnere i riflettori, soprattutto nel servizio pubblico televisivo, su quanto sta accadendo in una Terra sempre meno Santa e sempre più maledetta. Dagli uomini, non da Dio.