Vita di città
Terlizzi «mondo di creta»: al via un percorso per l'iscrizione all'Associazione italiana Città della ceramica
Occorre ricercare i vari prodotti di ceramica terlizzese e fare un censimento
Terlizzi - sabato 7 agosto 2021
13.04
Il cartello di benvenuto all'ingresso del paese indica Terlizzi come «città dei fiori, dell'olio e della ceramica». E in relazione a quest'ultimo proposito, un obiettivo ambizioso si sta radicando nell'amministrazione comunale e negli operatori della ceramica, che siano ceramisti, ceramologi, collezionisti o appassionati della materia: avviare un percorso di valorizzazione della produzione ceramicola terlizzese tale da consentire l'iscrizione di Terlizzi all'"Associazione italiana Città della ceramica" la quale ha sede a Faenza.
Lungi, dunque, dal considerare la lavorazione dell'argilla «un'arte minore». Essa, al contrario, trova le sue origini nell'antica civiltà greca: noti a tutti sono, ad esempio, i vasi neri e rossi preziosamente custoditi nei musei, come lo Jatta di Ruvo di Puglia. Nel corso dei secoli, dunque, i prodotti di terracotta hanno rappresentato un continuum nel focolare domestico o nell'impiego ornamentale: dagli utensili alle statue, l'utilizzo della ceramica è stato il più vario.
«La ceramica è già un simbolo identitario della comunità terlizzese», afferma Carmine D'Aniello, presidente del Comitato Feste Patronali Maria SS. di Sovereto nonché ceramista di professione, «I reperti datati così come le nuove manifatture sono l'esternazione di una cultura artigiana cui va attribuito un certo rilievo».
Dai tratti formativi e informativi, il convegno di ieri sera, 6 agosto, svolto all'interno del Chiostro delle Clarisse e dal nome "Ceramiche di Puglia. La produzione terlizzese nell''800", è stato funzionale a lanciare pubblicamente un appello a tutti i cittadini nel ricercare materialmente le risultanze del patrimonio artistico ceramicolo terlizzese sparse sul territorio così da operare una sorta di censimento e catalogazione dei vari pezzi.
La costituzione di un apposito comitato scientifico potrebbe, difatti, aiutare nella divulgazione delle conoscenze acquisite e sostenere in una fase consolidata esposizioni ed eventi.
In questo senso, qualcosa già comincia a muoversi: un contributo è stato apportato in questi mesi da Tiziana Veneto della Pro Loco Unpli di Terlizzi che col progetto "Tradizioni Creattive", vincitore di bando regionale che sarà ufficializzato a ottobre, concentra l'attenzione su tradizioni che vengono recuperate anche con nuovi linguaggi. Nella specie, simboli terlizzesi come i fiori e il fiorone Mingo Tauro trovano la loro consacrazione nella realizzazione in ceramica.
L'artigianato ceramicolo terlizzese deve la sua fortuna anche e soprattutto al paesaggio geologico che, in un delicato equilibrio tra due elementi naturali, ossia la roccia e l'acqua, dà la stura all'espressione «crete terlizzesi».
Bene lo ha spiegato Vincenzo Iurilli, geologo dell'Università di Bari, che ha sottolineato come il nostro paese, apparentemente siccitoso, sia in realtà ricco di acqua: si pensi a largo Lago Dentro, un tempo devoluto alla raccolta delle acque al di sotto del piano stradale, o a contrada La Padula o, ancora, alle varie cisterne che fungevano in passato pure da abbeveratoi. Per non parlare poi della scoperta dell'icona bizantina della Madonna Nera all'interno di una cavità carsica: la roccia calcarea è diffusa in tutta la regione.
Le terre argillose con composizione variegata e le diverse miscelazioni delle sostanze consentono di farne le applicazioni più disparate nell'arte della ceramica così da intensificare il legame tra la natura in sé e i beni materiali che ne derivano. Un vero e proprio «mondo di creta» , in definitiva.
Dai coppi che ricoprono i tetti, alle bubbole per costruire volte leggere, ai pavimenti, alle stoviglie, alle peculiari formine per la cotognata, ai vasi da notte prosaici, ai fermaporta, alle statue domestiche come cani, bertucce, personaggi napoletani o a quelle più ricercate oppure alle decorazioni di palazzi, facciate e giardini: la ceramica è stata sempre impiegata in tutti i settori del quotidiano e ovviamente i costi di ciascun manufatto variava a seconda della sua destinazione.
Le decorazioni, in particolare quelle impresse sui vasi, hanno assurto in un certo qual modo anche alla pretesa di raccontare e di insegnare alcuni accadimenti importanti o episodi di vita quotidiana. Tuttavia, la scarsa alfabetizzazione di due secoli fa lasciava tracce storiche inesatte sulle creazioni, le quali oggi fanno sorridere rimanendo comunque agli atti: il nome di Dante Alighieri veniva scritto come "Dande", il nome del dio dei mari Nettuno come "Notuno" o il famo Ratto delle Sabine è stato riproposto come "Ratto dei Sabbini".
Accuratamente compiuto è stato l'excursus fotografico di Giacinto La Notte, Massimo Ingravalle e Piero Consiglio che, in un'analisi attenta del materiale raccolto, sono riusciti a risalire all'identità di taluni artigiani, di cui solitamente non si conosceva nulla, attraverso l'incisione sulle statue: Onofrio e Paolo Saltarelli nel 1873 e 1874, Nicolò De Palma nel 1878.
