Chiesa locale
La lettera aperta della Consulta delle Aggregazioni Laicali della Diocesi
Una riflessione alla luce del drammatico periodo che stiamo vivendo sulla scia degli insegnamenti di don Tonino
Terlizzi - martedì 21 aprile 2020
Di seguito la lettera che la Consulta diocesana delle Aggregazioni Laicali rivolge a tutti i laici delle quattro città. Una lunga riflessione sugli insegnamenti derivati da questo infausto periodo e su come porsi da cattolici alla ripresa della quotidianità, sebbene lenta. Sempre alla luce e sulla scia del testamento umano lasciato da don Tonino Bello. (G.B.)
«Cari amici,
il tempo straordinario forzatamente vissuto, impone a noi Chiesa locale alcune riflessioni, anche per dare senso a questi momenti, trarne degli insegnamenti e prepararci ad un cambiamento ormai prossimo. Non illudiamoci di poter semplicemente riprendere da dove abbiamo lasciato, altrimenti vorrà dire che questa terribile esperienza non ci ha insegnato niente e non ci ha segnato per niente.
Non avrebbe significato, infatti, il sacrificio di sospensione e digiuno dai nostri tanti appuntamenti liturgici e pastorali a vari livelli, se non accompagnato da un serio momento di ripensamento del nostro abitudinario procedere, una revisione profonda delle nostre priorità, delle nostre proposte, delle modalità con cui come Chiesa siamo vicini alle persone, dei contenuti che promuoviamo, dei segni che volontariamente o involontariamente diffondiamo.
Sarà il caso che, come Chiesa locale, ci fermiamo un attimo a considerare cosa abbiamo appreso e quali orientamenti darci per il futuro. Forse non è più pensabile, nei percorsi dei nostri gruppi, delle associazioni, ma anche nelle omelie, nelle prassi pastorali, evitare di parlare di economia, politica, cultura, pace e disarmo, salvaguardia del creato. Forse il Vangelo va veicolato attraverso questi snodi, senza mezzi termini, tenendo bene a mente che certe scellerate scelte (da quelle mondiali che, col tempo, hanno compromesso l'equilibrio climatico del nostro pianeta a quelle nazionali e locali, che hanno permesso tagli selvaggi su sanità ed istruzione), compiute anche col silenzio indifferente dei credenti, si pagano sulla pelle soprattutto dei più deboli e poveri. Mai come in questo tempo si fa urgente una Chiesa impegnata ad agire e soprattutto a formare cristiani pensanti, preparati, capaci di assumere precisi stili di vita, esigenti nel chiedere e rigorosi nell'elaborare una politica attenta ad un impianto economico sostenibile, umano, rispettoso dell'ambiente, garante delle categorie sociali più fragili. Per fare questo abbiamo bisogno di insistere su certi temi, scegliere determinati percorsi, a cui dare non una parvenza di importanza, ma priorità assoluta, per essere all'altezza del tempo che stiamo vivendo.
C'è una sfida dell'essenziale che ci attende, rispetto alla quale ogni realtà ecclesiale è chiamata ad interrogarsi su tutto ciò che essenziale non è, che si rivela coreografia, gioco di emozioni, involucro di tradizioni, e a lasciare il posto a scelte coraggiose, magari impopolari, che però rispondono ai reali problemi dell'oggi. Occorre lungimiranza e progettualità, occorrono idee e linee di direzione uguali per tutti.
Nei prossimi mesi ci misureremo con l'emergenza economica, dovuta ad una crisi senza precedenti. Sapremo rispondere, declinare la parola solidarietà, non solo in termini assistenziali? Sapremo essere pungolo per le Istituzioni e per le imprese locali nella tutela dei posti di lavoro? Sapremo mettere in atto una alternativa sensata e praticabile, di contrasto a fenomeni come l'usura?
Nei prossimi mesi saremo chiamati a fronteggiare un'emergenza sanitaria non solo legata alla salute fisica. Sapremo reggere l'urto di tante persone rimaste sole, ansiose, provate dalla situazione vissuta, incapaci di elaborarla in modo resiliente? Sapremo dare allo smarrimento una risposta in termini di speranza evangelica?
Sapremo recuperare la bellezza perduta dell'incontro reale con l'altro, superare la diffidenza come atteggiamento naturale di protezione, reimpostare un modello educativo fatto di volti rivolti?
Sentiamo la necessità di offrire a tutti questi interrogativi, da discutere nei nostri peculiari contesti, perché, arricchiti da una riflessione ampia e condivisa, possano poi essere consegnati, sotto forma di documento elaborato da noi laici, all'attenzione e all'approfondimento del Consiglio Pastorale diocesano.
