Attualità
«Palestina libera»: lo slogan dei Radiodervish al Sovereto Festival - FOTO
Grande successo di pubblico nel borgo medievale
Terlizzi - lunedì 12 agosto 2024
12.47
Si è conclusa in maniera superlativa la XII edizione del "Sovereto Festival" con il gran finale offerto dall'esibizione magistrale degli attesissimi "Radiodervish" che si è tenuta domenica 11 agosto. L'invito di Giovannangelo De Gennaro, direttore artistico della kermesse, rivolto a una nutrita e coinvolta platea è stato proprio quello di «approfittare di questa isola di Sovereto di riflessione e ascolto in tanta confusione».
Con il concerto della band barese sono stati veicolati messaggi di pace in contrasto con tutte le guerre attualmente combattute nel globo. In particolare, l'attenzione si è focalizzata sull'annoso conflitto israelo-palestinese. «In passato, si parlava del Mediterraneo in termini di speranza. Oggi, invece, il "Mare nostrum" viene citato per i genocidi in atto e la strage degli innocenti», è la riflessione dell'affascinante frontman di origini palestinesi Nabil Salameh, cantautore e chitarrista del gruppo, oltre che scrittore, giornalista e docente di Etnomusicologia e Storia della musica araba. «Un giorno la Palestina sarà libera nonostante l'odio e nonostante l'Occidente non sia in grado di sentire il senso di umanità».
Dai testi dei brani emerge un operato certosino. Le parole di ciascun verso sono state scelte con cura per poter arrivare dritte al cuore e alla mente degli ascoltatori. «Il nostro è un lavoro di cantastorie», precisa Michele Lobaccaro, chitarrista e bassista del quartetto pugliese, «Raccontiamo le storie del Mediterraneo e non solo che in qualche modo ci hanno colpito e hanno assunto un significato per noi».
Ad esempio, con "Velo di sposa" i Radiodervish ricordano Pippa Bacca, la performer milanese uccisa in Turchia sedici anni fa, il cui assassinio fu divulgato nei vari telegiornali. Da Milano Pippa partì insieme all'amica Silvia Moro per arrivare a Gerusalemme in autostop: entrambe erano vestite da spose, per celebrare un matrimonio simbolico con i popoli colpiti dalle guerre. La città santa, infatti, doveva essere l'ultima tappa di un percorso attraverso undici luoghi di conflitto, passato, latente o in corso.
La sublime performance sul palco soveretano ha attraversato molti successi del repertorio di world music degli artisti, tracciando un filo conduttore dagli esordi, con "Gaza", per poi snodarsi man mano nei prodotti pubblicati negli anni. "L'immagine di te", "Erevan", "Centro del mundo", "In fondo ai tuoi occhi", "Rosa di Turi", "Due soli" sono soltanto alcuni dei titoli che hanno acceso la passione dei fan, i quali hanno esaurito i posti a sedere del borgo medievale, occupando anche quelli residui in piedi.
A tarda sera, in circa un'ora e mezza di melodie che inducono alla meditazione e al pensiero critico, si è mantenuta alta l'attenzione del pubblico che è rimasto catturato dall'eleganza, dalla raffinatezza e dalla preparazione dei musicisti. La presentazione dell'ultimo progetto discografico "Cuore Meridiano" esplora alcuni autori di riferimento che si sono rivelati di ispirazione e di nutrimento artistico per la sensibilità dei Radiodervish. Si sono, cioè, reinterpretati con accortezza parole e ritmi tramandatici sinora, in ossequio all'estro dei predecessori.
Una rilettura, dunque, che va a corroborare l'impatto positivo che ebbero nel loro periodo storico le canzoni dell'epoca. «Giocare col mondo facendolo a pezzi» è una locuzione più che mai aderente all'oggi, tratta dalla canzone "Luglio, agosto, settembre nero" degli Area, band degli anni Settanta, che sin da allora narrava del massacro palestinese nei campi profughi di Amman. «Riproporre il brano nel 2024 la dice lunga sul ruolo assunto dall'Occidente» è l'altra stoccata dei Radiodervish che contribuiscono ad alimentare in un circuito virtuoso una cultura politica non massificata.
Proponendo "Le temps de vivre" di Georges Moustaki si è, invece, virato verso tematiche più leggere, sebbene siano imprescindibili per condurre un'esistenza serena per il proprio benessere psico-fisico. Un'analisi oculata, infatti, permette di cogliere «l'importanza di godere di ogni momento della vita». Non è, poi, mancata la delicatezza di ripercorrere "Le stagioni dell'amore" di Franco Battiato di cui i Radiodervish hanno avuto «il privilegio di conoscere l'aura, quale grande essere che ha inventato una nuova letteratura musicale, lasciando un incommensurabile patrimonio ai posteri».
