
Attualità
Una vera e propria "lectio magistralis" l'incontro col sociologo Domenico De Masi
Grande affluenza in Pinacoteca "De Napoli" per l'apertura del "Festival per la legalità"
Terlizzi - mercoledì 19 ottobre 2022
13.51
È stata un'occasione di «ozio creativo» il primo incontro dell'XI edizione del "Festival per la Legalità" svoltosi martedì scorso, 18 ottobre, all'interno della cornice della Pinacoteca De Napoli. Il sociologo e docente universitario Domenico De Masi, infatti, impiega tale espressione per indicare la capacità di coniugare il lavoro con lo studio e il gioco: «un po' si lavora, un po' si studia, un po' ci si diverte».
L'idea alla base del pensiero di De Masi è quella per cui dedicarsi alla cultura è uno dei rimedi salvifici per rendere le proprie giornate dense di contenuto, nelle ore in cui non si è impegnati con le mansioni lavorative. Un inno alla «multiattività» che, oltre a incrementare le attitudini personali di ciascuno, necessita di indirizzarsi al prossimo: l'altro, dunque, quale beneficiario delle azioni e dei sacrifici in virtù dell'insegnamento che la condivisione è fonte di ricchezza interiore.
Una vera e propria «lectio magistralis» che ha catalizzato l'attenzione dell'uditorio dall'inizio alla fine per quasi due ore di analisi critica sulle trasformazioni della società, focalizzandosi in particolar modo su quella industriale e post-industriale. Nel suo saggio "La felicità negata" (edizioni Einaudi), De Masi affronta l'infelicità attraverso i fattori causali che l'hanno scatenata a partire soprattutto dalle innovazioni del sistema taylorista e fordista nelle fabbriche.
«Non so personalmente come definire la felicità. La sua accezione è cambiata nei secoli a seconda dei periodi storici: ad esempio, al tempo dei latini essa consisteva nel "carpe diem"; col cristianesimo, invece, la felicità è ravvisabile solamente nell'eternità; durante il Rinascimento si recupera il senso del terreno», ha spiegato il professore nel corso di una piacevolissima dissertazione con uno stile limpido, preciso e lineare, «nel libro mi concentro sull'infelicità che in parte deriva da moti interni all'animo umano e in parte discende dalle mancanze sul piano esterno».
Il fulcro della questione, dunque, risiede nello scandagliare l'organizzazione della società e i meccanismi che scalfiscono la possibilità di essere felici. Dall'indole carismatica e dalla chiarezza espositiva nell'argomentazione, De Masi ha evidenziato che la realtà occidentale in cui viviamo, per quanto sia «uno dei migliori mondi finora esistiti», è stata fortemente plasmata nel secolo scorso dalla "Scuola di Vienna", ossia da una corrente di pensiero costruita dall'alta borghesia che annovera prevalentemente accademici, banchieri ed esperti di finanza.
Col consolidamento del potere nelle mani dell'élite dominante votata al capitale e al continuo conseguimento di un maggiore profitto, si giunge all'esito per cui «Sappiamo produrre la ricchezza, ma non la vogliamo distribuire». L'egoismo eccentrico, pertanto, di accentrare l'opulenza e la scarsa propensione all'attribuzione di risorse ai ceti meno abbienti conducono a un dato incontrovertibile che si è manifestato anche in pandemia: «la ricchezza ha continuato a galoppare nelle mani dei già ricchi».
Viviamo in un tipo di società in cui «la velocità prevale sulla lentezza», tale da instillare un senso massiccio di disorientamento e smarrimento negli individui che sempre più spesso fanno i conti con un'ingombrante solitudine. Un «nuovo sottoproletariato» composto da alfabetizzati e laureati non riceve adeguata protezione dalle istituzioni.
Alla domanda del pubblico se esista un rapporto tra felicità e politica, De Masi, uomo di sinistra, ha affermato quasi controcorrente di essere «contento» della svolta delle ultime elezioni politiche. «C'è una destra solida che costringerà la sinistra a divenire finalmente solida attraverso un lungo processo di studio, pensiero e comprensione dei propri doveri». Il barlume di speranza del sociologo è che le forze di sinistra sappiano trarre la giusta energia dalla sconfitta, affinché possa modellare una nuova identità in grado di empatizzare al meglio con le esigenze della popolazione.