«Rivendicare la propria storia ed esportare» sono quindi le parole chiave a conclusione dell'incontro per garantire un futuro più prospero alla ceramica locale in termini di marchio culturale e ritorni economici e d'immagine per l'intera cittadina.
Lungi, dunque, dal considerare la lavorazione dell'argilla «un'arte minore». Essa, al contrario, trova le sue origini nell'antica civiltà greca: noti a tutti sono, ad esempio, i vasi neri e rossi preziosamente custoditi nei musei, come lo Jatta di Ruvo di Puglia. Nel corso dei secoli, dunque, i prodotti di terracotta hanno rappresentato un continuum nel focolare domestico o nell'impiego ornamentale: dagli utensili alle statue, l'utilizzo della ceramica è stato il più vario.
«La ceramica è già un simbolo identitario della comunità terlizzese», afferma Carmine D'Aniello, presidente del Comitato Feste Patronali Maria SS. di Sovereto nonché ceramista di professione, «I reperti datati così come le nuove manifatture sono l'esternazione di una cultura artigiana cui va attribuito un certo rilievo».
Dai tratti formativi e informativi, il convegno di ieri sera, 6 agosto, svolto all'interno del Chiostro delle Clarisse e dal nome "Ceramiche di Puglia. La produzione terlizzese nell''800", è stato funzionale a lanciare pubblicamente un appello a tutti i cittadini nel ricercare materialmente le risultanze del patrimonio artistico ceramicolo terlizzese sparse sul territorio così da operare una sorta di censimento e catalogazione dei vari pezzi.
La costituzione di un apposito comitato scientifico potrebbe, difatti, aiutare nella divulgazione delle conoscenze acquisite e sostenere in una fase consolidata esposizioni ed eventi.
In questo senso, qualcosa già comincia a muoversi: un contributo è stato apportato in questi mesi da Tiziana Veneto della Pro Loco Unpli di Terlizzi che col progetto "Tradizioni Creattive", vincitore di bando regionale che sarà ufficializzato a ottobre, concentra l'attenzione su tradizioni che vengono recuperate anche con nuovi linguaggi. Nella specie, simboli terlizzesi come i fiori e il fiorone Mingo Tauro trovano la loro consacrazione nella realizzazione in ceramica.
L'artigianato ceramicolo terlizzese deve la sua fortuna anche e soprattutto al paesaggio geologico che, in un delicato equilibrio tra due elementi naturali, ossia la roccia e l'acqua, dà la stura all'espressione «crete terlizzesi».
Bene lo ha spiegato Vincenzo Iurilli, geologo dell'Università di Bari, che ha sottolineato come il nostro paese, apparentemente siccitoso, sia in realtà ricco di acqua: si pensi a largo Lago Dentro, un tempo devoluto alla raccolta delle acque al di sotto del piano stradale, o a contrada La Padula o, ancora, alle varie cisterne che fungevano in passato pure da abbeveratoi. Per non parlare poi della scoperta dell'icona bizantina della Madonna Nera all'interno di una cavità carsica: la roccia calcarea è diffusa in tutta la regione.
Le terre argillose con composizione variegata e le diverse miscelazioni delle sostanze consentono di farne le applicazioni più disparate nell'arte della ceramica così da intensificare il legame tra la natura in sé e i beni materiali che ne derivano. Un vero e proprio «mondo di creta» , in definitiva.
Dai coppi che ricoprono i tetti, alle bubbole per costruire volte leggere, ai pavimenti, alle stoviglie, alle peculiari formine per la cotognata, ai vasi da notte prosaici, ai fermaporta, alle statue domestiche come cani, bertucce, personaggi napoletani o a quelle più ricercate oppure alle decorazioni di palazzi, facciate e giardini: la ceramica è stata sempre impiegata in tutti i settori del quotidiano e ovviamente i costi di ciascun manufatto variava a seconda della sua destinazione.
Le decorazioni, in particolare quelle impresse sui vasi, hanno assurto in un certo qual modo anche alla pretesa di raccontare e di insegnare alcuni accadimenti importanti o episodi di vita quotidiana. Tuttavia, la scarsa alfabetizzazione di due secoli fa lasciava tracce storiche inesatte sulle creazioni, le quali oggi fanno sorridere rimanendo comunque agli atti: il nome di Dante Alighieri veniva scritto come "Dande", il nome del dio dei mari Nettuno come "Notuno" o il famo Ratto delle Sabine è stato riproposto come "Ratto dei Sabbini".
Accuratamente compiuto è stato l'excursus fotografico di Giacinto La Notte, Massimo Ingravalle e Piero Consiglio che, in un'analisi attenta del materiale raccolto, sono riusciti a risalire all'identità di taluni artigiani, di cui solitamente non si conosceva nulla, attraverso l'incisione sulle statue: Onofrio e Paolo Saltarelli nel 1873 e 1874, Nicolò De Palma nel 1878.
«Rivendicare la propria storia ed esportare» sono quindi le parole chiave a conclusione dell'incontro per garantire un futuro più prospero alla ceramica locale in termini di marchio culturale e ritorni economici e d'immagine per l'intera cittadina.