Infine, all'insegna di un evento in cui la musica rappresenta una forma di resistenza, la chiusura del festival ha visto un ensemble "rinforzato" in cui i Radiodervish sono stati affiancati da altri artisti di fama palestinese, onorati finanche di condividere la scena con lo stesso Giovannangelo De Gennaro.
Con il concerto della band barese sono stati veicolati messaggi di pace in contrasto con tutte le guerre attualmente combattute nel globo. In particolare, l'attenzione si è focalizzata sull'annoso conflitto israelo-palestinese. «In passato, si parlava del Mediterraneo in termini di speranza. Oggi, invece, il "Mare nostrum" viene citato per i genocidi in atto e la strage degli innocenti», è la riflessione dell'affascinante frontman di origini palestinesi Nabil Salameh, cantautore e chitarrista del gruppo, oltre che scrittore, giornalista e docente di Etnomusicologia e Storia della musica araba. «Un giorno la Palestina sarà libera nonostante l'odio e nonostante l'Occidente non sia in grado di sentire il senso di umanità».
Dai testi dei brani emerge un operato certosino. Le parole di ciascun verso sono state scelte con cura per poter arrivare dritte al cuore e alla mente degli ascoltatori. «Il nostro è un lavoro di cantastorie», precisa Michele Lobaccaro, chitarrista e bassista del quartetto pugliese, «Raccontiamo le storie del Mediterraneo e non solo che in qualche modo ci hanno colpito e hanno assunto un significato per noi».
Ad esempio, con "Velo di sposa" i Radiodervish ricordano Pippa Bacca, la performer milanese uccisa in Turchia sedici anni fa, il cui assassinio fu divulgato nei vari telegiornali. Da Milano Pippa partì insieme all'amica Silvia Moro per arrivare a Gerusalemme in autostop: entrambe erano vestite da spose, per celebrare un matrimonio simbolico con i popoli colpiti dalle guerre. La città santa, infatti, doveva essere l'ultima tappa di un percorso attraverso undici luoghi di conflitto, passato, latente o in corso.
La sublime performance sul palco soveretano ha attraversato molti successi del repertorio di world music degli artisti, tracciando un filo conduttore dagli esordi, con "Gaza", per poi snodarsi man mano nei prodotti pubblicati negli anni. "L'immagine di te", "Erevan", "Centro del mundo", "In fondo ai tuoi occhi", "Rosa di Turi", "Due soli" sono soltanto alcuni dei titoli che hanno acceso la passione dei fan, i quali hanno esaurito i posti a sedere del borgo medievale, occupando anche quelli residui in piedi.
A tarda sera, in circa un'ora e mezza di melodie che inducono alla meditazione e al pensiero critico, si è mantenuta alta l'attenzione del pubblico che è rimasto catturato dall'eleganza, dalla raffinatezza e dalla preparazione dei musicisti. La presentazione dell'ultimo progetto discografico "Cuore Meridiano" esplora alcuni autori di riferimento che si sono rivelati di ispirazione e di nutrimento artistico per la sensibilità dei Radiodervish. Si sono, cioè, reinterpretati con accortezza parole e ritmi tramandatici sinora, in ossequio all'estro dei predecessori.
Una rilettura, dunque, che va a corroborare l'impatto positivo che ebbero nel loro periodo storico le canzoni dell'epoca. «Giocare col mondo facendolo a pezzi» è una locuzione più che mai aderente all'oggi, tratta dalla canzone "Luglio, agosto, settembre nero" degli Area, band degli anni Settanta, che sin da allora narrava del massacro palestinese nei campi profughi di Amman. «Riproporre il brano nel 2024 la dice lunga sul ruolo assunto dall'Occidente» è l'altra stoccata dei Radiodervish che contribuiscono ad alimentare in un circuito virtuoso una cultura politica non massificata.
Proponendo "Le temps de vivre" di Georges Moustaki si è, invece, virato verso tematiche più leggere, sebbene siano imprescindibili per condurre un'esistenza serena per il proprio benessere psico-fisico. Un'analisi oculata, infatti, permette di cogliere «l'importanza di godere di ogni momento della vita». Non è, poi, mancata la delicatezza di ripercorrere "Le stagioni dell'amore" di Franco Battiato di cui i Radiodervish hanno avuto «il privilegio di conoscere l'aura, quale grande essere che ha inventato una nuova letteratura musicale, lasciando un incommensurabile patrimonio ai posteri».
Infine, all'insegna di un evento in cui la musica rappresenta una forma di resistenza, la chiusura del festival ha visto un ensemble "rinforzato" in cui i Radiodervish sono stati affiancati da altri artisti di fama palestinese, onorati finanche di condividere la scena con lo stesso Giovannangelo De Gennaro.