Ora, come Chiesa, siamo chiamati a pensare al dopo. Non tanto agli appuntamenti da recuperare o riorganizzare, quanto alla vita nuova da aiutare a risorgere».
Il Direttivo CDAL
«Cari amici,
il tempo straordinario forzatamente vissuto, impone a noi Chiesa locale alcune riflessioni, anche per dare senso a questi momenti, trarne degli insegnamenti e prepararci ad un cambiamento ormai prossimo. Non illudiamoci di poter semplicemente riprendere da dove abbiamo lasciato, altrimenti vorrà dire che questa terribile esperienza non ci ha insegnato niente e non ci ha segnato per niente.
Non avrebbe significato, infatti, il sacrificio di sospensione e digiuno dai nostri tanti appuntamenti liturgici e pastorali a vari livelli, se non accompagnato da un serio momento di ripensamento del nostro abitudinario procedere, una revisione profonda delle nostre priorità, delle nostre proposte, delle modalità con cui come Chiesa siamo vicini alle persone, dei contenuti che promuoviamo, dei segni che volontariamente o involontariamente diffondiamo.
Sarà il caso che, come Chiesa locale, ci fermiamo un attimo a considerare cosa abbiamo appreso e quali orientamenti darci per il futuro. Forse non è più pensabile, nei percorsi dei nostri gruppi, delle associazioni, ma anche nelle omelie, nelle prassi pastorali, evitare di parlare di economia, politica, cultura, pace e disarmo, salvaguardia del creato. Forse il Vangelo va veicolato attraverso questi snodi, senza mezzi termini, tenendo bene a mente che certe scellerate scelte (da quelle mondiali che, col tempo, hanno compromesso l'equilibrio climatico del nostro pianeta a quelle nazionali e locali, che hanno permesso tagli selvaggi su sanità ed istruzione), compiute anche col silenzio indifferente dei credenti, si pagano sulla pelle soprattutto dei più deboli e poveri. Mai come in questo tempo si fa urgente una Chiesa impegnata ad agire e soprattutto a formare cristiani pensanti, preparati, capaci di assumere precisi stili di vita, esigenti nel chiedere e rigorosi nell'elaborare una politica attenta ad un impianto economico sostenibile, umano, rispettoso dell'ambiente, garante delle categorie sociali più fragili. Per fare questo abbiamo bisogno di insistere su certi temi, scegliere determinati percorsi, a cui dare non una parvenza di importanza, ma priorità assoluta, per essere all'altezza del tempo che stiamo vivendo.
C'è una sfida dell'essenziale che ci attende, rispetto alla quale ogni realtà ecclesiale è chiamata ad interrogarsi su tutto ciò che essenziale non è, che si rivela coreografia, gioco di emozioni, involucro di tradizioni, e a lasciare il posto a scelte coraggiose, magari impopolari, che però rispondono ai reali problemi dell'oggi. Occorre lungimiranza e progettualità, occorrono idee e linee di direzione uguali per tutti.
Nei prossimi mesi ci misureremo con l'emergenza economica, dovuta ad una crisi senza precedenti. Sapremo rispondere, declinare la parola solidarietà, non solo in termini assistenziali? Sapremo essere pungolo per le Istituzioni e per le imprese locali nella tutela dei posti di lavoro? Sapremo mettere in atto una alternativa sensata e praticabile, di contrasto a fenomeni come l'usura?
Nei prossimi mesi saremo chiamati a fronteggiare un'emergenza sanitaria non solo legata alla salute fisica. Sapremo reggere l'urto di tante persone rimaste sole, ansiose, provate dalla situazione vissuta, incapaci di elaborarla in modo resiliente? Sapremo dare allo smarrimento una risposta in termini di speranza evangelica?
Sapremo recuperare la bellezza perduta dell'incontro reale con l'altro, superare la diffidenza come atteggiamento naturale di protezione, reimpostare un modello educativo fatto di volti rivolti?
Sentiamo la necessità di offrire a tutti questi interrogativi, da discutere nei nostri peculiari contesti, perché, arricchiti da una riflessione ampia e condivisa, possano poi essere consegnati, sotto forma di documento elaborato da noi laici, all'attenzione e all'approfondimento del Consiglio Pastorale diocesano.
Ora, come Chiesa, siamo chiamati a pensare al dopo. Non tanto agli appuntamenti da recuperare o riorganizzare, quanto alla vita nuova da aiutare a risorgere».
Il Direttivo CDAL