Politica
Mariangela Galliani lascia il gruppo consiliare di Fratelli d'Italia
La decisione era nell'aria. Noi vi proponiamo l'intero discorso in Aula
Terlizzi - giovedì 24 settembre 2020
4.02
Mariangela Galliani ha lasciato il gruppo consiliare di Fratelli d'Italia. Una notizia che era un po' nell'aria, viste alcune nette prese di posizione della Consigliera che a lungo aveva sostenuto Ninni Gemmato e la sua Giunta, ma che ultimamente aveva in più occasioni manifestato insofferenza.
Noi lasciamo questa volta che sia lei a raccontare il perché di questa scelta, certamente dolorosa e ponderata, che finirà per avere ripercussioni sulla maggioranza a Palazzo di Città. Di seguito l'intervento integrale (abbiate la pazienza di leggerlo) di Mariangela Galliani.
«Non sono brava con i discorsi e questo di oggi non sarà avvincente, né perfetto. Vorrei mi fosse consentito, per un momento soltanto, di abusare della funzione pubblica per leggere una selezione brevissima di parti di una pagina di un libro di Colette Arnauld intitolato "La stregoneria. Storia di una follia profondamente umana". Il libro è ispirato al tempo in cui l'Inquisizione faceva strage di chiunque desse prova di indipendenza e autonomia di pensiero rispetto alla linea condivisa. Leggo: "…L'inquisizione sarebbe dunque assetata di giustizia? In realtà essa persegue la confessione ad ogni costo, ma non una confessione qualsiasi, bensì una che sancisca il suo trionfo, corroborando le sue tesi…" L'autrice continua e propone al lettore la formula di abiura destinata a una denunciata leggermente sospetta: "Io […] giuro di credere con il cuore e di professare con la bocca che Nostro Signore Gesù Cristo con tutti i santi detesta la pessima eresia delle streghe e che tutti coloro che la seguono e vi aderiscono saranno tormentati dalle fiamme eterne, con il Diavolo e con i suoi angeli, per l'eternità, a meno che non si ravvedano e non si riconcilino con la Santa Chiesa attraverso la penitenza. Di conseguenza abiuro, rinnego e ritratto l'eresia di cui voi, signori, vescovo ufficiale, mi ritenete sospetto, cioè il fatto di avere avuto dimestichezza con le streghe, di aver difeso per ignoranza i loro errori, di avere avuto in odio gli inquisitori e coloro che le perseguitavano o anche di avere rivelato i loro crimini." L'ho trovata straordinariamente attuale alla luce degli avvenimenti singolari che, in questi ultimi mesi, mi hanno riguardato. E quest'oggi, voglio dirlo chiaramente che non abiuro, non rinnego, né ho nulla da ritrattare.
E' necessario, invece, che spieghi le ragioni di una frattura che è diventata profonda e che incide il percorso di una condivisione politica, non stretta pure dalla condivisione dei principi. Sono convinta che il mandato che mi è stato affidato, che lei stesso Sindaco mi ha affidato, mi impegnasse a mettere a disposizione della Comunità il mio contributo e la mia esperienza per intero e lo sguardo di chi si sente ed è in questo paese, prima di tutto, cittadina.
Dopo tre anni però devo amaramente arrendermi al fatto che al contrario troppa politica istituzionale non li vuole, in quanto estranei a un gruppo di interesse organizzato. Non ho timore di affermare di essermi impegnata con serietà, ininterrottamente, senza risparmiarmi mai e sempre mirando all'interesse collettivo. Non ho saputo essere anche efficace. La conclusione di tutto questo impegno è stata la complicità a negligenze e ritardi che sono incompatibili con la mia idea del tempo e incomparabili con quelli dei bisogni della gente e della città. Ho la sensazione di aver trascorso questi, per me faticosi, anni in una assurda posizione di difesa permanente, accanto a lei, Sindaco, con smisurata fiducia e nel tentativo, forse ingenuo, di contribuire alla attuazione di un programma che, infine, si è rivelato slogan elettorale e, piuttosto, il contenitore di una enorme quantità di cose mai realizzate, approssimate, realizzate male, incompiute o non completabili, le cui tracce sono sul territorio come quelle che vedi dopo un bombardamento, da lasciare in eredità ai nostri figli. Il fatto è che non è possibile schierarsi contro quel che non dovrebbe esser fatto e tollerare il compromesso. Ho tentato di anteporre alle mie convinzioni, motivi di lealtà alla coalizione di governo nella quale sono stata eletta, ma oggi non posso più, poiché, se la mia presenza in questo consiglio comunale ha ancora un senso, deve essere quello di riabbracciare me stessa e respingere ogni prassi di meschina opportunità che io non possiedo. La crisi economica che ha investito il paese è pesante.
