Cronaca
Operazioni "Porto" e "Pandora", stroncata l'espansione del clan Capriati a Terlizzi
La fotografia fatta dalla Direzione Investigativa Antimafia. Ma in città resta attivo il clan Dello Russo-Ficco
Terlizzi - giovedì 14 febbraio 2019
1.14
«Un unico sistema criminale sotto l'egida di una o più famiglie di Bari, collegato alla Società Foggiana ed alla Sacra Corona Unita, con reciproco riconoscimento quali organizzazioni autonome»: così la Direzione Investigativa Antimafia, nel suo rapporto (relativo al primo semestre del 2018) definisce la "Camorra barese".
Una relazione, quella dell'Antimafia, che fotografa lo scenario criminale nel capoluogo e nella provincia barese. A Terlizzi, ad esempio, dove «l'espansione del clan Capriati - si legge a pagina 196 -, già operante nel Borgo Antico di Bari e nelle aree limitrofe, che aveva acquisito il controllo della piazza di spaccio su Bari Vecchia, precedentemente in capo agli Strisciuglio, è stata stroncata dagli esiti delle operazioni "Porto" e "Pandora"».
«Le indagini hanno fatto luce sull'escalation criminale del sodalizio, riorganizzato da due fratelli (nipoti del capoclan detenuto) in un'articolata struttura criminale, con collegamenti nei comuni di Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta. Il gruppo - prosegue - si era rafforzato grazie al transito nelle proprie fila di sodali già appartenenti ad altre compagini, dando segnali di radicamento sul territorio sempre maggiore e anche nel settore pubblico».
In particolare, l'inchiesta "Porto" ha svelato la penetrante «ingerenza della consorteria nella gestione dei servizi di viabilità del porto di Bari attraverso società compartecipate o completamente assoggettate agli interessi del clan anche attraverso l'assunzione forzata di gran parte dei dipendenti, familiari e/o persone vicine al clan», è scritto nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia.
«Si può dire dunque - si legge a pagina 196 - che ciò che davvero ha contato per... il capoclan... e per i suoi accoliti è stata l'acquisizione, la gestione e il controllo (mafiosi) di attività economiche e di imprese criminali di guisa che i legami e le alleanze delinquenziali si sono evoluti rapidamente in funzione del mutare degli obiettivi specifici e delle situazioni contingenti in cui il gruppo si trovava ad operare».
«In questo senso - è scritto ancora nel documento dell'Antimafia - anche la prassi delle fidelizzazioni ed il rispetto delle regole che ne discendono sono sembrate funzionali, non a cristallizzare la composizione e la gerarchia del clan, ma a creare relazioni verticali di fedeltà personale onde rendere più agevole al padrino il controllo dell'ambito sociale e territoriale di appartenenza e le azioni di sopraffazione ivi esercitate».
Il provvedimento, inoltre, ha evidenziato gli interessi condivisi con vari "gruppi satellite", i quali, «pur operando in apparente autonomia, restavano subordinati alle rigide regole dell'organizzazione di riferimento e dunque alle decisioni del capoclan. L'operazione "Pandora" vede, invece, coinvolto, oltre al clan Capriati, quello dei Mercante-Diomede, federato con altre consorterie (clan Parisi e Di Cosola) ed anche questo in crescita nel panorama criminale pugliese».
Ma a Terlizzi, città dove è stata stroncata l'espansione dei Capriati, restano attivi i Dello Russo-Ficco, il cartello criminale storicamente contrapposto a quello dei Baldassarre: «Il 17 febbraio 2018, a Terlizzi - è scritto a pagina 203 - i Carabinieri hanno proceduto all'arresto, in flagranza di reato, di un soggetto vicino al clan Dello Russo-Ficco, per traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, aggravato dall'ingente quantità».
«Infatti, l'arrestato - è scritto ancora nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia - era stato trovato in possesso di 26 chilogrammi di cocaina e 12 chilogrammi di hashish e ritenuto il custode della droga per conto del suddetto sodalizio».
Una relazione, quella dell'Antimafia, che fotografa lo scenario criminale nel capoluogo e nella provincia barese. A Terlizzi, ad esempio, dove «l'espansione del clan Capriati - si legge a pagina 196 -, già operante nel Borgo Antico di Bari e nelle aree limitrofe, che aveva acquisito il controllo della piazza di spaccio su Bari Vecchia, precedentemente in capo agli Strisciuglio, è stata stroncata dagli esiti delle operazioni "Porto" e "Pandora"».
«Le indagini hanno fatto luce sull'escalation criminale del sodalizio, riorganizzato da due fratelli (nipoti del capoclan detenuto) in un'articolata struttura criminale, con collegamenti nei comuni di Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta. Il gruppo - prosegue - si era rafforzato grazie al transito nelle proprie fila di sodali già appartenenti ad altre compagini, dando segnali di radicamento sul territorio sempre maggiore e anche nel settore pubblico».
In particolare, l'inchiesta "Porto" ha svelato la penetrante «ingerenza della consorteria nella gestione dei servizi di viabilità del porto di Bari attraverso società compartecipate o completamente assoggettate agli interessi del clan anche attraverso l'assunzione forzata di gran parte dei dipendenti, familiari e/o persone vicine al clan», è scritto nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia.
«Si può dire dunque - si legge a pagina 196 - che ciò che davvero ha contato per... il capoclan... e per i suoi accoliti è stata l'acquisizione, la gestione e il controllo (mafiosi) di attività economiche e di imprese criminali di guisa che i legami e le alleanze delinquenziali si sono evoluti rapidamente in funzione del mutare degli obiettivi specifici e delle situazioni contingenti in cui il gruppo si trovava ad operare».
«In questo senso - è scritto ancora nel documento dell'Antimafia - anche la prassi delle fidelizzazioni ed il rispetto delle regole che ne discendono sono sembrate funzionali, non a cristallizzare la composizione e la gerarchia del clan, ma a creare relazioni verticali di fedeltà personale onde rendere più agevole al padrino il controllo dell'ambito sociale e territoriale di appartenenza e le azioni di sopraffazione ivi esercitate».
Il provvedimento, inoltre, ha evidenziato gli interessi condivisi con vari "gruppi satellite", i quali, «pur operando in apparente autonomia, restavano subordinati alle rigide regole dell'organizzazione di riferimento e dunque alle decisioni del capoclan. L'operazione "Pandora" vede, invece, coinvolto, oltre al clan Capriati, quello dei Mercante-Diomede, federato con altre consorterie (clan Parisi e Di Cosola) ed anche questo in crescita nel panorama criminale pugliese».
Ma a Terlizzi, città dove è stata stroncata l'espansione dei Capriati, restano attivi i Dello Russo-Ficco, il cartello criminale storicamente contrapposto a quello dei Baldassarre: «Il 17 febbraio 2018, a Terlizzi - è scritto a pagina 203 - i Carabinieri hanno proceduto all'arresto, in flagranza di reato, di un soggetto vicino al clan Dello Russo-Ficco, per traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, aggravato dall'ingente quantità».
«Infatti, l'arrestato - è scritto ancora nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia - era stato trovato in possesso di 26 chilogrammi di cocaina e 12 chilogrammi di hashish e ritenuto il custode della droga per conto del suddetto sodalizio».