«Ritengo la felicità un fatto soggettivo e relativo che è da ritrovare nella condizione psicologica di ciascuno di noi», ha chiosato il Sindaco Michelangelo De Chirico, il quale ha assistito all'evento dell'associazione "È fatto giorno aps" insieme a una buona fetta dell'amministrazione comunale tra assessori e consiglieri, «Occorre un'elasticità del pensiero per godere dell'ozio creativo. Ho apprezzato moltissimo la relazione di De Masi che ha saputo ben contestualizzare la sociologia alla realtà moderna».
L'idea alla base del pensiero di De Masi è quella per cui dedicarsi alla cultura è uno dei rimedi salvifici per rendere le proprie giornate dense di contenuto, nelle ore in cui non si è impegnati con le mansioni lavorative. Un inno alla «multiattività» che, oltre a incrementare le attitudini personali di ciascuno, necessita di indirizzarsi al prossimo: l'altro, dunque, quale beneficiario delle azioni e dei sacrifici in virtù dell'insegnamento che la condivisione è fonte di ricchezza interiore.
Una vera e propria «lectio magistralis» che ha catalizzato l'attenzione dell'uditorio dall'inizio alla fine per quasi due ore di analisi critica sulle trasformazioni della società, focalizzandosi in particolar modo su quella industriale e post-industriale. Nel suo saggio "La felicità negata" (edizioni Einaudi), De Masi affronta l'infelicità attraverso i fattori causali che l'hanno scatenata a partire soprattutto dalle innovazioni del sistema taylorista e fordista nelle fabbriche.
«Non so personalmente come definire la felicità. La sua accezione è cambiata nei secoli a seconda dei periodi storici: ad esempio, al tempo dei latini essa consisteva nel "carpe diem"; col cristianesimo, invece, la felicità è ravvisabile solamente nell'eternità; durante il Rinascimento si recupera il senso del terreno», ha spiegato il professore nel corso di una piacevolissima dissertazione con uno stile limpido, preciso e lineare, «nel libro mi concentro sull'infelicità che in parte deriva da moti interni all'animo umano e in parte discende dalle mancanze sul piano esterno».
Il fulcro della questione, dunque, risiede nello scandagliare l'organizzazione della società e i meccanismi che scalfiscono la possibilità di essere felici. Dall'indole carismatica e dalla chiarezza espositiva nell'argomentazione, De Masi ha evidenziato che la realtà occidentale in cui viviamo, per quanto sia «uno dei migliori mondi finora esistiti», è stata fortemente plasmata nel secolo scorso dalla "Scuola di Vienna", ossia da una corrente di pensiero costruita dall'alta borghesia che annovera prevalentemente accademici, banchieri ed esperti di finanza.
Col consolidamento del potere nelle mani dell'élite dominante votata al capitale e al continuo conseguimento di un maggiore profitto, si giunge all'esito per cui «Sappiamo produrre la ricchezza, ma non la vogliamo distribuire». L'egoismo eccentrico, pertanto, di accentrare l'opulenza e la scarsa propensione all'attribuzione di risorse ai ceti meno abbienti conducono a un dato incontrovertibile che si è manifestato anche in pandemia: «la ricchezza ha continuato a galoppare nelle mani dei già ricchi».
Viviamo in un tipo di società in cui «la velocità prevale sulla lentezza», tale da instillare un senso massiccio di disorientamento e smarrimento negli individui che sempre più spesso fanno i conti con un'ingombrante solitudine. Un «nuovo sottoproletariato» composto da alfabetizzati e laureati non riceve adeguata protezione dalle istituzioni.
Alla domanda del pubblico se esista un rapporto tra felicità e politica, De Masi, uomo di sinistra, ha affermato quasi controcorrente di essere «contento» della svolta delle ultime elezioni politiche. «C'è una destra solida che costringerà la sinistra a divenire finalmente solida attraverso un lungo processo di studio, pensiero e comprensione dei propri doveri». Il barlume di speranza del sociologo è che le forze di sinistra sappiano trarre la giusta energia dalla sconfitta, affinché possa modellare una nuova identità in grado di empatizzare al meglio con le esigenze della popolazione.
«Ritengo la felicità un fatto soggettivo e relativo che è da ritrovare nella condizione psicologica di ciascuno di noi», ha chiosato il Sindaco Michelangelo De Chirico, il quale ha assistito all'evento dell'associazione "È fatto giorno aps" insieme a una buona fetta dell'amministrazione comunale tra assessori e consiglieri, «Occorre un'elasticità del pensiero per godere dell'ozio creativo. Ho apprezzato moltissimo la relazione di De Masi che ha saputo ben contestualizzare la sociologia alla realtà moderna».