Ismailaj Agron
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Vita di città

Un anno fa la morte a Terlizzi di Ismailaj Agron. La famiglia scrive una lettera aperta

L'incidente sul lavoro dell'operaio albanese di 56 anni ha tolto luce ai suoi cari

Quanto pesa quella morte sul cuore di chi gli ha voluto bene, di chi non potrà mai accettare una scomparsa così prematura. Un anno fa moriva in un'azienda florovivaistica di Terlizzi l'operaio albanese Ismailaj Agron, di soli 56 anni. Un lavoratore, un uomo mite, perfettamente parte di una comunità locale che lo aveva accolto e nella quale aveva voluto dare un futuro a moglie e figli. Storia di tenacia, di senso del dovere e di amore enorme per i propri cari.
Viveva a Terlizzi da ben 22 anni (era arrivato dal Paese delle Aquile negli anni '90 con la speranza di poter trovare un lavoro, ndr) ed aveva sempre lavorato nel settore floricolo, segnalandosi come cittadino modello per i tanti che avevano avuto il piacere di conoscerlo. «Lascia moglie e due figli», scrivemmo in un articolo di cronaca completo, ma al contempo, come si confà alla nostra professione, laconico. In realtà ha lasciato molto di più, ha lasciato vite disperate che senza di lui non ce la fanno a stare. Il dolore è grande ancora oggi e le ferite non rimargineranno. Sua figlia Rozana ha scritto una lettera aperta (affidata al movimento civico La Corrente) nell'anniversario della sua tragica scomparsa, una lettera carica di sentimenti, ma dalla quale traspare la frustrazione per una fine prematura che meriterebbe verità complete. Con lei piangono ancora il fratello Albano e la moglie di Ismailaj, Manushaqe.
Di seguito la lettera completa (G.B.).



«Vorrei iniziare raccontando un po' quella che era l'infanzia di mio padre. Molto difficile ma anche ricca di bei momenti . Un'infanzia difficile perché ha vissuto in un periodo dove regnava la dittatura e la sua famiglia era perseguitata. Avevano delle regole da rispettare e dovevano dar conto di ogni spostamento. I momenti belli, oltre al riunirsi nelle feste con i parenti, erano quelli legati alla scuola, perché la cosa che lo faceva sentire davvero felice era la scuola. Era colui che spiccava in tutte le materie, un alunno modello, il primo di tutta la scuola. E se non fosse stato per il regime dittatoriale avrebbe fatto il professore di università (e se lo meritava tutto). Lui andava fiero del suo periodo scolastico, ce lo raccontava sempre. Ma ascoltandolo dire questo, ogni volta mi si stringeva il cuore perché la vita non è stata giusta con lui. Non ho mai accettato che facesse lavori pesanti, soprattutto fisicamente, in quanto me lo immaginavo da tutt'altra parte, in un luogo dove potesse avere finalmente delle soddisfazioni (il sogno di una figlia che non vuole vedere i genitori sacrificarsi per tutta la vita). Ha fatto tantissimi lavori e non si è mai lamentato, lo ha fatto sempre con orgoglio e umiltà. La sua umiltà ci ha sempre colpito. Ci diceva che nel mondo del lavoro dovevamo comportarci in modo corretto e che, qualsiasi esso fosse, bisognava ringraziare il Signore sempre. Questo per far capire quanto una persona così intelligente arrivi ad accettare la sua storia di vita senza opporsi ad essa. È stato un uomo che non si è mai fermato a prendersi del tempo per sé ma ha dedicato la vita alla sua famiglia. Ha speso tutta la vita sacrificandosi per noi e per le amicizie, perché ammirava la semplicità anche nei suoi amici. Il valore più importante che lo caratterizzava era quello del rispetto della propria famiglia e dell'ambire a essere persone corrette, oneste, lavoratrici. Questo ci ha insegnato e trasmesso come genitore. È stato veramente un esempio di uomo onesto e umile. Ha rischiato la vita in mare insieme a mamma per darci un futuro migliore di quello che vivevamo in Albania, quando ha potuto è emigrato in Italia e Grecia (dove ha vissuto delle situazioni di inferno). Ha assorbito e sopportato tutto ciò per la sua famiglia. Non basteranno queste parole a rendergli onore perché chi lo ha conosciuto sa il valore che aveva nostro padre. Un uomo intelligente, rispettoso e soprattutto "di parola". La sua mancanza non verrà mai colmata, è troppo grande. Come famiglia stiamo soffrendo molto la sua mancanza ed è difficile rassegnarsi. Una sofferenza che ci porteremo dentro di noi a vita.
Si merita giustizia (e credo che la vorrebbe anche lui) perché gli è stata tolta la possibilità di godersi un po' di serenità che stava vivendo ultimamente, soprattutto con la nascita della sua nipotina che ha lasciato quando aveva soli 3 mesi. Questa serenità la si notava nei suoi occhi».
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