Attualità
20 anni con Città Civile: la serata con De Magistris il fiore all'occhiello
Il movimento civico aspira a essere un «faro del futuro»
Terlizzi - martedì 28 maggio 2024
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È stato festeggiato con entusiasmo e calore il genetliaco di Città Civile dello scorso weekend, omaggiata dalle istituzioni terlizzesi e dal napoletano Luigi De Magistris. Vent'anni di un movimento civico che nasce come «antipolitica riflessiva», quale canale «trasgressivo rispetto all'ortodossia del tempo». Sorto ufficialmente nel 2004, in verità il gruppo politico vanta radici più profonde nel tessuto cittadino, confluite in «un approccio al governo della città prudente, distaccato e riflessivo».
Diciotto anni all'opposizione e due in maggioranza, Città Civile persevera con lo stesso senso di responsabilità e di bene comune, nonché con un'inclinazione all'onestà intellettuale. Volendo porsi quale «faro del futuro», tende a contraddistinguersi per «avere sempre la schiena dritta, avanzando con coraggio e sacrificio». Non mancano talune visioni antitetiche all'interno della squadra civica, ma le correnti di pensiero sono interpretate quale fonte di arricchimento, perseguendo obiettivi sufficientemente raggiungibili. Emergono, infatti, i ruoli collettivi in un'ottica di parità in cui difettano le gerarchie.
La Carta d'intenti del movimento è ancora oggi attuale, spronando a impegnarsi nella cittadinanza attiva, secondo un principio di trasparenza, nonostante Città Civile sia «piccola nelle dimensioni e povera nei mezzi»: è una realtà che si autofinanzia e che conta sulla disponibilità leale dei volontari per prodigarsi in iniziative comunitarie. «Facciamo politica non come un gioco, ma come se stessimo affrontando una rivoluzione. Anche in una città modesta come la nostra, bisogna agire come se si stesse cambiando il mondo», sono le parole di Pasquale Vitagliano, anima di Città Civile, «Continuo a far politica soltanto perché esiste Città Civile. In vent'anni sono stato continuamente attaccato e ho imparato a incassare. Adesso esercito il giusto distacco».
Il movimento, nel tempo, «ha tentato di scrivere una pagina di storia», trasformando il concetto di politica da palude contagiosa ad agorà aperta e partecipata. Si fa strada, dunque, la «necessità di diventare eretici», sviluppando la capacità di mettersi in discussione. È necessario nutrire fiducia nella Repubblica e nei suoi organi, non assumendo, però, un atteggiamento di sudditanza e rassegnazione, bensì custodendo una posizione di autonomia che protenda al dialogo e all'ascolto.
È quanto si rinviene anche nella filosofia di vita di Luigi De Magistris che ha solleticato gli stimoli della platea, trasmettendo il messaggio secondo cui «tutto è possibile». Educare alla legalità significa aver cura degli spazi comuni: così come non si sporca la propria casa privata, allo stesso modo l'attenzione deve riverberarsi nella città quale casa pubblica di ciascuno di noi. L'esperienza nella magistratura e nell'amministrazione di Napoli nella veste di primo cittadino caratterizzano De Magistris come una personalità di vigoroso spessore che, tuttavia, sa ben salvaguardare il lato umano e più umile nonostante il prestigio della sua carriera.
Affabile, cordiale, cortese e incline alla battuta umoristica, De Magistris ripensa a sé stesso quale «Sindaco di strada che ha avuto il privilegio di gestire la variegata umanità partenopea». Forte sostenitore dell'«istigazione alla cultura», crede fermamente nel compito degli adulti di scorgere i talenti dei bambini, affinché le energie si possano incanalare nei settori più consoni all'attitudine dei singoli, piuttosto che incorrere in pericolose demotivazioni che potrebbero sfociare nell'avvicinamento dei soggetti più fragili alla criminalità sin dall'infanzia.
«Il lavoro presenta inevitabilmente graffi e abbracci». Per De Magistris, un Sindaco non può rintanarsi nelle stanze dei bottoni, ma deve immergersi nei conflitti sociali, prestando l'orecchio alle contestazioni, rendendo il Comune un megafono delle problematiche ravvisabili, dimodoché queste si possano analizzare instillando un clima di armonia e arginando l'uso dei manganelli.
La dissertazione sull'insieme delle attività prettamente amministrative esperite dal già De Magistris Sindaco - dai rifiuti, all'acqua pubblica, alla scuola, al turismo e all'arte - è stata intermezzata da una serie di curiosi aneddoti che hanno suscitato la simpatia nei suoi confronti. «Un bravo amministratore non deve essere solo un amministratore, ma deve divenire un visionario. Una delle grandi emergenze nel nostro Paese è quella della questione morale che procede a ondate. Ho governato con onestà, autonomia, indipendenza, passione e follia». Sicché, il Sindaco deve assurgere a punto di riferimento: da un lato, deve collaborare con gli impiegati, le braccia operative dell'intera macchina burocratica; dall'altro, deve fidarsi delle capacità dei giovani, sui quali De Magistris ha puntato, nominando all'epoca assessori tra i venticinque e trent'anni.
