
Eventi e cultura
«Moro non fu ucciso nel bagagliaio della Renault 4»
Gero Grassi rivela le ultime novità su un caso che lo vede impegnato in prima persona
Terlizzi - giovedì 13 ottobre 2016
7.16
Il parlamentare terlizzese Gero Grassi continua la sua indagine su Aldo Moro. Uno studio che dura ormai da anni, tra i misteri che avvolgono ancora il caso del rapimento e dell'assassinio dello statista rapito e ucciso nel 1978. L'onorevole Grassi, componente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul rapimento e l'uccisione dello statista pugliese da parte delle Brigate Rosse, ha fatto di questa storia quasi un centro della sua attività politica e forse anche della sua vita stessa. Pubblicazioni e convegni in giro per l'Italia, l'ultimo dei quali l'altro giorno in consiglio regionale davanti a davanti a numerosi studenti delle scuole superiori baresi.
"Siamo ormai all'80% della verità e stiamo per ricostruire anche il 20% che manca: ad esempio Moro non è mai stato nella prigione di via Montalcini a Roma, e non è stato ucciso nel bagagliaio della Renault 4, secondo le nuove perizie balistiche" ha dichiarato Grassi. Insieme con lui anche Giovanni Pellegrino, già componente della Commissione Stragi del Parlamento fra il 1994 e il 2001.
Grassi da diversi anni ha dato impulso a nuove ricerche sulla vicenda del rapimento, poi della detenzione e infine dell'omicidio di Aldo Moro, riassumendo in favore dei giovani presenti le numerose novità che stanno emergendo, grazie alla desecretazione dei documenti riservati promossa dal Governo nel 2016. "Sul caso ci sono ben 4 milioni e mezzo di pagine processuali e delle diverse Commissioni che se ne sono occupate - ha ricordato Grassi - e oggi sappiamo che sul luogo del rapimento non c'erano solo i terroristi delle Brigate Rosse ma anche altre persone. Lo sappiamo dopo aver indagato, ad esempio, sul Bar Olivetti, che sorgeva alle spalle della siepe di via Fani da cui i terroristi avrebbero sparato,e di cui mai nessuno si era occupato prima. Anche le circostanze dell'esecuzione sono totalmente diverse da come gli esecutori le hanno raccontate, così come è accertato che Aldo Moro non sia morto subito, secondo analisi fatte oggi con moderni strumenti di rilevazione dai Ris dei Carabinieri. Dobbiamo ricostruire oggi la verità come debito che abbiamo verso le future generazioni".
"L'Italia di quegli anni era su una tragica frontiera nel pieno della Guerra Fredda - ha detto a sua volta il senatore Pellegrino - e Moro è stato vittima di una sorta di 'patto di indicibilità' fra le due parti in guerra. La Prima repubblica è stata una democrazia difficile dove tante cose si sapevano, ma semplicemente non si potevano dire. Moro era visto come il fumo negli occhi sia dagli Usa che dall'URSS con la sua politica tesa a voler spostare in avanti gli equilibri politici del Paese aprendo al Partito Comunista". "Moro fu ucciso dalle Brigate Rosse -ha ribadito - ma anche dall'altra parte della barricata si fece un calcolo costi/benefici tra Moro libero e Moro morto: si decise che se lo statista fosse tornato libero avrebbe fatto più danni all'equilibrio internazionale"
"Siamo ormai all'80% della verità e stiamo per ricostruire anche il 20% che manca: ad esempio Moro non è mai stato nella prigione di via Montalcini a Roma, e non è stato ucciso nel bagagliaio della Renault 4, secondo le nuove perizie balistiche" ha dichiarato Grassi. Insieme con lui anche Giovanni Pellegrino, già componente della Commissione Stragi del Parlamento fra il 1994 e il 2001.
Grassi da diversi anni ha dato impulso a nuove ricerche sulla vicenda del rapimento, poi della detenzione e infine dell'omicidio di Aldo Moro, riassumendo in favore dei giovani presenti le numerose novità che stanno emergendo, grazie alla desecretazione dei documenti riservati promossa dal Governo nel 2016. "Sul caso ci sono ben 4 milioni e mezzo di pagine processuali e delle diverse Commissioni che se ne sono occupate - ha ricordato Grassi - e oggi sappiamo che sul luogo del rapimento non c'erano solo i terroristi delle Brigate Rosse ma anche altre persone. Lo sappiamo dopo aver indagato, ad esempio, sul Bar Olivetti, che sorgeva alle spalle della siepe di via Fani da cui i terroristi avrebbero sparato,e di cui mai nessuno si era occupato prima. Anche le circostanze dell'esecuzione sono totalmente diverse da come gli esecutori le hanno raccontate, così come è accertato che Aldo Moro non sia morto subito, secondo analisi fatte oggi con moderni strumenti di rilevazione dai Ris dei Carabinieri. Dobbiamo ricostruire oggi la verità come debito che abbiamo verso le future generazioni".
"L'Italia di quegli anni era su una tragica frontiera nel pieno della Guerra Fredda - ha detto a sua volta il senatore Pellegrino - e Moro è stato vittima di una sorta di 'patto di indicibilità' fra le due parti in guerra. La Prima repubblica è stata una democrazia difficile dove tante cose si sapevano, ma semplicemente non si potevano dire. Moro era visto come il fumo negli occhi sia dagli Usa che dall'URSS con la sua politica tesa a voler spostare in avanti gli equilibri politici del Paese aprendo al Partito Comunista". "Moro fu ucciso dalle Brigate Rosse -ha ribadito - ma anche dall'altra parte della barricata si fece un calcolo costi/benefici tra Moro libero e Moro morto: si decise che se lo statista fosse tornato libero avrebbe fatto più danni all'equilibrio internazionale"