Quanto è accaduto tra questi banchi nei mesi più aggressivi dell'emergenza sanitaria restituisce la misura esatta della distanza tra chi presiede al suo governo e i cittadini: mentre certa classe dirigente congelava le sue funzioni istituzionali, ostacolando le risposte ai bisogni collettivi, la difficoltà della gente si è fatta grave; mentre non disdegnava i corridoi e le stanze, per il disinvolto privilegio di pochi, il sacrificio degli altri si è fatto amaro. Perché, guardate, è il vizio eterno dei mestieranti della politica indurci a confondere il diritto, fino a farlo diventare incerto, insicuro, irriconoscibile; fino a farlo assomigliare al favore. Perché è il favore che si sollecita e ci mette in debito e genera un distorto consenso. Il diritto no, il diritto è uno ed è per tutti. Ho imparato a mie spese che per molti "legalità" è soltanto una parola bella, un belletto che migliora il profilo.
La legalità è faticosa. Si fatica a non cedere alle lusinghe e a non temere le minacce. Si ha paura a diventare il "diverso", la "strega", la "pazza", ma diventa necessario quando la condivisione politica ti chiede di operare al di fuori dei circuiti ammissibili e quando le soglie di protezione rispetto alle compromissioni si abbassano fino a snaturare e comprimere le ragioni giuste della partecipazione attiva alla vita pubblica del paese. Non sono immune alla paura. Al contrario. Ma ho fiducia che l'interesse della collettività possa essere ancora anteposto a quello del privato e credo che la pratica del sotterfugio e della scorciatoia non debba essere l'unico metodo. Ho fiducia che le strade del mio paese siano percorse da cittadini capaci di respingere pressioni e condizionamenti e di rispondere alla propria coscienza. Per loro e per i miei figli e per il segno che ognuno di noi è chiamato a incidere nel mondo, mi sarà impossibile continuare a sostenere scelte i cui profili etici non sono chiari.
La prego, quindi, signor Presidente, di ricevere la mia volontà di riprendermi il diritto di inseguire una idea di politica libera da ingabbiature e vincoli di coalizione e di proseguire il mio percorso istituzionale senza i blocchi di potere che io disconosco. Sono del tutto consapevole che la mia partecipazione non sia fondamentale a questa maggioranza e, tuttavia, sono ostinatamente convinta che il compito di chi ha il privilegio di sedere in questa assise sia principalmente quello di servire a cambiare in meglio la realtà cittadina. Io non ci sono sempre riuscita, non per mia volontà, né credo per incapacità. E' questo il motivo per il quale oggi non posso fare a meno di togliermi di dosso i lacci di prudenza che, in questa sede, mi hanno troppo spesso impigliato la lingua. Il buon governo della città passa attraverso i segni che lascia sul territorio. E io, da architetto, quei segni devo leggerli e, rispetto ad essi, non possiedo alibi. Mi è già accaduto di evidenziare ragioni di preoccupazione rispetto al tema della fragilità degli indirizzi politici e alle ripercussioni su settori delicatissimi e persino impattanti come sono quelli dell'urbanistica e dell'edilizia e dei lavori pubblici. Non ci è mancata l'occasione per confrontarci sulla opportunità di esercitare con più attenzione il ruolo di controllo che compete alla politica anche in relazione ai risultati dell'attività amministrativa e della gestione.
Non di rado è accaduto di ragionare sulle conseguenze permanenti e spesso incontrovertibili che un governo timido della trasformazione del territorio può incautamente favorire, aprendo la via a processi opachi che finiscono per sfuggire alla nostra capacità di revisione e riordino. Mi sconforta il pensiero di aver tentato, nei mesi che si sono consumati vanamente, di ottenere che non si trascurassero situazioni che solo a un occhio inesperto rischiano di apparire residuali, laddove invece si rivelano capaci di echi imprevedibili ed estesi. Spesso il tempo e la premura sono solo il mezzo per trasformare le carte in cemento e per rendere pesante e definitivo quel che era ancora correggibile. Nella sede più rappresentativa della città, quest'oggi, ripropongo l'urgenza di temi ancora irrisolti e gravissimi, in termini di governo del territorio, di opere pubbliche e di legalità.
