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Eventi e cultura
“Libertà a caro prezzo. Gioacchino Gesmundo e le Fosse Ardeatine”, un saggio di Giovanni Capurso
In libreria un libro che analizza quelle tristi vicende che portarono alla morte anche don Pietro Pappagallo
Terlizzi - martedì 18 febbraio 2025
Comunicato Stampa
L'eccidio delle Fosse Ardeatine costituisce una delle pagine più dolorose della Resistenza e della recente storia italiana.
Molto è stato scritto su questa feroce rappresaglia nazista. Anche di recente sono state riscoperte alcune vite dei "martiri" coinvolti nell'eccidio. Eppure mancava all'appello una delle figure più importanti della Resistenza romana. È quella di Gioacchino Gesmundo, uno dei più intransigenti e fieri oppositori del fascismo.
A tracciarne il percorso biografico, con l'ausilio delle fonti documentarie reperibili ed autorevoli testimonianze, è il saggista e storico meridionalista Giovanni Capurso, con il saggio dal titolo "Libertà a caro prezzo. Gioacchino Gesmundo e le Fosse Ardeatine", edito da ERF Edizioni.
Nato a Terlizzi, dopo numerosi sacrifici trasferitosi a Roma, Gioacchino Gesmundo realizzò la sua vocazione di intellettuale come maestro elementare, professore di Filosofia e Storia e assistente all'Università. Erano gli anni della dittatura.
La sua formazione ed emancipazione economica avvennero parallelamente alla graduale insoddisfazione e al disagio per il clima politico presente nel paese. La caduta del regime segnò la sua decisione di iscriversi al Partito Comunista, frutto di una lungo percorso di riflessione intellettuale e maturazione interiore. Così scrisse in quei giorni a un suo allievo:
«Mio caro Paolo, e così ci siamo liberati dei baracconi della fiera fascista. Restano al completo tutti i giocolieri e tutti gli istrioni, e – quel che è più – resta l'abito di leggerezza così adatto al popolo italiano, impolitico per eccellenza. Nell'universale tripudio del 25-26 luglio era già dato di avvertire che gl'italiani si liberavano dei distintivi, delle tessere, dei fasci scolpiti e dipinti, ma non già delle tare ereditarie, aggravate da vent'anni di regime bestiale e idiota. In gran copia si manifestano personalismi e arrembaggi, e si ostentano i titoli delle benemerenze antifasciste e ci si affretta a precisare l'anzianità».
Con l'occupazione nazista di Roma l'attività di Gesmundo s'intensificò: ospitò nella sua casa di via Licia, prima la redazione clandestina de "L'Unità" e poi l'arsenale dei GAP romani. Fu capo locale del controspionaggio e teneva corsi di formazione ideologica ai compagni di lotta.
La gappista Carla Capponi, in un suo memoriale, riportò che «le sue ore di lezione erano sempre affollate di compagni e compagne, non più di una decina alla volta poiché un numero maggiore avrebbe creato sospetti».
Catturato il 29 gennaio 1944 dopo una denuncia, fu tra i primi tre individuati dei 335 martiri delle Fosse Ardeatine. Come riporta Ferdinando Pappalardo, vice presidente nazionale dell'ANPI, nell'introduzione al volume "il momento terminale della vita di Gesmundo appare quasi un appuntamento con il destino, la fatale conclusione di una singolare esperienza intellettuale e morale, prima ancora che politica".
Molto è stato scritto su questa feroce rappresaglia nazista. Anche di recente sono state riscoperte alcune vite dei "martiri" coinvolti nell'eccidio. Eppure mancava all'appello una delle figure più importanti della Resistenza romana. È quella di Gioacchino Gesmundo, uno dei più intransigenti e fieri oppositori del fascismo.
A tracciarne il percorso biografico, con l'ausilio delle fonti documentarie reperibili ed autorevoli testimonianze, è il saggista e storico meridionalista Giovanni Capurso, con il saggio dal titolo "Libertà a caro prezzo. Gioacchino Gesmundo e le Fosse Ardeatine", edito da ERF Edizioni.
Nato a Terlizzi, dopo numerosi sacrifici trasferitosi a Roma, Gioacchino Gesmundo realizzò la sua vocazione di intellettuale come maestro elementare, professore di Filosofia e Storia e assistente all'Università. Erano gli anni della dittatura.
La sua formazione ed emancipazione economica avvennero parallelamente alla graduale insoddisfazione e al disagio per il clima politico presente nel paese. La caduta del regime segnò la sua decisione di iscriversi al Partito Comunista, frutto di una lungo percorso di riflessione intellettuale e maturazione interiore. Così scrisse in quei giorni a un suo allievo:
«Mio caro Paolo, e così ci siamo liberati dei baracconi della fiera fascista. Restano al completo tutti i giocolieri e tutti gli istrioni, e – quel che è più – resta l'abito di leggerezza così adatto al popolo italiano, impolitico per eccellenza. Nell'universale tripudio del 25-26 luglio era già dato di avvertire che gl'italiani si liberavano dei distintivi, delle tessere, dei fasci scolpiti e dipinti, ma non già delle tare ereditarie, aggravate da vent'anni di regime bestiale e idiota. In gran copia si manifestano personalismi e arrembaggi, e si ostentano i titoli delle benemerenze antifasciste e ci si affretta a precisare l'anzianità».
Con l'occupazione nazista di Roma l'attività di Gesmundo s'intensificò: ospitò nella sua casa di via Licia, prima la redazione clandestina de "L'Unità" e poi l'arsenale dei GAP romani. Fu capo locale del controspionaggio e teneva corsi di formazione ideologica ai compagni di lotta.
La gappista Carla Capponi, in un suo memoriale, riportò che «le sue ore di lezione erano sempre affollate di compagni e compagne, non più di una decina alla volta poiché un numero maggiore avrebbe creato sospetti».
Catturato il 29 gennaio 1944 dopo una denuncia, fu tra i primi tre individuati dei 335 martiri delle Fosse Ardeatine. Come riporta Ferdinando Pappalardo, vice presidente nazionale dell'ANPI, nell'introduzione al volume "il momento terminale della vita di Gesmundo appare quasi un appuntamento con il destino, la fatale conclusione di una singolare esperienza intellettuale e morale, prima ancora che politica".