De Magistris non appare quale accentratore di potere; al contrario, il suo auspicio è che chi gli è subentrato possa cogliere gli aspetti positivi dei suoi anni di mandato. Mutuando le parole del giudice Rosario Livatino, ammazzato dalla mafia nel 1990, per ognuno - e a maggior ragione per chi mallea la cosa pubblica - conta quanto sia credibile. «Se cambia il direttore d'orchestra, l'orchestra deve comunque continuare a suonare, perché ha gli strumenti in mano. Mi sta a cuore un proverbio africano: "Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia"».
Diciotto anni all'opposizione e due in maggioranza, Città Civile persevera con lo stesso senso di responsabilità e di bene comune, nonché con un'inclinazione all'onestà intellettuale. Volendo porsi quale «faro del futuro», tende a contraddistinguersi per «avere sempre la schiena dritta, avanzando con coraggio e sacrificio». Non mancano talune visioni antitetiche all'interno della squadra civica, ma le correnti di pensiero sono interpretate quale fonte di arricchimento, perseguendo obiettivi sufficientemente raggiungibili. Emergono, infatti, i ruoli collettivi in un'ottica di parità in cui difettano le gerarchie.
La Carta d'intenti del movimento è ancora oggi attuale, spronando a impegnarsi nella cittadinanza attiva, secondo un principio di trasparenza, nonostante Città Civile sia «piccola nelle dimensioni e povera nei mezzi»: è una realtà che si autofinanzia e che conta sulla disponibilità leale dei volontari per prodigarsi in iniziative comunitarie. «Facciamo politica non come un gioco, ma come se stessimo affrontando una rivoluzione. Anche in una città modesta come la nostra, bisogna agire come se si stesse cambiando il mondo», sono le parole di Pasquale Vitagliano, anima di Città Civile, «Continuo a far politica soltanto perché esiste Città Civile. In vent'anni sono stato continuamente attaccato e ho imparato a incassare. Adesso esercito il giusto distacco».
Il movimento, nel tempo, «ha tentato di scrivere una pagina di storia», trasformando il concetto di politica da palude contagiosa ad agorà aperta e partecipata. Si fa strada, dunque, la «necessità di diventare eretici», sviluppando la capacità di mettersi in discussione. È necessario nutrire fiducia nella Repubblica e nei suoi organi, non assumendo, però, un atteggiamento di sudditanza e rassegnazione, bensì custodendo una posizione di autonomia che protenda al dialogo e all'ascolto.
È quanto si rinviene anche nella filosofia di vita di Luigi De Magistris che ha solleticato gli stimoli della platea, trasmettendo il messaggio secondo cui «tutto è possibile». Educare alla legalità significa aver cura degli spazi comuni: così come non si sporca la propria casa privata, allo stesso modo l'attenzione deve riverberarsi nella città quale casa pubblica di ciascuno di noi. L'esperienza nella magistratura e nell'amministrazione di Napoli nella veste di primo cittadino caratterizzano De Magistris come una personalità di vigoroso spessore che, tuttavia, sa ben salvaguardare il lato umano e più umile nonostante il prestigio della sua carriera.
Affabile, cordiale, cortese e incline alla battuta umoristica, De Magistris ripensa a sé stesso quale «Sindaco di strada che ha avuto il privilegio di gestire la variegata umanità partenopea». Forte sostenitore dell'«istigazione alla cultura», crede fermamente nel compito degli adulti di scorgere i talenti dei bambini, affinché le energie si possano incanalare nei settori più consoni all'attitudine dei singoli, piuttosto che incorrere in pericolose demotivazioni che potrebbero sfociare nell'avvicinamento dei soggetti più fragili alla criminalità sin dall'infanzia.
«Il lavoro presenta inevitabilmente graffi e abbracci». Per De Magistris, un Sindaco non può rintanarsi nelle stanze dei bottoni, ma deve immergersi nei conflitti sociali, prestando l'orecchio alle contestazioni, rendendo il Comune un megafono delle problematiche ravvisabili, dimodoché queste si possano analizzare instillando un clima di armonia e arginando l'uso dei manganelli.
La dissertazione sull'insieme delle attività prettamente amministrative esperite dal già De Magistris Sindaco - dai rifiuti, all'acqua pubblica, alla scuola, al turismo e all'arte - è stata intermezzata da una serie di curiosi aneddoti che hanno suscitato la simpatia nei suoi confronti. «Un bravo amministratore non deve essere solo un amministratore, ma deve divenire un visionario. Una delle grandi emergenze nel nostro Paese è quella della questione morale che procede a ondate. Ho governato con onestà, autonomia, indipendenza, passione e follia». Sicché, il Sindaco deve assurgere a punto di riferimento: da un lato, deve collaborare con gli impiegati, le braccia operative dell'intera macchina burocratica; dall'altro, deve fidarsi delle capacità dei giovani, sui quali De Magistris ha puntato, nominando all'epoca assessori tra i venticinque e trent'anni.
De Magistris non appare quale accentratore di potere; al contrario, il suo auspicio è che chi gli è subentrato possa cogliere gli aspetti positivi dei suoi anni di mandato. Mutuando le parole del giudice Rosario Livatino, ammazzato dalla mafia nel 1990, per ognuno - e a maggior ragione per chi mallea la cosa pubblica - conta quanto sia credibile. «Se cambia il direttore d'orchestra, l'orchestra deve comunque continuare a suonare, perché ha gli strumenti in mano. Mi sta a cuore un proverbio africano: "Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia"».