L'assenza di un progetto strutturato e solido e di un controllo politico stringente, ha consentito che, in nome di una malintesa discrezionalità amministrativa, le competenze proprie del consiglio comunale fossero sottratte e declassate a fatti di mera gestione da affidare agli uffici tecnici, o a certi studi tecnici, fino a generare un disordine pericolosissimo i cui costi economici e sociali altissimi sono ricaduti sulle categorie professionali, sui cittadini tutti e sulla onorabilità e credibilità dello stesso Ente comunale. Resi inabili a intendere in modo univoco e certo gli stessi strumenti operativi, inadeguati, nonostante le perpetue sollecitazioni di questa assiste comunale, abbiamo smarrito la regola, affidandone, irresponsabilmente, la conoscenza all'interpretazione di uno solo e al vantaggio di pochi. Ed oggi siamo incapaci di esigerne il rispetto. In questo, la responsabilità politica resta la più grave. Le pagine del nostro albo pretorio testimoniano un desolato arresto che perdura da mesi, durante i quali il settore tecnico ha vissuto un momento di imperdonabile abbandono dal punto di vista del controllo politico, con conseguenze più gravi di quelle causate dal virus stesso. Un tempo sospeso che con poca lungimiranza avrebbe potuto tradursi in occasione per il recupero del tempo perso, è andato sprecato. E nei lavori pubblici non v'è differenza. Ci sono incompiuti così risalenti, che ho persino timore a farvi riferimento. Un ponte teso su un fiume secco, fatto male e poi rifatto; monco, senza collaudo e un canyon ampio, profondo e pericoloso: un fosso ciclopico del quale si è realizzata la coda, e poi la testa, senza il corpo; senza neppure accertarsi che la testa sia quella giusta e che, infine, si incastri: le opere di mitigazione idraulica sono il lascito mostruoso di questa trascuratezza e di questa insopportabile mancanza di controllo e di amore nei confronti del paese; sono la ferita insanabile inferta ai nostri suoli con la spietata leggerezza di chi ha consentito, senza tutela e senza garanzia, che si compisse per la seconda volta lo scempio di paesaggio, di ulivi eradicati, di poderi sacrificati e divisi da uno scavo fuori misura che attraversa e taglia in due il territorio e ne segna le sorti con approssimazione, senza verifica e certezza dei benefici. La storia non cambia se parliamo del resto. Lo stato delle scuole comunali è ben noto. Nonostante gli impegni profusi per concentrare risorse sugli edifici scolastici, nulla di quel che era già nella facoltà del Comune di Terlizzi è stato compiuto. Quasi fossero il terreno di uno scontro personale. E il Covid incredibilmente ha fatto gioco. Saranno saccheggiati e vandalizzati e nuove piogge li allagheranno ancora. Con nuova carta e disegni altre mani nasconderanno alla vista le muffe e gli intonaci cadenti di pareti indegne e, se Dio vorrà, pure quest'anno, nessuno ci farà caso. Con un po' di fortuna, la Scuola starà fuori dalle scuole e sarà solo colpa del Covid. Largo Amedeo, Largo Savoia, Largo Poerio, il Palazzo di Città, Largo Torino, la nuova sede degli uffici comunali, la video sorveglianza, la pubblica illuminazione, il cimitero, la vasca in via Chicoli, via vecchia Sovereto: sono il simbolo di una regola che si è smarrita.
Così oggi più che mai il vezzo antico di scansare la propria responsabilità politica addossandola al dirigente di turno io lo trovo vile. Personalmente rivendico la paternità di ogni mia scelta politica, con ogni conseguenza; e il diritto di esercitare in modo pieno una indipendenza alla quale non ho mai rinunciato, perché è questione intima, morale e etica, che nessuna logica di coalizione e nessuna tessera di partito può comprimere. Sono stata eletta, da indipendente, per attuare il programma della coalizione di governo, questo non lo dimentico, e per questa ragione, Sindaco, in relazione alle scelte che riguardino la vita amministrativa cittadina, laddove le iniziative avranno chiari gli indirizzi politici della tutela dell'interesse generale, nella legalità, nella trasparenza e nella evidenza pubblica, nel rispetto del mandato elettorale, non le mancherà il mio sostegno.
