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Lac Puglia contro l'apertura della stagione di caccia

Pasquale Salvemini: “In Puglia la pratica del prelievo venatorio avviene solo per accontentare il popolo delle doppiette"

Un sopruso contro la fauna e la proprietà fondiaria, oltre al marasma legislativo in materia di caccia". La LAC Puglia entra a gamba tesa sull'imminente apertura della stagione venatoria prevista per domani 20 settembre, evidenziando ancora una volta "le incongruenze di un passatempo ormai considerato anacronistico dalla stragrande maggioranza degli Italiani".

"Passa spesso sotto silenzio il fatto che il numero dei cacciatori sia inferiore di anno in anno al numero di coloro che non rinnovano più la licenza; da diversi anni l'Istat ha cessato di pubblicare le statistiche suddivise per Regione del numero dei cacciatori, anche se è risaputo che il loro numero complessivo in Italia si aggira ormai sulle 650.000 unità, a dispetto di altre cifre propagandistiche più roboanti; un declino inarrestabile dalla fine degli anni '70, mentre in Puglia siamo molto al di sotto dei trenta mila cacciatori, in forte ascesa invece il popolo dei bracconieri.

La Puglia dimostra ancora una volta, qualora ve ne fosse bisogno, di non rispettare la fauna selvatica, questo dimostrato dalla ennesima preapertura venatoria (ormai una costante) avutasi il giorno 2 settembre scorso.

L'apertura anticipata della caccia è una pratica estremamente dannosa che è oggetto di forti critiche da parte del mondo scientifico. Anticipare la stagione venatoria, infatti, ha un effetto negativo, non solo sulle specie oggetto di prelievo, ma anche su tutte le altre che vengono disturbate dai cacciatori impegnati nelle battute di caccia. Peraltro arriva in tarda estate, momento molto delicato sia per il ciclo biologico di diverse specie sia per le condizioni naturali caratterizzate da scarse risorse idriche e trofiche. Senza considerare la possibilità di atti di bracconaggio su specie non cacciabili durante la preapertura.

"La preapertura della caccia", dichiara Pasquale Salvemini, delegato LAC Puglia, "è la dimostrazione che in Puglia la pratica del prelievo venatorio non avviene sulla base di valutazioni tecnico-scientifiche, ma solo per accontentare il popolo delle doppiette. Vièppiù che oggi si parla anche di prelievo in deroga allo storno e ancor peggio di aprire la caccia nei nostri parchi nazionali per lo sterminio dei cinghiali. Si ricorda all'occorrenza che sono stati gli stessi cacciatori a volere sino agli anni duemila l'introduzione di cinghiali nei nostri territori.

La LAC Puglia ha avviato una serie di azioni atte a tutelare i proprietari e i conduttori dei fondi ove si svolge la caccia, per azioni risarcitorie nei confronti della giunta regionale che da oltre 20 anni ignora una norma statale sulla corresponsione del c.d. "canone venatorio". Infatti la Regione Puglia non ha mai dato effettiva attuazione all'art. 15 della legge nazionale n.157 del 1992 sulla disciplina della caccia. La disposizione, ai fini della gestione programmata della caccia, impone che sia "dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinarsi a cura della amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente" ; una spesa a cui si dovrebbe far fronte con gli importi delle tasse di concessione venatoria regionali.

"In sostanza i cacciatori, dal 1992, vanno a caccia sui terreni rurali altrui, quando attraverso le Regioni e le tasse di concessione venatoria regionali avrebbero indirettamente dovuto pagare i proprietari e conduttori fondiari per fruire della sosta e del transito armato nei terreni privati , al fine di abbattere gli animali selvatici cacciabili (che mentre sono in libertà sono di proprietà dello Stato)".

Ancora una volta viene dimostrato che la fauna selvatica è patrimonio disponibile del popolo delle doppiette.
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