Tuttavia, anche allo scopo di consentire ai colleghi qui presenti di proseguire il loro percorso liberi da una zavorra che, mio malgrado, deve averli condizionati, chiedo al dott. Rutigliano, Segretario Generale dell'Ente, di ricevere questa mia dichiarazione di appartenenza al gruppo misto. »
Noi lasciamo questa volta che sia lei a raccontare il perché di questa scelta, certamente dolorosa e ponderata, che finirà per avere ripercussioni sulla maggioranza a Palazzo di Città. Di seguito l'intervento integrale (abbiate la pazienza di leggerlo) di Mariangela Galliani.
«Non sono brava con i discorsi e questo di oggi non sarà avvincente, né perfetto. Vorrei mi fosse consentito, per un momento soltanto, di abusare della funzione pubblica per leggere una selezione brevissima di parti di una pagina di un libro di Colette Arnauld intitolato "La stregoneria. Storia di una follia profondamente umana". Il libro è ispirato al tempo in cui l'Inquisizione faceva strage di chiunque desse prova di indipendenza e autonomia di pensiero rispetto alla linea condivisa. Leggo: "…L'inquisizione sarebbe dunque assetata di giustizia? In realtà essa persegue la confessione ad ogni costo, ma non una confessione qualsiasi, bensì una che sancisca il suo trionfo, corroborando le sue tesi…" L'autrice continua e propone al lettore la formula di abiura destinata a una denunciata leggermente sospetta: "Io […] giuro di credere con il cuore e di professare con la bocca che Nostro Signore Gesù Cristo con tutti i santi detesta la pessima eresia delle streghe e che tutti coloro che la seguono e vi aderiscono saranno tormentati dalle fiamme eterne, con il Diavolo e con i suoi angeli, per l'eternità, a meno che non si ravvedano e non si riconcilino con la Santa Chiesa attraverso la penitenza. Di conseguenza abiuro, rinnego e ritratto l'eresia di cui voi, signori, vescovo ufficiale, mi ritenete sospetto, cioè il fatto di avere avuto dimestichezza con le streghe, di aver difeso per ignoranza i loro errori, di avere avuto in odio gli inquisitori e coloro che le perseguitavano o anche di avere rivelato i loro crimini." L'ho trovata straordinariamente attuale alla luce degli avvenimenti singolari che, in questi ultimi mesi, mi hanno riguardato. E quest'oggi, voglio dirlo chiaramente che non abiuro, non rinnego, né ho nulla da ritrattare.
E' necessario, invece, che spieghi le ragioni di una frattura che è diventata profonda e che incide il percorso di una condivisione politica, non stretta pure dalla condivisione dei principi. Sono convinta che il mandato che mi è stato affidato, che lei stesso Sindaco mi ha affidato, mi impegnasse a mettere a disposizione della Comunità il mio contributo e la mia esperienza per intero e lo sguardo di chi si sente ed è in questo paese, prima di tutto, cittadina.
Dopo tre anni però devo amaramente arrendermi al fatto che al contrario troppa politica istituzionale non li vuole, in quanto estranei a un gruppo di interesse organizzato. Non ho timore di affermare di essermi impegnata con serietà, ininterrottamente, senza risparmiarmi mai e sempre mirando all'interesse collettivo. Non ho saputo essere anche efficace. La conclusione di tutto questo impegno è stata la complicità a negligenze e ritardi che sono incompatibili con la mia idea del tempo e incomparabili con quelli dei bisogni della gente e della città. Ho la sensazione di aver trascorso questi, per me faticosi, anni in una assurda posizione di difesa permanente, accanto a lei, Sindaco, con smisurata fiducia e nel tentativo, forse ingenuo, di contribuire alla attuazione di un programma che, infine, si è rivelato slogan elettorale e, piuttosto, il contenitore di una enorme quantità di cose mai realizzate, approssimate, realizzate male, incompiute o non completabili, le cui tracce sono sul territorio come quelle che vedi dopo un bombardamento, da lasciare in eredità ai nostri figli. Il fatto è che non è possibile schierarsi contro quel che non dovrebbe esser fatto e tollerare il compromesso. Ho tentato di anteporre alle mie convinzioni, motivi di lealtà alla coalizione di governo nella quale sono stata eletta, ma oggi non posso più, poiché, se la mia presenza in questo consiglio comunale ha ancora un senso, deve essere quello di riabbracciare me stessa e respingere ogni prassi di meschina opportunità che io non possiedo. La crisi economica che ha investito il paese è pesante.
Quanto è accaduto tra questi banchi nei mesi più aggressivi dell'emergenza sanitaria restituisce la misura esatta della distanza tra chi presiede al suo governo e i cittadini: mentre certa classe dirigente congelava le sue funzioni istituzionali, ostacolando le risposte ai bisogni collettivi, la difficoltà della gente si è fatta grave; mentre non disdegnava i corridoi e le stanze, per il disinvolto privilegio di pochi, il sacrificio degli altri si è fatto amaro. Perché, guardate, è il vizio eterno dei mestieranti della politica indurci a confondere il diritto, fino a farlo diventare incerto, insicuro, irriconoscibile; fino a farlo assomigliare al favore. Perché è il favore che si sollecita e ci mette in debito e genera un distorto consenso. Il diritto no, il diritto è uno ed è per tutti. Ho imparato a mie spese che per molti "legalità" è soltanto una parola bella, un belletto che migliora il profilo.
La legalità è faticosa. Si fatica a non cedere alle lusinghe e a non temere le minacce. Si ha paura a diventare il "diverso", la "strega", la "pazza", ma diventa necessario quando la condivisione politica ti chiede di operare al di fuori dei circuiti ammissibili e quando le soglie di protezione rispetto alle compromissioni si abbassano fino a snaturare e comprimere le ragioni giuste della partecipazione attiva alla vita pubblica del paese. Non sono immune alla paura. Al contrario. Ma ho fiducia che l'interesse della collettività possa essere ancora anteposto a quello del privato e credo che la pratica del sotterfugio e della scorciatoia non debba essere l'unico metodo. Ho fiducia che le strade del mio paese siano percorse da cittadini capaci di respingere pressioni e condizionamenti e di rispondere alla propria coscienza. Per loro e per i miei figli e per il segno che ognuno di noi è chiamato a incidere nel mondo, mi sarà impossibile continuare a sostenere scelte i cui profili etici non sono chiari.
La prego, quindi, signor Presidente, di ricevere la mia volontà di riprendermi il diritto di inseguire una idea di politica libera da ingabbiature e vincoli di coalizione e di proseguire il mio percorso istituzionale senza i blocchi di potere che io disconosco. Sono del tutto consapevole che la mia partecipazione non sia fondamentale a questa maggioranza e, tuttavia, sono ostinatamente convinta che il compito di chi ha il privilegio di sedere in questa assise sia principalmente quello di servire a cambiare in meglio la realtà cittadina. Io non ci sono sempre riuscita, non per mia volontà, né credo per incapacità. E' questo il motivo per il quale oggi non posso fare a meno di togliermi di dosso i lacci di prudenza che, in questa sede, mi hanno troppo spesso impigliato la lingua. Il buon governo della città passa attraverso i segni che lascia sul territorio. E io, da architetto, quei segni devo leggerli e, rispetto ad essi, non possiedo alibi. Mi è già accaduto di evidenziare ragioni di preoccupazione rispetto al tema della fragilità degli indirizzi politici e alle ripercussioni su settori delicatissimi e persino impattanti come sono quelli dell'urbanistica e dell'edilizia e dei lavori pubblici. Non ci è mancata l'occasione per confrontarci sulla opportunità di esercitare con più attenzione il ruolo di controllo che compete alla politica anche in relazione ai risultati dell'attività amministrativa e della gestione.
Non di rado è accaduto di ragionare sulle conseguenze permanenti e spesso incontrovertibili che un governo timido della trasformazione del territorio può incautamente favorire, aprendo la via a processi opachi che finiscono per sfuggire alla nostra capacità di revisione e riordino. Mi sconforta il pensiero di aver tentato, nei mesi che si sono consumati vanamente, di ottenere che non si trascurassero situazioni che solo a un occhio inesperto rischiano di apparire residuali, laddove invece si rivelano capaci di echi imprevedibili ed estesi. Spesso il tempo e la premura sono solo il mezzo per trasformare le carte in cemento e per rendere pesante e definitivo quel che era ancora correggibile. Nella sede più rappresentativa della città, quest'oggi, ripropongo l'urgenza di temi ancora irrisolti e gravissimi, in termini di governo del territorio, di opere pubbliche e di legalità.
L'assenza di un progetto strutturato e solido e di un controllo politico stringente, ha consentito che, in nome di una malintesa discrezionalità amministrativa, le competenze proprie del consiglio comunale fossero sottratte e declassate a fatti di mera gestione da affidare agli uffici tecnici, o a certi studi tecnici, fino a generare un disordine pericolosissimo i cui costi economici e sociali altissimi sono ricaduti sulle categorie professionali, sui cittadini tutti e sulla onorabilità e credibilità dello stesso Ente comunale. Resi inabili a intendere in modo univoco e certo gli stessi strumenti operativi, inadeguati, nonostante le perpetue sollecitazioni di questa assiste comunale, abbiamo smarrito la regola, affidandone, irresponsabilmente, la conoscenza all'interpretazione di uno solo e al vantaggio di pochi. Ed oggi siamo incapaci di esigerne il rispetto. In questo, la responsabilità politica resta la più grave. Le pagine del nostro albo pretorio testimoniano un desolato arresto che perdura da mesi, durante i quali il settore tecnico ha vissuto un momento di imperdonabile abbandono dal punto di vista del controllo politico, con conseguenze più gravi di quelle causate dal virus stesso. Un tempo sospeso che con poca lungimiranza avrebbe potuto tradursi in occasione per il recupero del tempo perso, è andato sprecato. E nei lavori pubblici non v'è differenza. Ci sono incompiuti così risalenti, che ho persino timore a farvi riferimento. Un ponte teso su un fiume secco, fatto male e poi rifatto; monco, senza collaudo e un canyon ampio, profondo e pericoloso: un fosso ciclopico del quale si è realizzata la coda, e poi la testa, senza il corpo; senza neppure accertarsi che la testa sia quella giusta e che, infine, si incastri: le opere di mitigazione idraulica sono il lascito mostruoso di questa trascuratezza e di questa insopportabile mancanza di controllo e di amore nei confronti del paese; sono la ferita insanabile inferta ai nostri suoli con la spietata leggerezza di chi ha consentito, senza tutela e senza garanzia, che si compisse per la seconda volta lo scempio di paesaggio, di ulivi eradicati, di poderi sacrificati e divisi da uno scavo fuori misura che attraversa e taglia in due il territorio e ne segna le sorti con approssimazione, senza verifica e certezza dei benefici. La storia non cambia se parliamo del resto. Lo stato delle scuole comunali è ben noto. Nonostante gli impegni profusi per concentrare risorse sugli edifici scolastici, nulla di quel che era già nella facoltà del Comune di Terlizzi è stato compiuto. Quasi fossero il terreno di uno scontro personale. E il Covid incredibilmente ha fatto gioco. Saranno saccheggiati e vandalizzati e nuove piogge li allagheranno ancora. Con nuova carta e disegni altre mani nasconderanno alla vista le muffe e gli intonaci cadenti di pareti indegne e, se Dio vorrà, pure quest'anno, nessuno ci farà caso. Con un po' di fortuna, la Scuola starà fuori dalle scuole e sarà solo colpa del Covid. Largo Amedeo, Largo Savoia, Largo Poerio, il Palazzo di Città, Largo Torino, la nuova sede degli uffici comunali, la video sorveglianza, la pubblica illuminazione, il cimitero, la vasca in via Chicoli, via vecchia Sovereto: sono il simbolo di una regola che si è smarrita.
Così oggi più che mai il vezzo antico di scansare la propria responsabilità politica addossandola al dirigente di turno io lo trovo vile. Personalmente rivendico la paternità di ogni mia scelta politica, con ogni conseguenza; e il diritto di esercitare in modo pieno una indipendenza alla quale non ho mai rinunciato, perché è questione intima, morale e etica, che nessuna logica di coalizione e nessuna tessera di partito può comprimere. Sono stata eletta, da indipendente, per attuare il programma della coalizione di governo, questo non lo dimentico, e per questa ragione, Sindaco, in relazione alle scelte che riguardino la vita amministrativa cittadina, laddove le iniziative avranno chiari gli indirizzi politici della tutela dell'interesse generale, nella legalità, nella trasparenza e nella evidenza pubblica, nel rispetto del mandato elettorale, non le mancherà il mio sostegno.
Tuttavia, anche allo scopo di consentire ai colleghi qui presenti di proseguire il loro percorso liberi da una zavorra che, mio malgrado, deve averli condizionati, chiedo al dott. Rutigliano, Segretario Generale dell'Ente, di ricevere questa mia dichiarazione di appartenenza al gruppo misto. »